Il principio della “rotazione” costituisce una misura di prevenzione della corruzione con lo scopo di ridurre il consolidarsi di posizioni prestabilite (a rischio) che possono potenzialmente ridurre da una parte, la concorrenza, limitando l’ingresso di nuovi operatori economici nel mercato degli appalti, dall’altro, la creazione di relazioni tra soggetti portatori di interessi contrapposti, consolidando «situazioni di privilegio e l’aspettativa a risposte illegali improntate a collusione».
Si tratta di una misura che opera in diversi contesti: sia sotto il profilo organizzativo, imponendo l’adozione di un meccanismo di alternanza o sostituzione dei responsabili dei processi decisionali o di coloro che gravitano in un determinato ambiente, sia sotto un altro profilo riferito alla scelta del contraente, quando la mancata rotazione costituisce una indebita assegnazione di un lavoro, servizio o fornitura senza alcuna valutazione comparativa, alterando la par condicio e la trasparenza, con affidamento – di fatto – diretto, privo di una effettiva negoziazione.
Sotto il profilo organizzativo, nell’ambito delle politiche previste nei piani nazionali anticorruzione (PNA) la rotazione del personale viene considerata una misura organizzativa preventiva finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possono alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione, che può sottendere la creazione di un ambiente nel quale determinate prassi si discostano dai principi di imparzialità e buon andamento (ex art. 97 Cost.).
Si ritiene, infatti, che l’alternanza riduce il rischio di osmosi o di interessenza dovuta al fatto che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti possa instaurare relazioni privilegiate con alcuni soggetti ovvero mediante la frequentazione con gli stessi utenti: «possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate».
La rotazione opera a livello organizzativo quale misura messa a disposizione delle amministrazioni in materia di prevenzione della corruzione, con la volontà di rendere il responsabile del procedimento, ma più in generale il dipendente pubblico, neutro rispetto all’esercizio della funzione, in una logica di prevalente separazione tra politica e amministrazione, secondo il modello di un uso imparziale del potere gestionale.
In questo senso, anche quando un soggetto non detenga propriamente un potere di firma la previsione del criterio di rotazione territoriale, conseguente alla valutazione del mero cambiamento di incarico ovvero lo spostamento da un’area operativa all’altra del medesimo gruppo o unità organizzativa, è coerente con lo scopo della misura: evitare che la permanenza prolungata nel medesimo contesto lavorativo, interno all’organizzazione ed esterno ad essa, possa creare particolari legami sociali tali da consolidare nel tempo posizioni dominanti.
Va chiarito anche che ove non sia oggettivamente possibile per ragioni organizzative o professionalità acquisite (categorie c.d. infungibili) utilizzare la rotazione come misura di prevenzione contro la corruzione, le amministrazioni sono tenute a operare scelte organizzative, nonché ad adottare altre misure di natura preventiva che possono avere effetti analoghi, come la previsione di modalità operative congiunte di attività istruttoria, o la verifica a campione, evitando, viene annotato nel PNA 2016, «così l’isolamento di certe mansioni, avendo cura di favorire la trasparenza “interna” delle attività o ancora l’articolazione delle competenze, c.d. “segregazione delle funzioni”».
(ESTRATTO, Il principio della rotazione, L’Ufficio Tecnico, 2018, n. 7 – 8).
CONCLUDE «All’Amministrazione comunale … adottare misure di prevenzione della corruzione finalizzate ad evitare il consolidarsi di posizione di privilegi nell’ambito degli uffici.
L’Amministrazione, pertanto, deve adottare misure alternative, come di seguito indicate a titolo esemplificativo:
– per le istruttorie più delicate nelle aree a rischio, promuovere meccanismi di condivisione delle fasi procedimentali prevedendo di affiancare al funzionario istruttore un altro funzionario, in modo che, ferma restando l’unitarietà della responsabilità del procedimento, più soggetti condividano le valutazioni degli elementi rilevanti per la decisione finale dell’istruttoria;
– utilizzare il criterio della c.d. “segregazione delle funzioni”, che consiste nell’affidamento delle varie fasi di procedimento appartenente a un’area a rischio a più persone, avendo cura di assegnare la responsabilità del procedimento ad un soggetto diverso dal Dirigente cui compete l’adozione del provvedimento finale. A tal fine, dovrebbero attribuirsi a soggetti diversi compiti relativi a:a) svolgimento d’istruttorie e accertamenti; b) adozione di decisioni; c) attuazione delle decisioni prese; d) effettuazione delle verifiche.
L’Amministrazione deve, inoltre, dare luogo alla fondamentale misura della formazione dei dipendenti per garantire che sia acquisita da parte degli stessi la qualità delle competenze professionali e trasversali necessarie per dare alla rotazione in senso stretto».