La funzione del parere espresso su una proposta di provvedimento da sottoporre alla Giunta o al Consiglio è, oltre a quella di individuare, nei funzionari che lo formulano, i responsabili in via amministrativa e contabile, eventualmente in solido con i componenti degli organi politici, delle decisioni assunte, di assolvere ad una funzione responsabilizzante del funzionario che li formula e pertanto, se resi da un organo diverso da quello previsto, non determinano un vizio del provvedimento ma la traslazione di eventuali conseguenze in termini amministrativi e contabili in capo all’organo che li ha espressi.
I pareri dei responsabili dei servizi delineano ex se l’organizzazione della struttura amministrativa e inquadrano il regime delle competenze (ex comma 1, art. 97 Cost. “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge”), raffigurando un modello incentrato sui responsabili degli uffici con le competenze definite dall’art. 107 del Tuel, con il segretario comunale a cui sono affidati i compiti di sovrintende allo svolgimento delle loro funzioni e il coordinamento della loro attività (ex comma 4, dell’art. 97 del Tuel).
I pareri, quindi, si inseriscono nell’attività discrezionale (consultiva) e precisamente in quella fase di giudizio ove vengono analizzati i fatti e gli interessi coinvolti nel procedimento, distinguendosi dalla fase della volontà in cui si concreta la scelta degli interessi, quest’ultima a cura degli organi elettivi.
L’insieme del perimetro normativo conduce a ritenere che nella prima fase, prodromica alla successiva fase costitutiva o decisoria, si inseriscono i pareri obbligatori di regolarità tecnica e qualora siano presenti riflessi diretti sulle finanze dell’ente (impegno di spesa o diminuzione di entrata) è indispensabile acquisire anche il parere del responsabile di ragioneria (ovvero, dall’area economico – finanziaria).
L’articolo 49 del Tuel (e prima ancora l’art. 53, della legge n. 142/1990), abolito il parere di legittimità del segretario comunale, dispone in chiaro l’intento di garantire l’azione amministrativa con la presenza di un accertamento tecnico sugli atti degli organi elettivi; un accertamento di regolarità del provvedimento alle discipline tecniche del settore di riferimento del provvedimento decisorio, senza alcuna interferenza sul momento volitivo, in quanto il responsabile del servizio si limita ad effettuare un giudizio intrapreso sulla base delle sole regole tecniche, ed effettuata l’istruttoria, non residuano spazi ulteriori di discrezionalità.
Questo modello istruttorio viene confermato dall’innesto, ad opera del d.l. n. 174/2012 (ex art. 3 “Rafforzamento dei controlli in materia di enti locali”), del nuovo art. 147 bis “Controllo di regolarità amministrativa e contabile”, quando dispone, al primo comma, che “il controllo di regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella fase preventiva della formazione dell’atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa. Il controllo contabile è effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria”.
Tale attività si esternalizza sotto il profilo della discrezionalità tecnica priva di valutazioni di interessi di merito, dato che si risolve in un’attività di giudizio, condotta attraverso la sola acquisizione e valutazione di dati della realtà.
In termini diversi, si esprimerebbe in una mera attività di acquisizione di scienza o di manifestazione di giudizio, da contrapporsi alla manifestazione di volontà che, invece, contraddistingue la discrezionalità amministrativa affidata agli organi di governo dell’Ente locale: nella discrezionalità amministrativa persiste un margine di scelta della soluzione da adottare, mentre in quella tecnica si tratta di una mera attività ricognitiva e vincolata, senza comunque ignorare che, nel campo dell’applicazione delle norme tecniche, occorre permanentemente distinguere – con stretta lettura – fra legittimità e merito, nonché fra regole tecniche indefettibili e giudizi tecnici opinabili.
La lettura combinata dall’art. 49 e 147 bis del Tuel rappresenta il completamento di un’attività istruttoria che non si limita a verificare l’attendibilità tecnica della soluzione proposta ma involge l’insieme del procedimento amministrativo, coprendo e inglobando le regole sia tecniche, di un determinato settore amministrativo, che quelle generali, dell’azione amministrativa tout court.
Il parere del responsabile di ragioneria, invece è volto a garantire il rispetto del principio di integrità del bilancio ed il suo effettivo equilibrio, ricomprendendovi anche la liceità della spesa, estesa ai profili di compatibilità della spesa con gli interessi dell’Ente locale e di congruità del mezzo prescelto in rapporto ai fini dichiarati, attestando la disponibilità concreta della provvista.
È utile rammentare che il parere obbligatorio, non vincolante, si inserisce fra gli atti preparatori del procedimento cui è finalizzato, impedendo al responsabile del servizio di sottrarsi da tale incombenza a meno che non sia direttamente interessato (cd. conflitto di interessi) all’atto di adozione.
Il mancato inserimento dei pareri negli atti deliberativi, secondo un orientamento giurisprudenziale, non costituisce requisito di legittimità cui fanno riferimento, configurando la mancanza come mera irregolarità in ragione della funzione propria dei pareri diretti ad individuare – sul piano formale – i responsabili, nei funzionari che li formano, eventualmente in solido con i componenti degli organi politici, in via amministrativa e contabile, ammettendo (da alcuni) una loro integrazione a posteriori al fine di sanare una situazione di originaria mancanza.
L’assenza di pareri negli atti deliberativi rappresenta una mera irregolarità, allorquando non si contesta l’effettiva esistenza dei pareri medesimi; ciò senza contare che è stato anche puntualizzato nel prevedere la necessità dei pareri del responsabile del servizio interessato, del responsabile di ragioneria nonché (nel sistema anteriore alla legge 15 maggio 1997, n. 127) del segretario comunale, non pone alcun limite alla potestà deliberante della Giunta e del Consiglio comunale, che possono liberamente disporre del contenuto delle proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime sia stato acquisito, quale elemento formale dell’iter procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici.
È il caso di rilevare che la mancanza potrebbe tutt’al più rilevare sotto il profilo della carenza istruttoria del provvedimento, ovvero sulla corretta formazione della volontà dell’Amministrazione: i pareri rilevano solo sul piano interno, pertanto, la loro assenza si traduce in una mera irregolarità e non ridonda in un vizio di legittimità.
Si può concludere che il mancato rilascio dei pareri prescritti dall’art 49 del Tuel non avrebbe riflessi sul piano della legittimità della delibera.
In verità, tale orientamento è stato recentemente disatteso (modificato), partendo dai richiami giurisprudenziali prevalenti, secondo i quali la mancanza dei pareri di regolarità tecnica e di contabilità costituirebbero una “mera irregolarità”, si inverte la tendenza e si attribuisce allo stesso, mediante il richiamo coordinato all’art. 147 bis del d.l. n. 174/2012 e l’art. 49 Tuel per la sua obbligatorietà procedimentale, una valenza legittimante dell’intera azione amministrativa.
In sintesi, la “mera irregolarità” (in generale) è praticabile, annota la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Emilia – Romagna (11 aprile 2017, n. 62), solo in presenza di una “lieve anomalia” del provvedimento (un cd. vizio marginale), “allorché la diversità della forma o la non perfetta osservanza di un adempimento endoprocedimentale non siano tali da impedire il concreto raggiungimento dell’interesse pubblico tutelato dalla norma. Ciò non sembra potersi affermare lì ove manchino i pareri di regolarità tecnica e contabile”; diversamente, i pareri di regolarità tecnica costituiscono atti procedimentali obbligatori, posti al centro del sistema ordinamentale degli Enti locali, anche per sopperire alla mancanza di competenza tecnica degli organi elettivi, soprattutto dopo gli ultimi innesti normativi (ex art. 147 bis del Tuel, ad opera del d.l. n. 174/2012) che affidano ai responsabili dei servizi un ruolo centrale nella tutela della regolarità e correttezza amministrativa.
Si giunge, quindi, in modo innovativo a ritenere che i pareri di regolarità tecnica e contabile devono necessariamente essere presenti nella proposta di deliberazione (salvo il caso di atti di mero indirizzo) pena l’illegittimità del provvedimento amministrativo, costituendo i presupposti giuridici necessari richiesti e voluti dal legislatore; effetti giuridici riconosciuti per la loro funzione di garanzia: la loro mancanza impedisce il concreto raggiungimento dell’interesse pubblico – volta per volta – tutelato dalle norme, ridisegnando un consolidato orientamento giurisprudenziale che non mancherà di presentare ulteriori motivi di riflessione sugli effetti sostanziali dei pareri e della connessa responsabilità politica).
Andando oltre e a chiusura dell’inquadramento normativo, la pura e semplice formulazione di un parere non vincolante di fronte a un atto sul quale la competenza a decidere spetta ad altro organo non può, sotto il profilo psicologico, costituire concorso morale di chi esprime il parere con i soggetti preposti all’adozione della delibera finale illegittima, in quanto la rappresentazione dell’atto conclusivo (e della sua illiceità) esula dai compiti propri di chi esprime il parere.
(Estratto, Considerazione sui pareri obbligatori nei provvedimenti deliberativi degli Enti locali, LexItalia, 20 aprile 2017, n. 4)