Il Garante per la protezione dei dati personali (doc. web n. 8997418. Registro dei provvedimenti n. 260 del 3 maggio 2018) interviene nel limitare il diritto di accesso civico ai titoli edilizi[1].
È noto che l’art. 5 «Accesso civico a dati e documenti» del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. decreto Trasparenza) stabilisce:
- al primo comma, l’accesso civico (c.d. semplice), inteso come «L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione», ovvero tutto ciò che è previsto dal cit. decreto[2];
- al secondo comma, l’accesso civico generalizzato (denominato anche accesso universale), «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 – bis»[3], rilevando che il diritto di accesso civico generalizzato è escluso nei casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti (vedi, ad es., l’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016 che detta espressamente una disciplina sull’accesso in parte derogatoria rispetto alle ordinarie regole)[4].
Va detto, anche, che l’accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/90)[5] non può essere utilizzato ai fini di un controllo generalizzato dell’azione amministrativa, mentre il diritto di accesso civico generalizzato all’opposto ha lo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche[6] e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
Il Garante, con provvedimento n. 521 del 15 dicembre 2016, contenente «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», formulò proprie valutazioni sul modello FOIA (Freedom of Information Act), affermando che, seppure vi è un prevalente indirizzo all’accesso generalizzato questo non può tradursi «a scapito di altri diritti ugualmente riconosciuti dall’ordinamento (quali, ad esempio, quello alla riservatezza e alla protezione dei dati personali), in quanto in tal modo si vanificherebbe il necessario bilanciamento degli interessi in gioco che richiede un approccio equilibrato nella ponderazione dei diversi diritti coinvolti, tale da evitare che i diritti fondamentali di eventuali controinteressati possano essere gravemente pregiudicati dalla messa a disposizione a terzi – non adeguatamente ponderata – di dati, informazioni e documenti che li riguardano».
In particolare, nel Freedom of Information Act il “right to know”, diritto di essere informati, persegue tre diversi obiettivi:
- il primo, “accountability”, vuole consentire un controllo diffuso sull’operato degli enti pubblici allo scopo di evitare fenomeni di corruzione;
- il secondo, la finalità, “partecipation”, vuole garantire ai cittadini una partecipazione consapevole alle decisioni pubbliche;
- il terzo, con la “legitimacy” si vogliono rafforzare le stesse Pubbliche Amministrazioni, che devono agire in completa trasparenza nei confronti dei cittadini[7].
In termini più semplici, l’accesso civico generalizzato non può compromettere altri diritti ugualmente degni di tutela, dovendo sempre affrontare tali rilevanti questioni con criteri di ragionevolezza e proporzionalità.
Le comunicazioni di dati personali nell’ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati:
- ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
- ai sensi dell’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della giurisprudenza europea in materia.
Fatte queste brevi formulazioni introduttive, la questione posta all’attenzione del Garante per la protezione dei dati personali affronta un diniego di accesso civico (generalizzato) a due pratiche relative «alla domanda di condono edilizio, alla produzione di documenti integrativi ed alla concessione edilizia in sanatoria per lavori di ampliamento di un fabbricato».
Il controinteressato evidenziava l’inesistenza di un interesse qualificato da parte del soggetto istante, il quale avrebbe agito con intento emulativo «come unico interesse [quello di] danneggiare e disturbare»; con il precitato diniego di rilasciare copia degli atti richiesti per tutelare i dati ivi contenuti, di cui all’art. 5 bis, comma 2, lett. a) D.Lgs. n. 33/2013.
L’Autorità (in sede di riesame del diniego, ex art. 5, comma 7 del D.Lgs. n. 33/2013) ricorda:
- l’accesso civico risulta un istituto preordinato a «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e […] promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (ex 5, comma 2 del D.Lgs. n. 33/2013);
- deve essere negato nei casi previsti dall’art. 5 – bis, fra cui «il diniego [sia] necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (ex 5 – bis, comma 2, lett. a) del cit. D.Lgs. n. 33).
- il «dato personale» è «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (ex 4, comma 1, lett. b), del Codice privacy);
- a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso, ai sensi della Legge n. 241/1990 «i dati e i documenti» che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada – in ogni caso – effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (ex 3, comma 1, del D.Lgs. n. 33/2013);
- devono essere tenute in considerazione le motivazioni (che costituiscono un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto) addotte dal soggetto controinteressato, che deve essere obbligatoriamente interpellato dall’Ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato (ex 5, comma 5, del D.Lgs. n. 33/2013);
- anche una comunicazione di dati personali a un terzo tramite l’accesso civico generalizzato – deve essere effettuato nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale, ivi inclusi il diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, all’oblio, nonché i diritti inviolabili della persona, di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione.
Ciò posto, si passa al merito della richiesta di documentazione che presenta «dati e informazioni personali» di diversa specie e natura, confermando la correttezza dell’Amministrazione nel rigettare l’istanza.
Le motivazioni del Garante nel provvedimento n. 260/2019 richiamano un precedente simile (provvedimento n. 25 del 18 gennaio 2018, in www.gpdp.it, doc. web n. doc. web n. 7688896) dove si disponeva:
- quando la relativa ostensione, unita alla generale conoscenza e al particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico da parte di terzi, può arrecare al soggetto interessato un pregiudizio alla tutela del dato personale l’accesso va negato;
- la tipologia e la natura dei dati e delle informazioni personali contenuti nella documentazione oggetto dell’istanza di accesso civico potrebbe, infatti, determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà del soggetto controinteressato, con ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale;
- anche ulteriori conseguenze riferite a future azioni da parte di terzi nei confronti dell’interessato, o situazioni che potrebbero determinare l’estromissione o la discriminazione dello stesso individuo, oppure altri svantaggi personali e/o sociali;
- tale limitazione a fronte di una ragionevole aspettativa di confidenzialità dell’interessato nel momento di raccolta dei dati da parte del Comune, osservando che in quel contesto i dati sono stati forniti senza alcuna valutazione (non prevedibilità) da parte dell’interessato sui possibili effetti della loro indiscriminata diffusione[8];
- in ogni caso, salva la possibilità per l’istante di accedere alla documentazione richiesta, laddove dimostri effettivamente l’esistenza di «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», ai sensi degli artt. 22 ss. della Legge n. 241/1990.
In ambito edilizio, si comprende che la presenza di «dati personali» costituisce un decalogo di limiti che impediscono al terzo di acquisire informazioni sulla reale portata dell’attività edilizia stessa, nel senso di precludere una verifica sull’effettivo rispetto delle norme attuative, specie ove il titolo è solo eventuale o assente, riducendo gli effetti del diritto di accesso civico generalizzato sui propositi del legislatore[9].
In verità, la stessa disciplina si presenta maggiormente garantista a fronte di un esteso diritto di accesso civico generalizzato, ove venga meno al soddisfacimento di un interesse che abbia una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, si traduca in una elusione delle diverse finalità e dei limiti dettati dall’accesso documentale, di cui alla Legge n. 241/90[10].
L’accesso civico generalizzato non può prescindere dal rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis, con lo scopo non apparente di impedire che attraverso tale istituto si persegua non un “controllo diffuso” dell’attività della P.A. (utilizzo risorse comprese) quanto un interesse meramente privato di accedere a dati personali di un soggetto determinato, in violazione marcata dello strumento dell’accesso documentale, ex art. 22 della Legge n. 241/1990.
In ciò, a ben vedere, si distingue il diritto di accesso civico generalizzato dal diritto di accesso documentale riconosciuto dalla legge sul procedimento amministrativo, posto proprio quest’ultimo a tutela di interessi privati e che presuppone una posizione soggettiva differenziata rispetto “a chiunque”: il diritto di accesso civico generalizzato non è riconosciuto dall’ordinamento per controllare l’attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti[11].
[1] L’accesso ai documenti amministrativi (c.d. accesso documentale o defensionale), di cui all’art. 22 della Legge n. 241/1990, differisce dall’accesso civico atteso che nel primo caso il diritto è riconosciuto solamente al soggetto titolare di un interesse qualificato in relazione ad un procedimento amministrativo, mentre nel secondo esso è esteso a qualunque soggetto, singolo o associato, senza necessità di dimostrare un particolare interesse qualificato a richiedere gli atti o le informazioni, Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546.
[2] Cfr. ANAC, Delibera n. 1310 del 28 dicembre 2016, «Prime linee guida recanti indicazioni sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013 come modificato dal d.lgs. 97/2016».
[3] Cfr. ANAC, Delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co.2 del d.lgs.33/2013art. 5 – bis, comma 6, del d.lgs. n. 33 del 14/03/2013 recante «riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»».
[4] T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 12 aprile 2019, n. 599; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 25 marzo 2019, n. 630.
[5] Documenti amministrativi comunque esistenti, atteso che la Legge n. 241/1990, all’art. 1, comma 1, lett. d), qualifica come documento amministrativo ogni «rappresentazione del contenuto di atti», escludendo implicitamente la necessità, per gli enti pubblici, di creare nuove elaborazioni documentali al fine di soddisfare richieste di accesso. T.A.R. Puglia, sez. III, 11 febbraio 2019, n. 242.
[6] L’accesso, tuttavia, non può estendersi ad un controllo globale sull’intera attività amministrativa, dovendo impedire che alla P.A. che venga imposto un facere straordinario, quale produrre – in formato analogico o digitale – una mole irragionevole di dati o documenti, T.A.R. Lombardia, Milano sez. III, 11 ottobre 2017, n. 1951.
[7] Il modello FOIA è da tempo presente nella storia delle moderne democrazie: già nel 1766 si parlava in Svezia di libertà d’informazione, ed oggi è divenuto uno standard informativo il modello entrato in vigore negli Stati Uniti nel 1966, mediante il quale le agenzie dell’Executive Branch del Governo Federale hanno l’obbligo di rendere noti e di pubblicare, in modo celere, nel “Federal Register”, un’ampia varietà di documenti a vantaggio dei cittadini: si tratta di rendere disponibili “a chiunque” i documenti non inerenti agli obblighi di pubblicazione, Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546.
[8] Cfr. ANAC, Delibera n. 1309/2016, punto 8.1. «I limiti derivanti dalla protezione dei dati personali» dove si forniscono indicazioni specifiche alle istanze di accesso generalizzato aventi a oggetto dati e documenti relativi a (o contenenti) dati personali, imponendo al Responsabile del procedimento di «valutare, nel fornire riscontro motivato a richieste di accesso generalizzato, se la conoscenza da parte di chiunque del dato personale richiesto arreca (o possa arrecare) un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, in conformità alla disciplina legislativa in materia. La ritenuta sussistenza di tale pregiudizio comporta il rigetto dell’istanza, a meno che non si consideri di poterla accogliere, oscurando i dati personali eventualmente presenti e le altre informazioni che possono consentire l’identificazione, anche indiretta, del soggetto interessato».
[9] Cfr. Garante privacy, registro dei provvedimenti n. 1 del 3 gennaio 2019 (doc. web n. 9080951), ove si ribadisce che non esiste un obbligo di pubblicazione da parte delle PP.AA. delle Segnalazioni certificate di inizio di attività (SCIA) o delle Comunicazioni di inizio lavori asseverata (CILA) presentate all’Ente, né in forma integrale né in forma riassuntiva, rilevando che per i dati personali ivi contenuti il legislatore non ha infatti previsto alcun regime di pubblicità.
[10] T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 6 marzo 2019, n. 219.
[11] T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 28 marzo 2019, n. 4122.