La trasparenza nella Legge n. 241/1990 riveste una funzione partecipativa (ex art. 10) conoscitiva (ex artt. 22 ss.) dell’azione amministrativa, ed anche come rimedio per il consapevole diritto di difesa dall’esercizio della funzione pubblica, consentendo l’accesso agli atti amministrativi (visione ed estrazione) per la cura di una situazione giuridicamente tutelata (sotto il profilo della legittimazione e dell’interesse).
La trasparenza viene (poi) considerata (o trattata) come una misura di prevenzione della corruzione, secondo gli obblighi del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. Decreto Trasparenza) e delle Linee Guida ANAC 1309 e 1310 del 2016 (importando il modello FOIA) per il “controllo sociale” dell’organizzazione e della spesa pubblica.
Una trasparenza, quella del Decreto Trasparenza, intesa nella sua essenzialità come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorirne forme diffuse del cit. “controllo generalizzato” (in ogni caso strumentale) sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, precipitato diretto della Legge n. 190/2012 (c.d. Legge Severino): legge che affronta il fenomeno pervasivo della corruzione, attribuendo alla stessa un significato più ampio di quello strettamente connesso con il reato (ex artt. 318 e 319 c.p.), sganciata da una logica di stretta sinallagmacità tra la dazione o l’utilità e l’atto d’ufficio, conducendo alla punibilità (vedi, la Legge n. 3/2019, c.d. Spazza corrotti) e alla cura – in via di prevenzione amministrativa – della “vendita della funzione”[1].
Il Codice dei contratti pubblici ingloba la trasparenza tra i principi formanti del sistema negoziale pubblico, non solo per una riduzione della spesa ma anche, e soprattutto, per garantire la concorrenza e l’apertura al mercato dell’impresa (operatore economico): nell’art. 29 del D.Lgs. n. 50/2016 la trasparenza comporta la pubblicazione degli atti e delle procedure di scelta del contraente (comprese le commissioni di gara) sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
La disciplina normativa (anche quella delle società a controllo pubblico, vedi l’art. 22 del D.Lgs. n. 175/2016, obbligate ad assicurare il massimo livello di trasparenza sull’uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, secondo le previsioni del D.Lgs. n. 33/2013) sanziona – a vario titolo e grado – la mancata pubblicazione, anche sotto il profilo della performance individuale, e non solo.
La Delibera ANAC numero 193 del 13 marzo 2019 si sofferma sugli obblighi di pubblicazione del bilancio arboreo, ai sensi dell’art. 3 bis della Legge 29 gennaio 1992, n. 113 «Obbligo per il comune di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica», da parte dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
La profetata norma dopo aver stabilito un obbligo di ciascun Comune di censire e classificare gli alberi piantati, nell’ambito del rispettivo territorio, in aree urbane di proprietà pubblica, dispone che «Due mesi prima della scadenza naturale del mandato, il sindaco rende noto il bilancio arboreo del comune, indicando il rapporto fra il numero degli alberi piantati in aree urbane di proprietà pubblica rispettivamente al principio e al termine del mandato stesso, dando conto dello stato di consistenza e manutenzione delle aree verdi urbane di propria competenza», precisando che nei casi di cui agli articoli 52 (Mozione di sfiducia) e 53 (Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia) del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), «e in ogni ulteriore ipotesi di cessazione anticipata del mandato del sindaco, l’autorità subentrata provvede alla pubblicazione delle informazioni».
Si tratta dalla lettura testuale dell’impianto normativo di un obbligo cogente di informare i cittadini (elettori), nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti (ai sensi dell’art. 1, comma 1 della citata legge), degli adempimenti di dimora degli alberi nel territorio comunale, rilevando che in assenza di «aree idonee per la messa a dimora delle piante possono fare ricorso, nel quadro della pianificazione urbanistica, all’utilizzazione, mediante concessione, di aree appartenenti al demanio dello Stato»: un obbligo da assolvere «entro sei mesi dalla registrazione anagrafica di ogni neonato residente e di ciascun minore adottato», termine che dovrà tenere conto del periodo migliore per la piantumazione, potendo differirla in caso di avversità stagionali o per gravi ragioni di ordine tecnico.
L’ufficio anagrafico comunale dovrà fornire tutte le informazioni circa la tipologia dell’albero, il luogo dove l’albero è stato piantato alla persona che ha richiesto la registrazione anagrafica, con l’ulteriore obbligo da parte del Comune, prima della chiusura del mandato, di pubblicare i risultati dell’attività di piantumazione degli alberi (e delle loro essenze), in aree che avranno destinazione vincolata a «verde pubblico».
La freccia decisionale del legislatore mira a diffondere da una parte, una cultura per la coltura arborea, dall’altra parte, «rendere noto» (alias assicurare la trasparenza) l’attività posta concretamente effettuata nell’assolvere all’obbligo di dimora delle piante (inizio e fine mandato).
L’ANAC è, pertanto, intervenuta a seguito della richiesta del Presidente del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che verteva su tre quesiti:
- sulla possibilità che tale adempimento (eticamente lodevole, di alto valore e sostenibilità ambientale) corrisponda a un obbligo di pubblicazione sul sito web istituzionale dell’Ente locale;
- se a tale eventuale obbligo siano applicabili gli artt. 3 (Pubblicità e diritto alla conoscibilità) e 8 (Decorrenza e durata dell’obbligo di pubblicazione) del D.Lgs. n. 33/2013, a norma dei quali tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente e di utilizzarli;
- le conseguenze (rectius sanzioni) derivanti dall’eventuale omessa pubblicazione del documento in questione.
Inquadrato il perimetro normativo, l’Autorità riferisce che la locuzione, utilizzata dal legislatore, “rende noto” e “provvede alla pubblicazione delle informazioni” corrisponde ad un obbligo posto in capo al sndaco a scadenza naturale del proprio mandato (o successivamente al suo successore ex lege) di provvedere alla pubblicazione con lo scopo dichiarato di assicurare la massima conoscibilità del bilancio arboreo.
La conoscibilità del bilancio arboreo – da parte dei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti – deve, in tutti i casi, essere assicurata con la medesima modalità, ovvero mediante pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale, sottosezione “Informazioni ambientali” prevista all’art. 40 (Pubblicazione e accesso alle informazioni ambientali), comma 2, del D.Lgs. n. 33/2013.
Ai casi di violazione dell’obbligo di pubblicare il bilancio arboreo, si applicano (dispone l’ANAC) le previsioni contenute nel Decreto Trasparenza:
- nell’art. 45, comma 4 secondo cui «Il mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione… costituisce illecito disciplinare» segnalato dell’ANAC all’ufficio dei procedimenti disciplinari «ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare a carico del responsabile della pubblicazione o del dirigente tenuto alla trasmissione delle informazioni» e «ai vertici politici delle amministrazioni, agli OIV e, se del caso, alla Corte dei conti, ai fini dell’attivazione delle altre forme di responsabilità».
- nell’art. 46, secondo cui un inadempimento degli obblighi di pubblicazione costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’Amministrazione ed è comunque valutato ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili, salvo «prova che tale inadempimento è dipeso da causa… non imputabile».
Conclude l’Autorità che il D.Lgs. n. 33/2013 non prevede per la violazione degli obblighi, di cui all’art. 40 del medesimo decreto, ivi incluso il «bilancio arboreo», l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, rimanendo in capo alla stessa ANAC la vigilanza sul rispetto di tale specifico obbligo di pubblicazione.
Va rammentato che tale pronunciamento riprende in toto la Delibera n. 17 della seduta del 28 novembre del soggetto richiedente (Presidente del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) dove si precisava che «l’obbligo per il sindaco a fine mandato (o per le altre figure indicate dalla norma di “rendere noto” il bilancio arboreo, è, a tutti gli effetti, un obbligo di pubblicazione (come chiarisce bene il secondo periodo del comma 2 dell’art. 3 bis) delle informazioni di cui esso deve constare. Trovano dunque applicazione, al riguardo, gli artt. 3 e 8 del d.l.gs. n. 33/2013… In caso di inosservanza, si applicherà di conseguenza l’art. 46 del suindicato d.lgs. n. 33/2013», arrivando ora una sua collocazione tra le fonti del diritto (soft law) e un onere di verifica da parte del Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC), da inserire nei Piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC) nella sez. “Trasparenza”, quale “misura obbligatoria” (anticipando l’attività ispettiva e di vigilanza dell’ANAC) in coincidenza degli eventi temporali divisati dalla legge.
[1] Cfr. Cass. Pen., sez. VI, 7 marzo 2018, n. 26025.