La Corte Costituzionale, con la sentenza 28 marzo 2013, n.50, ha statuito che “La Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri "autoprodurre" beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una "relazione organica" (cosiddetto affidamento in house). Allo scopo di evitare che l’affidamento diretto a soggetti in house si risolva in una violazione dei principi del libero mercato e quindi delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private, la stessa Corte ha affermato che è possibile non osservare le regole della concorrenza a due condizioni. La prima è che l’ente pubblico svolga sulla società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico (sentenza 18 novembre 1999, in causa C-107/98, Teckal). Tale impostazione è costantemente richiamata dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 439 del 2008)”.
Su è poi concluso che “il comma 16 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011 deve ritenersi costituzionalmente illegittimo sia per la previsione del rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto affidatario in house, sia per la prescrizione di pareri obbligatori, ma non vincolanti, sugli atti fondamentali del soggetto gestore. Per il primo profilo, si deve ricordare che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che sul soggetto concessionario deve essere esercitato «un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti» (sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen). Ciò non significa che siano annullati tutti i poteri gestionali dell’affidatario in house, ma che la «possibilità di influenza determinante» è incompatibile con il rispetto dell’autonomia gestionale, senza distinguere – in coerenza con la giurisprudenza comunitaria – tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione. Anche con riferimento al secondo profilo, è appena il caso di osservare che il condizionamento stretto, richiesto dalla giurisprudenza comunitaria, non può essere assicurato da pareri obbligatori, ma non vincolanti, resi peraltro – come esplicitamente prevede la norma impugnata – «sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house»”.
Ancora una volta assistiamo ad un intervento del legislatore regionale elusivo della concorrenza con l’intento di affidare senza gara servizi pubblici essenziali e di normare competenze che appartengono allo Stato.
È noto che la disciplina delle procedure ad evidenza pubblica va ricondotta alla materia «tutela della concorrenza», con la conseguente titolarità da parte dello Stato della potestà legislativa esclusiva, di cui all’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost.; l’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., attribuendo allo Stato, in via esclusiva, il compito di regolare la concorrenza, consente allo stesso, nell’ambito di tale competenza, di porre in essere una disciplina dettagliata: tale normativa ha carattere prevalente.
Le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, attengono alla materia «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva statale, tenuto conto della sua diretta incidenza sul mercato e «perché strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio» (Corte Costituzionale, 20 marzo 2013, n.46).
Andando oltre, esiste la convinzione che l’Autonomia (locale) possa consentire di procedere senza gara (a trattativa privata) con gli affidamenti di servizi o con le vendite di società pubbliche attraverso determinazioni da parte degli organi esecutivi (Giunta comunale), senza cioè seguire l’iter normativo che prevede da una parte, una serie di valutazioni sul valore della società (valutazioni affidate ad un organo terzo), dall’altra, una procedura aperta e competitiva (le alienazioni di partecipazioni detenute da società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazione, ai fini della loro legittimità, necessitano il previo esperimento di procedura di evidenza pubblica, ai sensi della normativa comunitaria, o quanto meno nel rispetto dell’art. 4, comma 1, lett. b) del D.L. n. 95/2012 conv. in L. n.135/2012, nonché dell’art. 3 comma 28 della L. n.244/2007).