La prima sez. del T.A.R. Veneto, con la sentenza n. 180 del 7 febbraio 2019, interviene per affermare la piena legittimità della scelta del criterio del prezzo più basso per l’appalto del servizio di trasporto pubblico locale (settore urbano ed extraurbano), trattandosi di un servizio con caratteristiche ripetitive ed altamente standardizzate, privo di originalità e di discrezionalità nel modus operandi degli esecutori.
La questione verte sulla determinazione del criterio di aggiudicazione prescelto del prezzo (kilometrico) più basso per l’affidamento di tutti i lotti del servizio di trasporto pubblico locale, di cui all’art. 95, comma 4, lett. b), del D.Lgs. 50/16: «per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato»; inoltre, il costo della manodopera superava il 50% del costo complessivo del T.P.L. oggetto di gara.
La parte ricorrente richiedeva formale istanza alla stazione appaltante affinché quest’ultima esercitasse i propri poteri di autotutela, annullando il bando di gara e provvedendo a nuova indizione della gara in conformità all’art. 95, comma 3, del D.Lgs. n. 50/2016, con il «criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo»; istanza ricusata in quanto le censure venivano ritenute infondate.
Si richiedeva l’annullamento del bando di gara nella parte in cui ha applicato per aggiudicare «un servizio ad alta intensità di manodopera» il criterio di cui al comma 4, anziché il criterio di cui al comma 3, dell’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016, rilevando che «i servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto», ex periodo finale dell’art. 51, comma 1 del Codice dei contratti pubblici, violando una precisa gerarchia sancita dal cit. art. 95, fra il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (O.E.P.V.) e quello del prezzo più basso[1].
La Sezione, in via preliminare annota:
- il ricorrente che ha legittimamente partecipato ad una pubblica gara può far valere tanto un interesse “finale” al conseguimento dell’appalto affidato al controinteressato quanto, in via alternativa e di regola subordinata, un interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione, a condizione che sussistano, in concreto, ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità attesa, non richiedendo di dimostrare gli effetti di un diverso sistema di aggiudicazione, costituendo una inammissibile probatio diabolica[2];
- anche nel diverso ambito delle controversie relative alla contestazione dei risultati di un concorso pubblico o selezione pubblica, pur non potendo prescindersi – ai fini della verifica dell’interesse al ricorso – dalla c.d. prova di resistenza, non è richiesta in caso di contestazione dei criteri di valutazione, non essendo prevedibili il contenuto e le conseguenze delle determinazioni a seguito della sentenza che annulli i criteri censurati[3].
Sul merito, il Tribunale di prime cure provvede in prima cesura all’analisi giuridica dell’art. 95 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56, rilevando la manifesta preferenza delle direttive e della legge delega per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (c.d. ordinaria preferenza)[4], soffermandosi sulla distinzione dei criteri di aggiudicazione:
- esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo; fra questi, i contratti relativi ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all’articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a);
- possibilità di utilizzo del criterio del minor prezzo per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, nonché per i servizi e le forniture di importo fino a 40.000 euro, nonché per i servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro e sino alla soglia di cui all’articolo 35 solo se caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo.
La prevalenza del criterio dell’offerta economicamente vantaggiosa è posta nel timore che una competizione basata unicamente sul prezzo possa determinare “esternalità negative”, quali l’impiego di manovalanza non specializzata, di prodotti a basso costo, di minor qualità del servizio reso all’Amministrazione, scaricando sulla collettività il costo in termini di inquinamento, abbassamento del tenore di vita dei lavoratori, mancato sviluppo delle imprese di settore[5].
Fatte queste premesse, il Tribunale passa in rassegna il quadro giurisprudenziale sul criterio di scelta dell’aggiudicazione che presenta due filoni interpretativi distinti, aderendo a quello minoritario e aggiungendo ulteriori valutazioni a sostegno dell’orientamento seguito.
Il primo quadro interpretativo maggioritario si distingue per i seguenti pronunciamenti:
- il rapporto tra casi di esclusivo utilizzo del criterio “dell’offerta economicamente più vantaggiosa” (ex 95, comma 3, Codice dei contratti pubblici) e i casi di possibile utilizzo del criterio “del minor prezzo” (art. cit., comma 4) è di «specie a genere»: nell’ipotesi del comma 3 non vi sono deroghe trattandosi di un obbligo speciale;
- tale soluzione è in linea con i criteri direttivi dettati dal legislatore delegante (ex 1, comma 1, lett. gg), della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11) ove si dispone che ai servizi “ad alta intensità di manodopera” l’aggiudicazione debba avvenire «esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lettera ff), escludendo in ogni caso l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta»[6];
- fermo il rapporto regola-eccezione intercorrente tra i commi 2 e 4 del cit. art. 95, il comma 3, del cit. art. 95 ha introdotto una previsione ulteriormente derogatoria, nel senso che per i casi ivi indicati non sarebbe mai possibile utilizzare il criterio del “minor prezzo”, non risultando, al contrario, una mera specificazione del comma 2 (in punto di metodiche di aggiudicazione), non risultando, di conseguenza, derogabile nelle ipotesi del comma 4: l’unica interpretazione ammissibile, perché costituzionalmente orientata (sì da evitare ipotizzabili profili di eccesso di delega), delle previsioni in esame appare essere quella che assegna portata autonoma, e natura inderogabile, al comma 3 del cit. art. 95[7];
- più di recente è stato evidenziato che non si può ipotizzare una discrezionalità dell’Amministrazione, attesa l’anodina formulazione della disposizione normativa che indica, con l’uso del modo indicativo, un obbligo cogente[8].
Occorre appuntare che il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza non definitiva 5 febbraio 2019, n. 882, ha sottoposto all’attenzione dell’Adunanza Plenaria la questione volta a chiarire se «il rapporto, nell’ambito dell’art. 95, tra il comma 3 lettera a (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali, quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 lettera b (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali quello dei servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato), vada incondizionatamente declinato nei termini di specie a genere, con la conseguenza per cui, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3, debba ritenersi, comunque, predicabile un obbligo cogente ed inderogabile di adozione del criterio dell’o.e.p.v.».
Il secondo quadro interpretativo riscostruisce le prescrizioni dei commi 3 e 4, del cit. art. 95, come di un rapporto di “complementarietà”[9], in un sistema in cui il criterio di aggiudicazione “dell’offerta economicamente più vantaggiosa” è quello che la stazione appaltante deve di regola seguire, il comma 3, con una possibilità di deroga al sistema delineato dai commi 2 e 3 dal successivo comma 4, ammettendo il criterio del “minor prezzo” in una serie di casi indicati.
Ne consegue, secondo questa costruzione ermeneutica, che qualora siano presenti nell’appalto entrambe le caratteristiche dei commi 3 e 4, la previsione di esclusività del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa cede il passo alla possibilità di aggiudicare l’appalto al massimo ribasso.
In questo senso, seppure sia presente nella legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 e nel Codice dei Contratti pubblici, sulla scia delle direttive del 2014, una tendenziale preferenza per l’aggiudicazione tramite il ricorso al criterio “dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, tuttavia il cit. art. 95, comma 4, lett. b), espressamente consente, in via di eccezione, che «per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato» possa farsi l’applicazione del criterio del “minor prezzo”: non vi è alcuna reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate, né di una valutazione della qualità dell’esecuzione, in quanto questa viene fissata inderogabilmente a priori dal committente nell’allegato tecnico (c.d. standard puntuali): l’unica differenziazione si sostanzia nel “minor prezzo”[10].
Ciò posto, il T.A.R. Veneto, aderendo alla cit. seconda ricostruzione, precisa che l’impiego dell’avverbio “esclusivamente” nel comma 3 dell’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016 non può esteso al punto da elidere (interpretatio abrogans) gli effetti del comma 4, quando vi sia una coesistenza di elementi di entrambi i commi, quanto semmai consentire all’Amministrazione di apprezzare l’utilizzo nel caso concreto del criterio del minor prezzo, avendo il legislatore – verosimilmente- confezionato il testo normativo a «tipologie astratte e stereotipate di contratti aventi però connotazione omogenea, senza considerare la possibilità che il singolo contratto può riunire in sé una pluralità di caratteristiche (ad. es. essere ad alta intensità di manodopera e standardizzato allo stesso tempo) e, dunque, risultare a connotazione eterogenea».
In effetti, il comma 5 soccorre e sostiene la scelta effettuata del comma 4, dovendo la stazione appaltante motivare (ex art. 3 della Legge n. 241/1990) il criterio del “minor prezzo” per selezionare la migliore offerta, con il presidio del controllo giurisdizionale sulla scelta in concreto assunta dall’Amministrazione, sì da consentire lo scrutinio di legittimità in caso di contestazione del criterio adottato.
Si deve concludere con la seguente massima: in presenza di prestazioni aventi caratteristiche altamente standardizzate è legittimo il criterio del minor prezzo «ove non solo dalla motivazione ma anche dagli atti di gara emerga evidente la standardizzazione delle prestazioni richieste dalla lex specialis della stessa gara».
Alla luce dell’analisi effettuata, è giusto evidenziare che il RUP dovrà negli atti di gara, ovvero, più correttamente, dovrà essere rappresentato nei capitolati un grado di dettaglio delle prestazioni tale da giustificare all’evidenza la “standardizzazione” della prestazione (obbligazione) negoziale (il costo kilometrico): individuare con un elevato grado di precisione, descrizione e valutazione le caratteristiche e gli standard tecnici[11].
Accanto a questo onere descrittivo, si dovrà seguire un percorso motivazionale dell’utilizzo del criterio del “prezzo più basso”, idoneo a consentire di comprendere le ragioni che hanno portato la stazione appaltante a considerare “standardizzato” un determinato servizio, in conformità a quanto previsto, rispettivamente, dalle specifiche prestazioni contenute nel capitolato e dall’art. 95, comma 4 e 5 del D.Lgs. n. 50/2016; richiamando anche le indicazioni od orientamenti formatesi (ove esistenti) sulle caratteristiche di standardizzazione e di ripetitività indicate dal mercato, attribuendo carattere dirimente alla prestazione esigibile e desumibile nel cit. capitolato.
In termini diversi, la prevalenza e dimostrazione delle caratteristiche di “standardizzazione” (e di ripetitività), anche rispetto agli elementi della manodopera e dell’aspetto tecnologico, qualora presenti nello svolgimento del servizio; elementi quest’ultimi che si pongono comunque quali voci inferiori, essendo l’elemento prevalente e determinante (si ribadisce) rappresentato dal servizio avente caratteristiche “fisse e standard”[12].
In attesa del pronunciamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio, non sfugge che l’elemento della “standardizzazione” può effettivamente comprendere delle ipotesi che, seppure caratterizzati dall’alta intensità di manodopera, si prestano al “minor prezzo” pur presentando elementi comuni dell’O.E.P.V.: nel senso di ammettere in presenza di entrambe le caratteristiche (dei commi 3 e 4) una prevalenza – pratica – giustificabile della selezione solo sul prezzo.
La sentenza del T.A.R. Veneto, sez. I, 7 febbraio 2019, n. 180 prosegue poi con ulteriori analisi sull’asserita mancata “congrua motivazione” del “minor prezzo” (come imposto dall’ANAC, con Linee Guida n. 2, delibera 21 settembre 2016, n. 1005), rilevando in realtà l’ampia dimostrazione – dai documenti di gara – di aver assolto a tale onere.
Prima di giungere all’infondatezza del citato gravame annota sull’onere motivazionale:
- in via generale, la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo è quella di consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico-giuridico attraverso cui l’Amministrazione si è determinata ad adottare un atto, al fine di controllare il corretto esercizio del potere, onde far valere, eventualmente, le proprie ragioni, non potendo argomentare con motivazioni generiche o tautologiche;
- l’Autorità emanante deve porre il destinatario dell’atto amministrativo in condizione di conoscere le ragioni ad esso sottese;
- l’assolvimento del predetto obbligo è un aspetto dell’atto amministrativo che va valutato caso per caso, nel senso che non è possibile definire uno schema rigido, fisso ed immutabile, adottando il quale può dirsi assolto da parte dell’Amministrazione l’onere della motivazione;
- la profondità dell’impianto motivazionale varia in ragione del variare degli effetti dell’atto, dei suoi destinatari, dell’incidenza dell’interesse pubblico perseguito sugli interessi privati et similia[13].
Si completa l’enunciazione dalla prova del livello di dettaglio dei documenti tecnici di gara, osservando, inoltre, che le Linee Guida cit. sono del tutto ininfluenti, in quanto, l’art. 95 del D.Lgs. 50/2016 non prevede un onere motivazionale “rafforzato” in capo alla stazione appaltante, dando atto che nella specie non è stato dedotto alcun elemento specifico da cui si possa dedurre che attraverso il criterio del minor prezzo la stazione appaltante abbia voluto avvantaggiare un determinato operatore economico[14].
A margine, si segnala per rilevanza processuale, che:
- è inammissibile per difetto di interesse il ricorso dell’impresa terza classificata nella graduatoria finale di una gara d’appalto, qualora essa abbia lamentato l’anomalia soltanto dell’offerta dell’aggiudicataria e non anche dell’offerta dell’impresa collocatasi al secondo posto in graduatoria[15];
- in ordine alla individuazione delle condizioni per valutare la sussistenza dell’interesse a ricorrere della terza graduata in una procedura di gara, la giurisprudenza ha evidenziato che l’utilità che essa ricorrente tiene a conseguire, sia essa finale o strumentale, deve derivare in via immediata e secondo criteri di regolarità causale dall’accoglimento del ricorso e non già in via mediata da eventi incerti e potenziali, quali l’esito negativo di una verifica di anomalia (tale circostanza costituisce, infatti, una mera eventualità)[16];
- l’utilità o bene della vita cui aspira il ricorrente deve porsi in rapporto di prossimità, regolarità ed immediatezza causale rispetto alla domanda di annullamento proposta e non restare subordinata ad eventi solo potenziali e incerti[17].
[1] Cfr. Linee Guida n. 2 ANAC, delibera 21 settembre 2016, n. 1005.
[2] Cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 21 giugno 2018, n. 673.
[3] Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2013, n. 6194; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 28 novembre 2014, n. 11955; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 8 luglio 2010, n. 2918.
[4] Cfr. Cons. Stato, Comm. Spec., 1 aprile 2016, n. 855.
[5] T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 4 maggio 2018, n. 5023.
[6] Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014, T.A.R. Liguria, sez. II, 21 novembre 2018, n. 908; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 30 luglio 2018, n. 1872; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 20 aprile 2018, n. 434; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 19 febbraio 2018, n. 389.
[7] T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 13 dicembre 2016, n. 12439.
[8] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14 e 30 luglio 2014, n. 16; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 19 dicembre 2018, n. 2450.
[9] Cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 13 gennaio 2017, n. 30, richiamata in senso adesivo da T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 25 febbraio 2017, n. 166 e da T.A.R. Veneto, sez. III, 13 novembre 2017, n. 1025.
[10] Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609.
[11] T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 783.
[12] T.A.R. Toscana, sez. I, 19 dicembre 2018, n. 1666.
[13] Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; T.A.R. Veneto, sez. I, 5 settembre 2018, n. 878; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 6 maggio 2015, n. 1083.
[14] Cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 21 giugno 2018, n. 673; T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45.
[15] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 3 febbraio 2014, n. 8; Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2014, n. 4986; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 19 gennaio 2018, n. 663; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 2 luglio 2015, n. 1592.
[16] Cons. Stato, sez. VI, 2 aprile 2012, n. 1941; Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2007, n. 587.
[17] Cons. Stato, Ad. Plen., 3 febbraio 2014, n. 8; Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4871; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 15 maggio 2017, n. 1063; T.A.R. Basilicata, sez. I, 7 febbraio 2017, n. 142; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 24 gennaio 2017, n. 35; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 22 aprile 2016, n. 791.