L’esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio consistente nell’esecuzione di un’opera in assenza del titolo abilitativo costituisce – ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 – atto dovuto, per il quale è in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione[1], e pertanto, accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione ovvero in difformità totale dal titolo abilitativo si deve procedere al ripristino della legalità violata (e non costituisce onere del Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull’attività edilizia).
Quando l’Amministrazione ometta di adottare, secondo i suoi doveri di ufficio, i necessari provvedimenti ripristinatori dello stato dei luoghi e di difesa del pubblico interesse in relazione ad opere abusive, ovvero li ritardi senza giustificazione, il terzo interessato – ed in particolare il proprietario limitrofo, in quanto tale sempre titolare di un interesse qualificato al mantenimento delle caratteristiche urbanistiche della zona – oltre a poter proporre azioni civili di demolizione o, alternativamente, azioni risarcitorie, è al tempo stesso legittimato ad impugnare la mancata adozione di misure ripristinatorie e, quindi, a far valere l’inerzia formalizzata degli organi comunali[2].
L’ampia sfera dei poteri di polizia urbana attribuiti in materia urbanistica all’Amministrazione comunale non esclude che, rispetto ai singoli provvedimenti, gli interessati siano portatori di un interesse legittimo e che, pertanto, l’inerzia sulla relativa istanza integri gli estremi del silenzio – rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale; fermo restando che, poiché la funzione di vigilanza riordinata nel T.U. n.380/2001 si esercita attraverso procedimenti che vengono avviati d’ufficio, ai fini dell’accertamento dell’obbligo di provvedere da parte del Comune – quand’anche sollecitato da un istanza dei privati interessati – deve ritenersi non necessaria una perfetta corrispondenza tra quanto esposto nella denunzia e quanto sarà contestato in sede di avvio del procedimento repressivo – sanzionatorio, incombendo sulla P.A comunque il dovere di vagliare i fatti denunziati sotto il profilo della loro esistenza materiale e della qualificazione giuridica della condotta attribuita al responsabile d’ufficio[3].
Il quadro delineato postula che è illegittimo il silenzio tenuto dal Comune nei confronti dei comproprietari del bene confinante con quello su cui è stata realizzata un’opera abusiva, in ordine all’istanza di esecuzione dell’ordinanza avente ad oggetto la demolizione delle stesse opere abusive; infatti, sussiste l’obbligo del Comune di pronunciarsi, quale conseguenza della peculiare legittimazione dei ricorrenti, connessa alla loro qualità di proprietari del bene confinante ed interessati alla demolizione delle opere abusive (l’inerzia potrà avere conseguenze valutabili sotto diversi profili, in primis quello indicato dall’articolo 2 e 2 bis della legge 241/1990)[4].
Similarmente è illegittimo il silenzio serbato da un Comune in merito ad un atto di diffida notificato ad istanza del proprietario di un immobile confinante con altro, finalizzato a far assumere all’Amministrazione comunale i provvedimenti repressivi nei confronti dell’immobile confinante, nel caso in cui sia risultato che il titolo edilizio in forza della quale l’immobile è stato realizzato sia stata rilasciata sulla base di una dichiarazione del richiedente il titolo edilizio risultata non veritiera[5].
Il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica può essere esercitato in ogni tempo e i relativi provvedimenti non necessitano di alcuna specifica motivazione[6] in ordine all’interesse pubblico a disporre il ripristino della situazione antecedente alla violazione, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso allo scopo di ripristinare l’assetto urbanistico – edilizio violato, anche nel caso in cui l’abuso sia commesso in data risalente, non sussistendo alcun affidamento legittimo del contravventore a vedere conservata una situazione di fatto contra ius[7] che il tempo non può consolidare[8].
Infatti, il potere di vigilanza dell’Autorità comunale sugli abusi edilizi non è sottoposto a limiti di tempo od alla valutazione dell’interesse pubblico, ma all’oggettivo riscontro dell’abusività dell’opera e alla sicura assoggettabilità di questa al regime concessorio[9].
Appurato l’abuso (e la sua insanabilità)[10] si procede con l’ordine di demolizione[11] e il mancato rispetto dell’ordine comporta l’acquisto ipso jure del bene nel patrimonio del Comune, ed a nulla rileva, ai fini del mancato rispetto dell’ordine di demolizione, la sottoposizione a sequestro dell’area, in quanto il proprietario può sempre chiedere l’autorizzazione ad accedere per demolire l’opera abusiva[12].
(estratto, in corso di pubblicazione in La Gazzetta degli enti locali)
[1] Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2012, n. 1260. Cfr. T.A.R. Campania – Napoli, sez. II, 10 giugno 2008, n. 5825.
[2] T.A.R. Puglia – Bari, sez. I, 3 luglio 2008, n. 1612. Idem, Cons. Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4609.
[3] Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2002, n.6773.
[4] T.A.R. Lazio – Roma, sez. I quater, 13 giugno 2008, n. 5802.
[5] T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, sez.I, 15 gennaio 2008 n. 27.
[6] È legittima l’ordinanza con la quale il responsabile del settore edilizia privata e urbanistica di un ente locale ha ingiunto la demolizione di un manufatto abusivamente costruito, emessa a distanza di lungo tempo dalla realizzazione dell’abuso, che sia priva di una specifica motivazione in ordine ai motivi di pubblico interesse sottesi al provvedimento repressivo; infatti, il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica ed edilizia può essere esercitato in ogni tempo, senza necessità, per i relativi provvedimenti, di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a disporre una demolizione, T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. I, 16 gennaio 2012, n. 59.
[7] La realizzazione di opere senza un titolo abilitativo idoneo determina responsabilità penale e risarcimento dei danni, Cass. Pen., sentenza n. 3872/2011.
[8] Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1996, n. 247 e T.A.R. Lazio – Latina, 19 giugno 2007, n. 454.
[9] T.A.R. Veneto, sez. II, 13 marzo 2008, n. 605.
[10] Gli atti sanzionatori in materia edilizia – attesa la loro natura rigidamente vincolata – non risultano viziati ove non siano stati preceduti dalla comunicazione d’avvio del procedimento, Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4659.
[11] La notifica del provvedimento sanzionatorio va effettuata oltre che al responsabile dell’abuso anche al proprietario del bene, a carico del quale sussiste una presunzione di responsabilità per gli abusi edilizi accertati, T.A.R. Veneto, sez. II, 17 giugno 2011, n. 1059.
[12] Cass. Pen., sez. III, 5 agosto 2008, n. 32709.