Caratteri distintivi tra la concessione di lavori e di servizi
La concessione di lavori si distingue dalla concessione di servizi per la diversa intensità dell’apporto pubblico di risorse, dove nella concessioni di lavori il privato contribuisce maggiormente sotto il profilo economico alla realizzazione dell’intervento, mentre nella concessioni di servizi la realizzazione dell’opera è strumentale alla gestione.
Il Codice dei contratti pubblici (ex D.Lgs. n. 163/2006) si occupa di distinguere la concessione “di lavori” da quella “di servizi”, collocando le definizioni in due distinti commi dell’articolo 3:
a. (comma 11) le “concessioni di lavori pubblici” sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica;
b. (comma 12) la “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi.
Nelle definizioni date dal codice, si comprende che entrambe le “concessioni” sono “appalti” (di lavori o di servizi) ma si distinguono expressis verbis da questi per un ulteriore carattere proprio, che è quello di gestire l’esecuzione del contratto di lavori/fornitura o in tale diritto accompagnato ad un prezzo: il corrispettivo (la prestazione oggetto del c.d. rapporto sinallagmatico) consiste essenzialmente nel poter condurre direttamente la fase successiva alla realizzazione dell’opera o della provvista: la “gestione funzionale ed economica” costituisce la controprestazione principale a carico dell’Amministrazione concedente.
Alla stregua di quanto sopra, poi, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma unicamente in relazione al “rapporto sinallagmatico” che si viene a creare tra le parti del contratto.
Nel caso di concessione l’operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, mentre si avrà appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’Amministrazione: è la modalità della remunerazione (la traslazione dell’alea inerente una certa attività), quindi, il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi.
Occorre precisare che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 143, comma 9 del Codice, rientrano a pieno titolo nella nozione di “concessione di lavori pubblici” tanto le ipotesi dove il concessionario assume, oltre al rischio di costruzione, il “rischio di domanda” (modello autostrade), quanto le concessioni in cui al rischio di costruzione si aggiunge il “rischio di disponibilità” (modello ospedali, carceri ecc.).
Vi è da precisare subito che, qualora non sia possibile per ragioni economiche coprire interamente i costi della prestazione principale (l’esecuzione dell’opera o la fornitura del servizio), il diritto di gestire è accompagnato da un prezzo, a copertura delle spese sostenute dall’operatore economico, con il corollario dirimente che per la “concessione di servizi” viene invocato il rinvio conformativo all’articolo 30 del Codice.
Si osserva, anche, che la decisiva spinta del diritto comunitario ha inciso sui profili di stampo pubblicistico delle “concessione di servizi” assimilate agli “appalti di servizi” (si seguono i principi del Trattato), salvo che per la remunerazione del prezzo (in quanto non proveniente dall’Amministrazione ma attraverso la gestione economica del servizio medesimo e dunque dall’utenza privata).
La “concessione di servizi” (disciplinata dall’articolo 30 del Codice) esige che la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio, salvo stabilire – in sede di gara – anche un prezzo, qualora si pretenda di tariffare il servizio a un valore “politico” (inferiore rispetto al costo), ovvero garantire il perseguimento dell’equilibrio economico – finanziario degli investimenti e della connessa gestione, in relazione alla qualità del servizio da prestare.
Per terminare l’inquadramento, sotto un profilo di ordine costruttivo la concessione (in generale) non esime la P.A. dall’obbligo di dare corso ad una procedura competitiva per la scelta del concessionario, la quale si pone come un indiscusso strumento di garanzia dell’ingresso al mercato, della parità di trattamento, del principio di non discriminazione e della trasparenza tra gli operatori economici, nel rispetto dei principi di concorrenza e libertà di stabilimento.
Questo genere di conformazione trova riscontro nel rilievo che, anche a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, non può che essere preso atto dell’indifferenza comunitaria alla qualificazione nominale della fattispecie, con consequenziale obbligo dall’attivazione di una procedura competitiva nel caso sia di affidamento di un appalto, che di concessione di lavori o servizi
Una distinzione operativa può essere fatta sul criterio della “prevalenza economica” (sancito dall’art. 14 dal Codice), soffermandosi sull’incidenza della voce “lavori” rispetto ai “servizi”, con l’analisi descrittiva delle singole prestazione e apprestare la componente prevalente rispetto a quella minoritaria; tale distinzione è necessaria in presenza di contratti “misti”, nei quali si contempla l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione del servizio: si deve richiamarsi, pertanto, alla regola dell’assorbimento, che privilegia la disciplina della prestazione “prevalente”.
Si sarà in presenza di una “concessione di lavori pubblici” nel caso in cui il servizio risulti strumentale, in quanto consente il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla sua realizzazione, rispetto alla costruzione dell’opera o, viceversa, si sarà in presenza di una “concessione di pubblico servizio” nel caso in cui i lavori abbiano carattere di accessorietà rispetto al servizio, fermo restando che l’esatto inquadramento del contratto, individuata la prestazione prevalente, appare strettamente connesso agli aspetti economici dello stesso.
(Estratto, Caratteri distintivi tra la concessione di lavori e di servizi, L’Ufficio Tecnico, 2015, n.11 – 12);