La quarta sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 51 del 14 gennaio 2019, interviene per chiarire i limiti del diritto di accesso civico in ambito contrattuale.
Il ricorso verteva contro il provvedimento di accoglimento dell’istanza di accesso civico generalizzato (presentato da un’associazione di promozione sociale) da parte del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) in sede di riesame e da parte del Responsabile del Procedimento, oltre alla richiesta del risarcimento dei danni patiti e patiendi, relativamente all’offerta tecnica presentata dal ricorrente (società cooperativa sociale) in sede di gara.
L’aggiudicataria ricorrente chiede l’annullamento dell’atto dell’Amministrazione di accoglimento dell’istanza ostensiva, rilevando che la richiedente associazione non aveva nemmeno partecipato alla gara, precisando che l’istanza integra un’ipotesi di abuso del diritto.
L’Amministrazione resistente eccepiva la genericità della opposizione all’accesso civico, a fronte della primazia attribuita dalla legge al principio della trasparenza (ex D.Lgs. n. 33/2013, c.d. decreto Trasparenza).
In fatto, la sez. prendeva atto che nelle more l’Amministrazione aveva acconsentito all’accesso civico, ostendendo i documenti richiesti che, conseguentemente, in capo alla ricorrente residua solo l’interesse alla decisione della domanda risarcitoria.
Il giudice in prime cure annota subito:
- l’articolo 50 del D.Lgs. n. 33/2013, prevede che tutte le controversie relative agli obblighi di trasparenza dell’Amministrazione sono assoggettate al rito del Codice del processo amministrativo;
- l’articolo 52 del medesimo D.Lgs. n. 33/2013, estende la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo alle controversie derivanti dalla violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa.
Ne consegue che dal quadro normativo, e in applicazione del principio di concentrazione della tutela, spetta al Giudice amministrativo conoscere ogni controversia che origini dall’applicazione del D.Lgs. n. 33/2013, sia che:
- si discuta del diniego di accesso civico che di accoglimento della domanda;
- il ricorrente svolga azione caducatoria o svolga azione risarcitoria.
Ciò posto, rileva per tabulas che:
- l’Amministrazione ha accolto l’istanza di accesso agli atti;
- la ricorrente ha chiesto all’Amministrazione il riesame, ai sensi dell’art. 5, comma 9, D.Lgs. n. 33/2013, della propria decisione;
- l’Amministrazione ha rigettato la suvvista istanza di riesame;
- il ricorso è tempestivo e i termini decadenziali di esercizio dell’azione, ex articolo 116 Cod. proc. amm., decorre dall’esaurimento dei rimedi interni, normativamente previsti;
- il diniego di riesame è atto confermativo proprio dell’originario accoglimento dell’istanza di accesso civico, come tale esso è autonomamente lesivo e immediatamente impugnabile (ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 3867/2018);
- la domanda di annullamento dell’accoglimento dell’istanza di accesso civico, pertanto, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che i documenti richiesti sono già stati ostesi.
Sul punto, va rilevato che:
- il RPCT ha il compito di analizzare l’eventuale riesame (interno) nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta in materia di accesso civico, per consentire di avere una risposta chiara e motivata e per offrire allo stesso una opportunità di tutela più rapida e poco dispendiosa (cfr. A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5901);
- l’accesso civico generalizzato è consentito al terzo che non ha partecipato alla procedura di gara, atteso che la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di accesso ai documenti (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 45, in senso contrario T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, sentenza n. 197/2018 e T.A.R. Marche, sez. I, sentenza n. 677/2018).
La “trasparenza”, attinente all’accesso civico generalizzato esige “condizioni, modalità o limiti”, che trovano riscontro sia nell’art. 1 e 53 del Codice dei contratti pubblici che nella disciplina del D.Lgs. n. 33/2013, stabilendo che la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la sostanziale vanificazione dell’intendimento del Legislatore di garantirne gli effetti, secondo il modello FOIA (acronimo del Freedom of Information Act).
Sulla domanda risarcitoria il Tribunale si pronuncia nel merito:
- con riferimento alla responsabilità da atto amministrativo illegittimo aderisce alla ricostruzione dommatica che riconduce la responsabilità dell’Amministrazione ad un genere speciale, reputando insoddisfacente il paradigma, preferito dalla giurisprudenza maggioritaria, della responsabilità extracontrattuale (cfr. ex plurimis, sentenza n. 617/2018 della Sezione seconda);
- affinché sorga un obbligo risarcitorio in capo all’Amministrazione che agisce iure imperii, sia necessario che si verifichi un danno ingiusto alla posizione giuridica soggettiva di cui è titolare colui che ha azionato la tutela risarcitoria (cfr., sentenza n. 650/2016 della Sezione terza del T.A.R. Milano, sentenza n. 3058/2017 del Consiglio di Stato);
- il danno ingiusto va dimostrato sia sotto il profilo dell’esistenza, sia sotto il profilo dell’ammontare, di talché in mancanza di idonea allegazione e di prova da parte di colui che assume di essere stato danneggiato nessun risarcimento può essere accordato (cfr., Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 2177/2015).
La ricorrente non ha dimostrato il danno (il c.d. onere probatorio) limitandosi a prospettare un generico danno patrimoniale, derivante dall’utilizzazione economica da parte dei concorrenti delle informazioni pretesamente riservate contenute nei documenti ostesi, e un ancor più generico danno non patrimoniale, derivante alla propria reputazione imprenditoriale, quale conseguenza della divulgazione di dette informazioni: l’istanza non può essere accolta e va inevitabilmente respinta.
Nemmeno può essere invocata la liquidazione equitativa del Giudice che ha natura sussidiaria e non sostitutiva dell’onere di allegazione e prova della parte: essa interviene laddove l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta dei danni patiti dal danneggiato dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza di questi nell’adempiere all’onere su di esso incombente (cfr., ex multis, Cass., sez. VI, sentenza n. 7635/2015).
Si deve concludere, allora, che l’eventuale illegittimo accesso agli atti, mediante accesso civico generalizzato operato dall’Amministrazione, in assenza di una prova di danno reale rende del tutto superflua ogni decisione sulla condotta assunta.
In termini diversi, l’accesso civico generalizzato da una parte, può trovare cittadinanza anche nelle procedure di gara, anche da parte di coloro che non partecipano alla competizione, dall’altra parte, l’eventuale accesso civico illegittimo in presenza di un’opposizione non può essere ristorato senza la prova dei danni subiti, prova che deve essere documentata e dimostrata in sede di ricorso.
Nel caso di specie, la domanda caducatoria è stata dichiarata improcedibile, mentre la domanda risarcitoria è stata respinta, con la soccombenza delle spese di giudizio.