In via generale, spetta il risarcimento danni all’operatore economico che viene illegittimamente escluso da una procedura di gara (c.d. perdita di chance)[1], qualora dimostri (fornisca prova), anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto[2].
Inoltre, l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto può rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale (c.d. danno curriculare), da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare[3].
Indubbio, allora la circostanza che il cattivo o mancato esercizio doveroso del potere, qualora ne sia derivato un danno a terzi, legittima l’interessato danneggiato a pretendere il risarcimento, a norma dell’art. 2043 c.c., atteso che la tutela aquiliana è invocabile per la lesione non soltanto di diritti soggettivi, ma anche di interessi legittimi, o più in generale di interessi ad un bene della vita che risultino, comunque, meritevoli di protezione alla luce dell’ordinamento positivo[4].
Con l’ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4889, la Corte di Cassazione, SS.UU., è intervenuta a riconoscere il risarcimento danni ad un cittadino, ex art. 2043 c.c., a causa della mancata vigilanza del Comune sulla corretta realizzazione di un fabbricato, omettendo la dovuta vigilanza circa il rispetto delle prescrizioni edilizie/urbanistiche, statuendo la giurisdizione del A.G.O.
Non è superfluo ricordare che alla cognizione del Giudice Amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – sono attribuite le domande di risarcimento del danno che si ponga in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio (o con il mancato esercizio) del potere pubblico, mentre resta riservato al Giudice Ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da “comportamenti” della P.A. che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere[5].
Va, quindi, fatta attenzione a ciò che viene posto a fondamento della domanda da parte dell’attore che non è la mancata adozione di provvedimenti amministrativi discrezionali, ma il comportamento materiale dell’Amministrazione comunale, consistente nella mancata vigilanza edilizia (che può estendersi anche nella mancata attivazione per la demolizione delle opere asseritamente abusive).
Invero, l’azione di cui agli artt. 31 («Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità») e 117 («Ricorsi avverso il silenzio») del D.Lgs. n. 104/2010 (c.p.a.) è esperibile solo in relazione al mancato svolgimento di un’attività amministrativa rispetto alla quale sussista la giurisdizione del Giudice Amministrativo, restando fuori dal perimetro dell’azione de quo lo svolgimento di attività puramente materiali in cui non v’è neppure una connessione con una previa attività provvedimentale[6].
Si comprende che il rito speciale del silenzio non ha lo scopo di tutelare, come rimedio di carattere generale, la posizione del privato di fronte a qualsiasi tipo di inerzia comportamentale della P.A., bensì quello di apprestare una garanzia avverso il mancato esercizio di potestà pubbliche discrezionali, dal quale non può prescindersi al fine di valutare la compatibilità con l’interesse pubblico di quello sostanziale dedotto dall’interessato: la possibilità di contestare dinanzi al G.A. il silenzio serbato dall’Amministrazione, costituendo uno strumento meramente processuale, non determina un’ulteriore ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A., dovendosi avere riguardo, in ordine al riparto, alla natura della pretesa sostanziale cui si riferisce la dedotta inerzia amministrativa[7].
Ciò posto, il fatto nella sua essenzialità: un privato acquista un appartamento, facendo affidamento (confidando incolpevolmente) sulla conformità a legge ed alla vigente disciplina urbanistica dei relativi titoli abilitativi (permesso di costruire e licenza di abitabilità) e, successivamente, scopre che l’immobile era affetto da svariate irregolarità edilizie ed urbanistiche, tanto gravi da renderlo parzialmente abusivo, inidoneo all’uso ed incommerciabile.
La decisione, nella sua brevità, risulta importante per i principi espressi relativi all’omessa vigilanza in materia edilizia, ai sensi del comma 1 dell’art. 27 «Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia» del D.P.R. n. 380/2001, infatti, «il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi»[8].
Vi è da dire, anche, per l’ovvia contiguità del tema riferito all’obbligazione lavorativa del dipendente pubblico investito di apposita responsabilità, che la mancata o tardiva attività di vigilanza, ovvero, il protratto ritardo nell’emanazione di un provvedimento sanzionatorio in tema edilizio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente[9].
La questione viene affrontata in relazione al riparto di giurisdizione (G.A. o G.O.), affermando, in prima analisi giuridica (per poi giungere al pronunciamento) che l’attrazione (ovvero, la concentrazione) della tutela risarcitoria dinanzi al Giudice Amministrativo può verificarsi soltanto qualora il danno patito dal soggetto sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento che egli ha impugnato, non costituendo il risarcimento del danno ingiusto una materia di giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio[10].
In sintesi, l’attrazione al G.A. deve porre in rilievo una controversia relativa all’esercizio del potere amministrativo, con riferimento ad un provvedimento o con riguardo ad un atto in relazione ad un comportamento mediatamente riconducibile all’esercizio di quel potere decisorio: caso di specie mancante.
La devoluzione al Giudice Amministrativo, oltre che del controllo di legittimità dell’azione amministrativa, anche (ove configurabile) del risarcimento del danno, è giustificabile e risulta funzionale allo scopo di evitare al privato la necessità di instaurare un successivo e separato giudizio innanzi al Giudice Ordinario, con le precisazioni che seguono[11].
In presenza della lesione dell’integrità patrimoniale dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 2043 c.c., rispetto alla quale l’esercizio del potere amministrativo non rilevava in sé, ma per l’efficacia causale del danno-evento da affidamento incolpevole ciò che viene in rilievo non è la legittimità dei titoli abilitativi relativi alla costruzione (peraltro, non impugnati) ma la situazione di diritto soggettivo, rappresentata dalla conservazione dell’integrità del patrimonio che il ricorrente assume esser stata lesa.
In termini diversi, nell’acquisto del bene l’acquirente confidava sull’azione del Comune al regolare svolgimento dell’attività edilizia e alla necessaria vigilanza di esecuzione.
Il negligente ed inerte dovere di controllo, si riflette sull’affidabilità dei provvedimenti edilizi che rilevano solo se ed in quanto idonei a fondare tale affidamento: la tutela risarcitoria non richiede la previa instaurazione di un giudizio innanzi al Giudice Amministrativo che accerti l’illegittimità di atti e comportamenti tenuti dall’Amministrazione: indipendentemente dalla regolarità dei titoli abilitativi.
Si comprende che la parte di giudizio non riguarda i provvedimenti amministrativi e la loro legittimità (argomento del tutto inconferente, anche qualora l’Amministrazione si sia attivata verso il costruttore o il venditore)[12], quanto la condotta mantenuta dall’Amministrazione non come espressione dell’esercizio di un potere (auctoritas), bensì nella sua oggettività a determinare il legittimo affidamento del privato, e così a cagionargli un danno attinente al dominio di un bene, non in regola con la disciplina edilizia ed urbanistica.
La disamina esclude che la domanda dei ricorrenti versi sui titoli edilizi:
- il vantato diritto al risarcimento del danno non concerne, ai sensi del comma 5 dell’appena citato art. 7, c.p.a., un diritto soggettivo riconducibile alle controversie attratte nelle materie di giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, secondo la previsione dell’art. 133 dello stesso codice (anche con riferimento specifico alla materia dell’edilizia di cui alla lett. f);
- neppure può invocarsi la giurisdizione generale di legittimità, di cui al comma 4 dell’art. 7 c.p.a. ed alla disposizione dell’art 30 c.p.a. in tema di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, trattandosi, appunto, di una pura azione aquiliana, per violazione del principio dell’affidamento incolpevole;
- le contestazioni relative alla posizione, di terzietà o meno, rispetto ai titoli abilitativi, al tempo del rilascio dell’agibilità (che si afferma assentita per silentium in epoca successiva all’acquisto), non sono conferenti rispetto alla richiesta di risarcimento danni a carico del Comune.
Escluse le valutazioni sul potere esercitato e sulla legittimità degli atti, vertendo la questione sull’esistenza del danno patito, le SS.UU. della Cass. Civ. con l’ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4889, affermano la giurisdizione del Giudice Ordinario innanzi al quale le parti vanno rimesse per il merito: viene in rilievo, pertanto, la situazione lesa consistente in un comportamento silente e lesivo che non consiste tanto ed esclusivamente nella illegittimità dell’agire della P.A., quanto piuttosto nella violazione del principio generale del neminem laedere.
A margine e a completamento, si rileva che il legittimo affidamento, che abilita una richiesta risarcitoria innanzi al Giudice Ordinario, può fondare anche da un’attività istruttoria ponderata, sviluppatasi in tempi non certamente brevi, né di entità non adeguata rispetto alla possibilità che l’Ufficio tecnico (per poter approfondire ogni problematica eventualmente presente) e dal leale apporto partecipativo del privato ha offerto ad ogni richiesta della P.A.
In tal senso, l’istanza veniva rivolta all’Amministrazione, senza ottenere la positiva conclusione del procedimento edilizio.
La pretesa risarcitoria derivante non già dall’illegittimo esercizio dell’azione amministrativa, bensì:
- da un lato, dall’asserita lesione del (preteso) affidamento incolpevole derivante dalla complessiva azione amministrativa, come in concreto articolatasi (in particolare, dall’iniziale favorevole conclusione dell’istruttoria);
- dall’altro, la lesione del suo patrimonio, che consegue a tale affidamento e alla sopravvenuta “caducazione” dell’iniziale “approvazione” del progetto medesimo[13].
[1] La Corte di Cassazione, SS.UU., con la sentenza n. 500 del 22 luglio 1999 ha ammesso, per la prima volta, in linea teorica la risarcibilità dell’interesse legittimo, anche pretensivo, aprendo la strada al risarcimento danni dall’illegittimità provvedimentale, lesivo della pretesa del singolo ad un’azione pubblica legittima.
[2] T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 11 settembre 2018, n. 528.
[3] T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 28 novembre 2012, n. 9883.
[4] Cass. Civ., SS.UU., ordinanza 16 dicembre 2016, n. 25978.
[5] Cass. Civ., SS.UU., sentenze nn. 11292 e 13568 del 2015.
[6] T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 25 febbraio 2019, n. 1077.
[7] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 28 gennaio 2019, n. 174, idem T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 26 gennaio 2019, n. 75.
[8] È noto che l’attività di vigilanza, e di conseguenza di repressione degli abusi edilizi non costituisce attività discrezionale, ma del tutto vincolata, Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903.
[9] T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 11 febbraio 2019, n. 729.
[10] Cass. Civ., SS.UU., sentenze nn. 6594 – 6596 del 2011; n. 1162 del 2015; n. 17586 del 2015; n. 12799 del 2017; n. 1654 del 2018; n. 33364 del 2018.
[11] Corte Cost., sentenze nn. 292 del 2000 e 281 del 2004.
[12] Il costruttore, qualora responsabile dell’abuso, risulta il legittimo destinatario di un’ordinanza di ripristino e di eliminazione degli abusi, non potendo addurre che l’atto amministrativo non sia stato notificato anche al proprietario incolpevole del bene, Cons. Stato, sez. VI, 11 febbraio 2019, n. 999.
[13] T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 18 febbraio 2019, n. 261.