L’articolo 22 (“Definizioni e princípi in materia di accesso”) della Legge 241 del 1990 inquadra, in via generale, il diritto di accesso quale diritto alla trasparenza consistente nella possibilità prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi da parte di coloro che abbiano un “interesse” qualificato (“diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”).
La situazione sottesa alla domanda di accesso agli atti amministrativi si configura come un vero e proprio diritto soggettivo meritevole di tutela dall’ordinamento (fatta eccezione per gli atti normativamente sottratti all’accesso), strumentale (ma anche no) all’esercizio di difesa dei propri interessi in sede giurisdizionale e/o in altra sede e comunque rilevante ai fini del conseguimento da parte dell’interessato di un bene della vita.
In questo senso, è ammissibile una domanda di accesso (un certificato di agibilità) presentata dal proprietario di un bene rispetto all’unità immobiliare sottostante la proprietà stessa (contiguità tra beni immobili), per la quale è stato autorizzato il cambio di destinazione d’uso (nella specie da garage ad ufficio); d’altra parte, la eventuale inesistenza del certificato di agibilità non può determinare la inammissibilità della richiesta di accesso in via amministrativa e della successiva actio ad exibendum attivata, atteso che la richiesta di ostensione presuppone in colui che la produce un situazione di ignoranza (Cons. Stato, sez. IV, 9 febbraio 2012, n. 690).
Per quest’ultimo aspetto, non costituisce onere del richiedente l’indicazione degli estremi di protocollo e degli esatti dati identificativi di ciascun documento, trattandosi di elementi che non sono nell’ordinaria disponibilità e cognizione del privato (Cons. Stato, sez. VI, 7 aprile 2010, n. 1962).
Emerge che il titolare del diritto è un soggetto che riveste un interesse personale, ma la norma chiarisce espressamente che per “interessati” all’accesso sono “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse”.
La necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto di accedere, non significa che l’accesso sia stato configurato dal legislatore con carattere meramente strumentale rispetto alla difesa in giudizio della situazione sottostante: esso assume invece una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale, ma anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti in questione, potrebbe proporre (Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2012, n. 116).
Di rilievo osservare che ai fini dell’accesso agli atti in materia di tutela ambientale, non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto per costituire in capo all’Amministrazione pubblica l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente (T.A.R. Campania – Salerno, sez. II, 21 maggio 2009, n. 2466; T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. I, 19 novembre 2009, n. 2229).
Risulta che non solo il singolo ha titolo all’accesso ma anche i soggetti portatori di “interesse generali”, quali le associazione e/o i comitati, soggetti esponenziale degli interessi diffusi degli utenti di un servizio o dei destinatari di atti autoritativi da parte della P.A. (Cons. Stato, sez.VI, sentenza n.5481/2011): astrattamente tutti i portatori di “interessi generali” hanno titolo a richiedere l’accesso agli atti relativi all’esercizio di una determinata attività o in presenza dell’adozione di atti amministrativi che incidano la sfera giuridica di una molteplicità di cittadini (erga omnes).
Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta quindi agli enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, giacché trattasi di un diritto all’informazione, che va riconosciuto oltre che alle persone fisiche, anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione, comitato o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza (T.A.R. Lazio, sez. II ter, 14 marzo 2011, n. 2260).
Tuttavia non si può ritenere che siffatta, assunta rappresentatività conferisca per ciò solo all’associazione o al comitato un generalizzato e indifferenziato titolo per il diritto d’accesso nei confronti degli atti della P.A. atteso che è consolidato orientamento – corrispondente al generale principio del necessario interesse alla domanda giudiziale, espresso dall’art. 100 Cod. proc. civ., e di cui l’art. 22, comma 1, lett. b) della Legge 6 agosto 1990, n. 241 – dal momento che il diritto di accesso non corrisponde ad un’azione popolare, il suo esercizio non può che essere collegato alla sussistenza (e alla puntuale rappresentazione) di un interesse differenziato, concreto e attuale, all’accesso ai documenti.
Il diritto di accesso impone pur sempre un accertamento concreto dell’esistenza di un bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, perché non è orientato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque sull’azione amministrativa (che è anzi espressamente vietato a norma dell’art. 24,comma 3 della Legge n.241/1990), ma solo alla conoscenza da parte dei singoli titolari di atti effettivamente, o anche solo potenzialmente, incidenti sui loro interessi particolari.
La pretesa titolarità (o la pretesa rappresentatività) di interessi collettivi o diffusi non vale a costituire un potere – comunque privato e perciò estraneo ai circuiti pubblici di rappresentatività e responsabilità – di ispezione generalizzata sulla pubblica amministrazione, fatte salve le precisazioni di cui al Decreto Legislativo 33/2013 (cfr. diritto di accesso civico).
In relazione a queste osservazioni, non è qualità sufficiente a legittimare un generalizzato interesse alla conoscenza di qualsivoglia documento riferito all’attività della pubblica potestà; invero occorre piuttosto che perché il principio di trasparenza operi verso l’esterno, anche per tali figure sia sostenuto da un effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza di atti che incidono in via diretta e immediata (in quanto collegati alla prestazione o alla funzione svolta), e non già in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi collettivi degli associati (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n.737; 25 settembre 2006, n. 5636; 10 febbraio 2006, n. 555).
È indispensabile motivare – in sede di richiesta – l’esatta rappresentazione dell’interesse all’accesso, dimostrando la presenza tra i fini statutari o dell’attività svolta il perseguimento di quel determinato interesse posto alla base dell’istanza di accesso, acclarando una differenziata posizione di interesse concreto, diretto ed attuale, che legittima a chiedere copia di documenti; documenti che una volta acquisiti possono costituire indubbio supporto e mezzo per il miglior perseguimento degli scopi statutari, sociali o dell’attività svolta (si pensi ad un comitato in difesa dell’ambiente o a tutela dei beni culturali).
In termini, sussiste il diritto di una associazione, iscritta sia nell’elenco di cui all’art. 137 codice consumo, sia nel registro generale del volontariato ai sensi della Legge 11 agosto 1991 n. 266, di accedere agli atti e documenti detenuti da una struttura ospedaliera che concernono l’adozione di protocolli in materia di piaghe da decubito, in quanto tale iniziativa non comporta un inammissibile controllo generalizzato sull’operato dell’Amministrazione (interesse generico ed onnicomprensivo, inerente tutti i profili della materia sanitaria in senso lato), ma ha lo scopo di tutelare il proprio interesse concreto all’erogazione a livello soddisfacente ed anche ottimale del servizio delle cui disfunzioni, l’utente stesso, e con lui l’ente esponenziale, possono dolersi (in tal senso, la presenza o meno delle piaghe da decubito è senza dubbio uno degli indicatori più significativi della qualità della assistenza sanitaria (T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, 3 novembre 2009, n.4951).
Di converso, il diritto di una organizzazione sindacale ad esercitare il diritto di accesso per la cognizione di documenti che possano coinvolgere sia le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di una determinata categoria di lavoratori, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti, non può tradursi in iniziative di preventivo e generalizzato controllo dell’intera attività dell’amministrazione datrice di lavoro, sovrapponendosi e duplicando compiti e funzioni demandati ai soggetti istituzionalmente ed ordinariamente preposti nel settore di impiego alla gestione del rapporto di lavoro.
Si comprende l’esigenza di appurare un collegamento diretto tra il richiedente e il documento: la posizione legittimante l’accesso è costituita da una situazione giuridicamente rilevante comprensiva anche degli interessi diffusi e dal collegamento tra questa posizione qualificata e la specifica documentazione della quale si chiede l’esibizione (Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2004 n. 127).
In effetti, tale preclusione, del resto, è espressamente codificata dall’art. 24, 3° comma, della Legge n. 241/1990, nel teso novellato dall’art. 16 della Legge n. 15/2005, in base al quale “non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni” (Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 24).
Alle luce delle considerazioni poste, il diritto di accesso può esercitarsi anche da parte di associazioni e/o comitati, i quali devono rappresentare un’organizzazione funzionalizzata alla protezione degli interessi di una categoria di soggetti (non di una singola parte), ed inoltre devono dimostrare una struttura in grado di soddisfare esigenze generali postulate all’interno degli atti costitutivi, in grado di motivare le richieste perché legittimati alla cura di un interesse qualificato dell’intera stabile organizzazione (T.A.R. Lazio – Roma, sez. III, 16 gennaio 2008, n. 249), non sovrapponibile rispetto all’interesse dei singoli soggetti appartenenti a tale organizzazione (T.A.R. Puglia-Bari, sez. II, 17 aprile 2009, n 896).
(pubblicato in: segretarientlocali, n.61, 5 agosto 2013)