L’attività pubblica dei rappresentanti del popolo impegna risorse di tempo e di natura economica per assolvere “degnamente” l’incarico elettivo, sicché l’amministratore dell’Ente locale ha titolo al rimborso delle spese viaggio sostenute per ragioni del proprio mandato, sia per partecipare alla vita degli organi che per le missioni inerenti l’esercizio della funzione, oltre ad un’indennità o gettone di presenza per la carica ricoperta non avente natura retributiva, stante il rapporto di servizio di natura onoraria.
La ratio è quella di assicurare il concreto esercizio della funzione di amministratore locale, garantendo il diritto costituzionale di accesso in condizioni di eguaglianza alle cariche elettive, la cui effettività viene assicurata dal rimborso delle spese sostenute per svolgere i relativi compiti (ex art. 3 e 51 Cost.): l’indennità di funzione, di cui all’art. 82 del D.Lgs. n. 267/2000 (cd. Tuel), ha essenzialmente lo scopo di rifondere l’amministratore del presunto mancato guadagno o comunque delle spese connesse con l’espletamento del pubblico mandato.
Nella stessa linea, l’art. 84 “Rimborso delle spese di viaggio” del Tuel prevede:
- la rimborsabilità delle spese di trasferta, qualora l’amministratore si rechi fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente per motivi istituzionali (è una possibilità e/o facoltà), solo dopo la presentazione di apposta attestazione sulla durata e finalità della missione, e, ovviamente, la documentazione giustificativa dei costi effettivamente sostenuti (commi 1 e 2);
- la rimborsabilità delle spese di viaggio, per gli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente: a) per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi (esigenza cogente ai fini di garantire il cd. quorum funzionale o strutturale); b) per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate (comma 3).
Va detto subito che, secondo un’interpretazione letterale, il criterio dell’effettività della spesa da rimborsare non risulta(va) plausibile con un rimborso di tipo forfettario nella misura pari a un quinto del costo di un litro di benzina (con le precisazioni che seguiranno); sono, quindi, rimborsabili solo le spese “effettive” e non anche quelle determinate in modo forfettario: l’interpretazione letterale è confermata anche sotto il profilo teleologico per cui la ratio sottesa agli interventi di razionalizzazione della spesa realizzati dal legislatore con le novelle prima del 2007 e poi del 2010, è quella di ancorare i rimborsi ad elementi effettivi della spesa anziché a valori predeterminati.
Inoltre, pare giusto rilevare che, ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora abituale, interessa esclusivamente il luogo ove la persona dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento.
Il diritto al rimborso sorge esclusivamente mediante esibizione della documentazione a sostegno delle spese effettuate, rilevando che le date e i contenuti delle spese sono elementi di fatto non suscettibili di incertezza e, in quanto tali, di impossibile confutazione atteso che costituiscono le prove materiali delle missioni effettuate (salvo le ipotesi di falso); sicché, in via di principio, lo smarrimento della documentazione produce gli stessi effetti della mancanza di documentazione a meno che lo smarrimento sia giustificato da comprovate ragioni di forza maggiore e, in via eccezionale, quando la carenza di documentazione non impedisca di definire gli elementi fattuali oggettivamente e desumibili aliunde.
Regola di correttezza e dovere di trasparenza, in chiave di prevenzione della corruzione, obbliga l’Ente locale alla diffusione delle spese sostenute dagli amministratori pubblici, ritenendo più che legittima la richiesta di accesso di un cittadino alle “pezze d’appoggio”, utilizzate dal Comune, ai fini della liquidazione delle missioni degli amministratori, rientranti “certamente nella nozione di documento amministrativo”, di cui all’art. 22 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché alla stregua delle coordinate tracciate in particolare dagli artt. 10 del Tuel e 1 e 14 D.Lgs. n. 33/2013: non può opporsi il diniego alla ostensione dei rimborsi motivato dall’essere l’istanza preordinata ad esercitare un controllo generalizzato laddove gli atti richiesti, per giunta pubblici, afferiscano all’attività istituzionale della pubblica amministrazione per la quale il legislatore, lungi dal considerarle con sfavore, perfino esige che siano promosse forme diffuse di controllo.
Ciò posto, la Corte dei Conti, sez. controllo Toscana, con parere n. 127 del 19 aprile 2017, interviene chiarendo subito che il rimborso delle spese per la presenza “qualificata” in sede, al di fuori dalla partecipazione alle sedute degli organi (formalmente deliberanti), deve essere collegata ad un esigenza indispensabile intesa come “necessaria” in ragione di un preesistente obbligo giuridico dell’interessato che non gli consentirebbe una scelta diversa per l’esercizio della propria funzione, salvo il non esercizio della funzione stessa in quanto finalizzata ad assicurare il concreto esercizio dello status di amministratore locale.
In termini diversi, tale fattispecie impone la presenza fisica in loco dell’amministratore locale quale connotato imprescindibile dell’esercizio delle funzioni, un comportamento virtuosamente vincolato inerente l’assolvimento degli obblighi di legge non riconducibile ad una scelta discrezionale sotto il profilo dell’an, del quomodo o del quando, escludendo i casi determinati da fattori esterni non riscontrabili 0 catalogabili a priori legati alle scelte individuali sfuggendo, in tal modo, ad un controllo di stretta legalità ed in contrasto con il carattere tassativo ed inderogabile della disposizione in esame.
Appare acclarato che l’autodeterminazione della presenza, da parte dell’amministratore, non consente di distinguere la necessità dalla mera opportunità rispetto ad una presenza motivata da un preesistente obbligo giuridico, che elimini qualsiasi facoltà di operare, per l’esercizio della funzione, una scelta diversa.
In questo senso, le attività preparatorie di studio, disamina e consultazione degli argomenti posti all’ordine del giorno dei relativi organi non presentano quel carattere di eterodeterminazione della presenza in loco sottesa alla previsione del diritto al rimborso (ex art 84 del Tuel), atteso che l’approfondimento è in funzione di scelte meramente discrezionali dell’interessato che può svolgere tale incombenza anche al di fuori degli spazi comunali, soprattutto in considerazione della disponibilità della documentazione, anche on line del materiale depositato, e, comunque, di una selettiva valutazione del singolo amministratore, non strettamente legata alla presenza.
L’attività istruttoria può, infatti, essere espletata sotto diverse forme: presso gli uffici o in altri spazi (anche privati), senza necessità di definire un tempo e/o un luogo e/o un mezzo prestabilito, finendo per rappresentare un modus di esercizio della carica (cd. senza vincolo di mandato), indifferente all’esigenza della presenza fisica presso la sede comunale, potendo facilmente essere svolta nei giorni immediatamente precedenti alla seduta, ovvero in altri per una durata di una o più giornate, impedendo un effettivo controllo di verifica: incontrollabile e variabile esclusivamente in funzione di ragioni di opportunità rimesse alle scelte di ciascun eletto che non integrano il requisito della “necessarietà” della presenza richiesta.
Diversamente e a sostegno di tali argomentazioni inserite dalla Corte, è utile rammentare che quando è necessaria la presenza, e tale presenza non viene garantita per l’assenza, è indispensabile presentare una giustificazione capace di contrastare le misure decadenziali collegate alla mancata partecipazione alle sedute consiliari: l’ultimo comma dell’art. 43 del Tuel impone allo statuto di stabilire “i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure”, dimostrando un disvalore evidente per tutti quei comportamenti inerenti la condotta dell’eletto che fanno venire meno il dovere di attivarsi e di partecipare ai lavori e alle discussioni in seno al consiglio comunale, definendo e confermando in modo solare un precetto normativo in capo all’amministratore la cui violazione è sanzionata.
Fatte queste premesse, la Corte tiene a precisare (ipotesi del terzo comma) che il rimborso spese viaggio non è dovuto nemmeno quando l’amministratore non percepisca l’indennità di funzione, sia per atto proprio (rinuncia volontaria) che per mancata previsione di legge, giungendo a stendere un ulteriore decalogo sulla non debenza per attività (alias la presenza “necessaria”) che assumono il requisito della discrezionalità/opportunità/facoltà, così indicate:
- in orario di ricevimento al pubblico affissi alla casa comunale e pubblicizzati sul sito istituzionale dell’Ente locale;
- incontri con professionisti e cittadini per discutere su temi di interesse della comunità;
- per incontri con i Responsabili dei Servizi per individuazione obiettivi di Piano Performance e monitoraggio della relativa attuazione subordinata a convocazione e verbalizzazione delle sedute;
- commissioni consiliari subordinata a convocazione e verbalizzazione delle sedute.
Al termine pare utile sostenere che i rimborsi delle spese di viaggio degli amministratori locali devono seguire un procedimento istruttorio da parte del Responsabile della liquidazione, il quale dovrà accertare i presupposti di legge e le condizioni di legittimità della spesa, documentando e giustificando la presenza “necessaria” in base alle dichiarazioni dell’interessato e le eventuali autorizzazioni ricevute, avendo cura di accertare l’effettività della presenza e l’obbligatorietà della stessa, evitando di omettere i dovuti controlli, pena la responsabilità erariale da colpa grave.
In assenza della prescritta documentazione attestante il fine delle missioni (data, luogo, durata, percorso, motivo) deve ritenersi privo di qualsiasi profilo di utilità e dannoso per l’Ente locale il provvedimento di liquidazione, rilevando che la verifica dei verbali delle sedute, per accertare la presenza necessaria, non possono ricomprendere quelle dichiarate deserte.
(ESTRATTO, Presenza necessaria in sede e legittimità dei rimborsi viaggi degli amministratori locali, Comuni d’Italia, 2017, n. 6)