L’uso dei parcheggi a standard non può essere limitato, anche temporaneamente, a favore del privato attuatore dell’intervento di trasformazione urbana.
La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5372 del 13 settembre 2018, interviene nel chiarire i criteri di utilizzo dei parcheggi realizzati a scomputo oneri, definiti opere di urbanizzazione primaria rientranti nei c.d. “beni pubblici a fruizione collettiva”, con diritto di uso o di servitù di fonte pubblicistica a favore della collettività.
Il quadro fattuale si muove all’interno di un Piano particolareggiato di iniziativa pubblica, preordinato alla realizzazione di edifici da destinare ad attività di commercio all’ingrosso ed assimilabili, mediante l’attuazione di una convenzione da stipularsi tra soggetto attuatore e civica Amministrazione, onde assicurare le urbanizzazioni ed il rispetto degli standard urbanistici di legge (ex D.M. 2 aprile 1968, n. 1444), con la realizzazione (tra le opere di urbanizzazione primaria a scomputo) di “parcheggi pubblici funzionali”.
Al termine delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, l’Amministrazione comunale aveva rappresentato l’esigenza (in base ad un provvedimento regolatorio) che le aree di parcheggio – in quanto pretesamente asservite all’utilizzo pubblico, senza limitazioni temporali di sorta – venissero rese accessibili in maniera continuativa alla cittadinanza, rimuovendo gli impedimenti ostativi al libero uso pubblico (e – segnatamente – le realizzate opere di recinzione e l’installazione di cancelli ai varchi di accesso, con esposizione dei cartelli di proprietà privata): beni (formalmente) privati gravati da uso pubblico generale.
Si consentiva, tuttavia, l’installazione di una sbarra telecomandata in corrispondenza dell’accesso all’area parcheggio per ragioni di ordine pubblico ed essenzialmente per evitare la fruizione delle aree per usi impropri nelle ore notturne, o as needed dell’Amministrazione, in occasione di eventi, manifestazioni, ricorrenze o per ulteriori necessità.
Il soggetto attuatore proponeva ricorso in appello, ritenendo che il vincolo di destinazione ad uso pubblico operasse solo durante gli orari di apertura delle attività commerciali (o a loro vantaggio), stante l’asserita (in convenzione) natura privata dei parcheggi realizzati a parziale scomputo degli oneri di urbanizzazione e a titolo di urbanizzazione primaria.
Il primo giudice, sulla base del contenuto negoziale della convenzione, ha ritenuto che:
- i parcheggi inclusi tra le opere di urbanizzazione primaria rientrassero nei c.d. ‘beni pubblici a fruizione collettiva’;
- il mero regime formale di appartenenza (pubblico o privato) non dovesse ritenersi rilevante, in presenza di un diritto di uso o di servitù di fonte pubblicistica a favore della collettività, non suscettibile ex se di frazionamento o di delimitazione al di fuori dei casi espressamente previsti dal titolo pubblico costitutivo (del tutto indifferente alla fruizione degli esercizi commerciali), soprattutto ove si tratti di parcheggi integrativi degli standard urbanistici obbligatori;
- il costo di realizzazione – in correlazione allo scomputo (sia pure non integrale) dagli oneri di urbanizzazione – avesse, per tal via, inciso sulle risorse pubbliche (e, dunque, sulla collettività insediata sul territorio, che ne aveva sopportato indirettamente il costo ricevendone, in corrispettivo, il diritto – pubblico o civico – all’utilizzazione);
- la qualificazione in termini di parcheggi (meramente) funzionali non significasse un uso “esclusivo” (concreto) a favore delle attività commerciali esercitate nei fabbricati assentiti, ma la loro correlazione (in astratto) a determinati interventi sull’assetto urbano (supermercati, opifici commerciali, impianti sportivi) con evidente finalità collettiva (regime tipizzato delle infrastrutture pubbliche).
Il Giudice di appello, richiamando la disciplina regionale di riferimento e la natura dei parcheggi (opere di urbanizzazione), conferma il pronunciamento del Giudice di prime cure, sul presupposto che pur essendo privati non risultano funzionali e asserviti ai soli interessi dell’intervento edilizio assentito.
Le motivazioni vanno inquadrate, in un primo vaglio, nella classificazione della nozione di “opere di urbanizzazione”:
- sul piano normativo, la determinazione del contributo di concessione edilizia fa rientrare i parcheggi tra “opere di urbanizzazione primaria”, come tali preordinate a garantire l’accessibilità e la fruibilità delle aree oggetto di intervento edilizio, senza limitazioni di orario o in coincidenza con l’orario di apertura degli esercizi commerciali;
- in generale, con il termine “opere di urbanizzazione” si indica l’insieme delle attrezzature necessarie a rendere una porzione di territorio idonea all’uso insediativo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti: “urbanizzare” un territorio significa, in effetti, realizzare le opere necessarie affinché esso possa ospitare un insediamento, abitativo o produttivo;
- nell’espansione urbana, la costruzione di nuovi edifici è, quindi, sempre accompagnata dalla realizzazione di attrezzature, capaci di garantire l’uso futuro degli edifici stessi e la vita di relazione degli abitanti (viene descritto il percorso storico del termine, collegato, in origine, alle “grandi trasformazioni” che il territorio “naturale” subiva a causa del processo di espansione fisica della città; nell’attuale fase di sviluppo urbano, concentrato sul recupero dei “vuoti urbani” e sulla riqualificazione delle periferie);
- le “opere di urbanizzazione” pur suddividendosi in “primarie (tecnologiche), secondarie (o sociale) e generali” sono tutte comunque indispensabili e tra loro complementari, per rendere edificabile e insediabile un’area (ad es. il rilascio del permesso di costruire è, infatti, sempre subordinato «alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria, o alla previsione da parte del Comune della realizzazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso», ex 12 del T.U. dell’edilizia, D.P.R. n. 380/2001);
- in funzione della qualificazione che apportano al territorio, le opere di “urbanizzazione primaria e secondaria” vengono anche denominate, rispettivamente, “opere a standard tecnico” ed “opere a standard sociale”, subendo nel corso del tempo diverse integrazioni qualificatorie (la prima con la Legge n. 847/1964, successivamente con la Legge n. 865/1971, nel 1988 con la Legge finanziaria 67/1988, più recentemente, infine, il T.U. in materia di edilizia D.P.R. 380/2001);
- le “opere di urbanizzazione primaria e secondaria”, alla luce delle diverse integrazioni di legge, comprendono gli spazi di sosta o di parcheggio (anche i parcheggi pertinenziali sono individuati quali opere di urbanizzazione, TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 20 novembre 2017, n. 751);
- le “opere di urbanizzazione generale”, seppur non definite nello specifico da alcuna normativa statale, comprendono tutte le attrezzature di livello superiore, a scala urbana e territoriale, non incluse nel precedente elenco, necessarie a soddisfare bacini di utenza più ampi di quelli locali.
Un secondo inquadramento concerne le competenze dell’Amministrazione civica sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione e sulla titolarità (destinazione) finale:
- la realizzazione delle opere di urbanizzazione rientra nelle attribuzioni di regola dell’Amministrazione comunale, mentre ai privati abilitati all’esercizio dello jus aedificandi compete la mera corresponsione di un “contributo” economico commisurato (oltreché al costo di costruzione) alla “incidenza” dell’iniziativa edificatoria sulle necessarie e realizzande attrezzature, a sua volta parametrata – inter alia alle necessità di rispetto degli standard urbanistici (cfr. art. 16, comma 4, lett. d) del T.U. n. 380/2001);
- l’esonero o lo scomputo degli oneri dovuti che può rimontare agli assetti convenzionali è – in ogni caso – correlato alla generale fruizione collettiva, sia pure nel quadro di una specifica destinazione funzionale (caso di specie, a servizio degli esercizi commerciali);
- la P.A., non può autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate delle aree destinate a parcheggio, giacché l’osservanza della norma costituisce condizione di legittimità del titolo edilizio, spettando esclusivamente alla stessa P.A. l’accertamento della conformità degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della idoneità a parcheggio delle aree (Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 2014, n. 5444);
- rientra nelle facoltà del Comune quella di concordare con il costruttore (con assunzione di apposito impegno risultante dal permesso di costruire, da apposita convenzione od atto unilaterale, con specifica indicazione delle relative modalità e garanzie) l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione (prefigurandosi, in tale eventualità, il correlativo “scomputo totale o parziale” della quota di oneri di costruzione dovuta, ex 16, comma 2 del T.U. cit.);
- nella ipotesi ordinaria le opere realizzate rientrano de plano tra i beni pubblici (“al patrimonio indisponibile del comune”) a cura e spese di privato, essendo finalizzate alla fruizione collettiva indifferenziata ed alla soddisfazione di bisogni generali;
- il “fine collettivo” non appare contraddetto dalla sussistenza di specifici e concreti “vincoli funzionali o pertinenziali” a beneficio di alcuni soggetti o attività, non potendo togliere o comprimere la natura di “opera di urbanizzazione” dei parcheggi, anche se asserviti ad un singolo intervento edilizio o con precise modalità di fruizione o definito in concreto e volta per volta dal titolo convenzionale;
- la rivendicazione di un uso riservato (nelle ore di chiusura degli esercizi commerciali) non può rientrare sia nella logica dominicale (che esclude la proprietà privata delle aree), sia da quella funzionale (che preclude la sottrazione all’uso generale delle opere di urbanizzazione, specie nei casi in cui i parcheggi risultano realizzati a soddisfazione dei necessari standard urbanistici imposti dalla legge, anche qualora pienamente soddisfatti).
Si comprende, riflettendo, che l’Amministrazione deve verificare la dimensione dei parcheggi in presenza di un intervento edilizio (specie di nuovo insediamento) e assicurare il corretto beneficio per l’intera collettività, seppure la realizzazione dei posti auto sia dimensionato con il nuovo carico urbano; sicché risulta legittimo il diniego di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un edificio condominiale motivato con riferimento alla inadeguatezza del numero dei posti auto rispetto al carico urbanistico dell’edificio in progetto, nel caso in cui, a seguito di apposita verificazione, sia risultato che l’estensione totale dell’area destinata ai posti macchina ammonti ad un numero di metri quadrati inferiore a quello effettivamente occorrente in aderenza alla normativa, a nulla rilevando, nell’ambito di tale conteggio, la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2013, n. 2916).
Dalle considerazioni che precedono il Consiglio di Stato conferma il pronunciamento di prima istanza, rilevando che:
- un’opera è o può essere di urbanizzazione primaria anche se totalmente ed esclusivamente privata e sottratta a qualsivoglia uso pubblico, atteso che in sostanza, l’essere opera di urbanizzazione nulla dice né quanto alla proprietà, né quanto all’uso;
- i parcheggi pubblici sono standard urbanistici imposti dalla legge per mitigare il carico insediativo degli interventi edificatori aventi impatto sul territorio, che i Comuni devono pretendere e conseguire in sede convenzionale, regolandone poi l’uso nell’interesse della collettività, con un normale libero accesso al pubblico;
- gli spazi a parcheggio che per legge debbono essere destinati a soddisfare gli standard, di cui al D.M. 1444 cit., debbono ritenersi asserviti all’uso generalizzato da parte della collettività indistinta degli utenti e non all’uso limitato dei soli utenti dell’unità immobiliare in relazione alla quale è sorto l’obbligo della dotazione dello standard in questione (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre 2006, n. 73402);
- la proprietà del bene è indifferente rispetto alla destinazione funzionale delle opere a parcheggio;
- gli spazi a parcheggio, concretanti opere di urbanizzazione, vanno ritenuti per definizione “pubblici” o, appunto, “comuni”, palesandosi abusiva ed illecita la pretesa di una fruizione riservata e limitata proprio in ragione della loro funzionalità al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività e che – per tale loro destinazione alla realizzazione dello stato sociale – devono ritenersi “comuni”, prescindendo dal titolo di proprietà, risultando così recessivo l’aspetto dominicale a fronte di quello della funzionalità del bene rispetto ad interessi della collettività (Cass. Civ., sez. un., 14 febbraio 2011, n. 3665).
L’intera vicenda porta a ritenere che la realizzazione di parcheggi, se rientranti negli standard urbanistici, indipendentemente dalla titolarità del sedime o dalla loro collocazione a servizio di determinati esercizi commerciali, non possono essere sottratti alla loro destinazione naturale di uso indistinto a beneficio della collettività non potendo il privato limitarne l’uso esclusivo a proprio favore, anche con l’apposizione di sbarre o cartelli “ad uso privato o per i clienti”.