Il manager di rete
Il manager di rete è una figura che è portata alle sfide del cambiamento e si caratterizza per la multidisciplinarietà della preparazione (frutto sia di un percorso formativo giuridico – economico che di esperienza organizzativa pratica), con doti e qualità da leader costruite sul e nel campo.
Con tali caratteri il manager di rete non è solamente un leader carismatico (attitudine che potrebbe essere innata) ma è principalmente un compositore della leadership dell’innovazione, della ricerca, dello scambio, delle idee, dell’essere, con una correlata predisposizione a influenzare e contaminare i propri collaboratori valorizzandoli – ognuno per i propri talenti – in un contesto non competitivo.
Si può facilmente sostenere che il manager di rete si distingue, inoltre, per organizzare il lavoro su basi paritarie, senza anteporre la logica del “capo” (no all’autorità sì all’autorevolezza) ma dimostrando quella del leader: lavora per unire le eccellenze non per separare, lavoro con la squadra, si indentifica nella squadra, nel proprio territorio, nel proprio team.
Il manager di rete svolge il pensiero liquido verso le capacità, è contrario alle logiche disgregative e non ammette le divisioni perché si presta alla condivisione: possiede un forte senso dell’onore (al servizio della comunità, ex art. 54 e 98 Cost.), di autonomia e onestà intellettuale, rispetta la distinzione tra “politica e amministrazione” (ex art. 97 Cost.) difendendosi sempre dalle influenze della politica se divergenti da detti principi fondamentali, privilegia rapporti orizzontali (in correlazione alla sussidiarietà delle relazioni interorganiche rispetto ai diversi livelli di policentrismo istituzionale).
In questa prospettiva di accountability, le attività del manager di rete rispetto al manager tradizionale, quello incardinato ad una struttura di tipo gerarchico sul modello storico di tipo “prussiano”, è quella di presidiare il cambiamento in una logica di tipo spaziale, verso il futuro nella dimensione del presente.
È noto che l’organizzazione amministrativa di tipo gerarchico, derivata dell’ordinamento amministrativo centralizzato alla francese (il prefetto rappresentava la sintesi del “modello napoleonico”) si uniforma al potere “piramidale” con un controllo dall’alto (espressione della catena di comando dello “Stato autoritario”) e una forte specializzazione settoriale a scomparti, divisa per settori (vedi i Ministeri); tale proiezione organizzativa non è certo quella del manager di rete, che orienta i rapporti su prospettive a matrice – a rete.
A tale conformazione gerarchica (autarchica), è bene riaffermare, si contrappone il modello del manager di rete, con una traslazione dalla gerarchia alla “delega – condivisione” (dove alle relazioni di vertice si privilegia la collaborazione), dal controllo all’autonomia e all’auto – responsabilizzazione, dalla settorialità alla polivalenza e alla ridondanza: espressione di apertura all’interdisciplinarietà e delle consonanze intersoggettive a specchio: una dimensione fenomenica che intreccia preparazione e qualità con doti di empatia ed emotività (accentuazione dei caratteri generativi delle relazioni umane prevalenti).
Il manager di rete, quale leader del cambiamento, governa la complessità, sia nel breve che nel lungo periodo, operando una pianificazione generale in una prospettiva di coinvolgimento dell’intero apparato politico – amministrativo, definendo la “via” e assumendo i correlati rischi, dando prevalenza all’auto – responsabilità e alla cogestione dei processi decisionali, in armonia con il quadro di riferimento dell’intera tecno – struttura (sia politica che amministrativa).
Ne discende, come conseguenza logica e in funzione della c.d. leadership laterale, una prospettiva in grado di influenzare il contesto organizzativo senza il supporto di una relazione impostata sul richiamo all’“autorità”, dimostrando, in questa vision, capacità di catalizzare, di ispirare e spronare gli altri all’azione, con metodi basati sulla competenza, la creatività e la reciproca fiducia, segno inequivocabile di indifferenza verso un modello edonistico rispetto ad una mission partecipata, condivisa, interattiva.
Il manager di rete opera non con protocolli prestabiliti, ma usa relazioni informali, puntando alle emozioni generative di processi positivi in un’ottica di comunicazione aperta, di motivazione ed aspirazione esterna per valorizzare il gruppo, negando di valersi di una forte organizzazione tramite la propaganda e la soppressione dei diritti di sovranità dei singoli.
Questa catena di comando, a regia allargata, si distingue alla radice dal modello gestionale gerarchico che si incentra su dinamiche spaziali limitate dal singolo potere decisionale, con proiezioni progettuali su strutture formali e codificate, contrastanti con lo spirito innovativo dello sviluppo digitale, nel tentativo di stabilizzare e contenere le energie, depotenziando i collegamenti a rete per assumere in sé ogni determinazione: un modulo autoreferenziale e autolimitativo di regole.
Per altri versi, volendo sintetizzare le attitudini il manager di rete provvede a individuare e coinvolgere gli interlocutori, condivide le informazioni e le conoscenze, sviluppa e valorizza i singoli e/o i partner, negozia le decisioni, facilità l’incontro e previene le resistenze (è un facilitatore), opera un costante monitoraggio e valutazione dei risultati, analizza e pianifica le strategie di sviluppo (comportamento proattivo), incontra le opportunità: agisce con la testimonianza più generosa e i fatti più positivi, verso il cambiamento della sfere del potere decisionale, senza alcuna inclinazione al consociativismo, al gradualismo e all’attendismo ma con un sguardo al bene comune e alla cooperazione: al dono.
Si ricava che il manager di rete non apprezza il sistema gerarchico o autoritario, ma si proietta verso l’altro, valutando in progress l’insieme e le capacità di ogni collaboratore: un sistema “alla pari”, senza intermediazioni, dove le scelte passano per una serie di relazione ed incontri, maturando le decisioni in una prospettiva di largo consenso (senza imposizioni) pur mantenendo il comando verso l’obiettivo, rendendosi conto della validità delle proprie convinzioni sostenendole senza indietreggiare: evitando di porsi al di sopra degli altri.
Il manager di rete, in questa visione di modernizzazione e nuovo umanesimo, elimina i limiti del modello centralizzato gerarchico imponendo una diversa visione dell’organizzazione pubblica, con evidenti caratteri di novità collegata al cambiamento dell’era digitale dove la rete è sinonimo di democrazia, libertà e partecipazione, in controtendenza con il relativismo, gemmando inevitabili ricadute sul ruolo rigenerativo che il manager di rete assume assicurando, influenzando e valorizzando i suoi interlocutori, siano interni che esterni alla struttura, lavorando sulla consapevolezza del proprio mandato ma anche delle resistenze che ogni cambiamento comporta: lavora per unire e non per dividere, è orientato al presente con uno sguardo al futuro, denotando due qualità intellettuali basilari: l’autonomia e l’onestà intellettuale, in piena aderenza con i profili costituzionali di “buon andamento e imparzialità”, espressione della trasparenza e della buona amministrazione in una finalizzazione dell’azione pubblica a beneficio degli altri e non per l’utilità personale o del singolo interesse privato: una legittima difesa al mantenimento dei principi di uguaglianza ed equità, preludio di una cultura etica valoriale verso i doveri di lealtà e giustizia “al servizio esclusivo della Nazione” (art.98 Cost.).
Il presente lavoro rientra tra le attività didattiche previste all’interno del Master in “Governo delle reti di sviluppo locale” dell’Università degli studi di Padova, Anno Accademico 2013/2014, dalla lezione di GALLO, Generare un’identità territoriale distintiva. tracce di rigenerazione territoriale, Padova, 28 giugno 2014.