La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 514 del 21 gennaio 2019, interviene nel definire il valore giuridico delle operazioni di gara e i tempi ragionevoli della seduta, estesi in più incontri e per un notevole lasso di tempo, il tutto da comprovare mediante verbalizzazione.
In via generale, l’articolo 2 della Legge n. 241/1990, esprime un concetto sull’esigenza di adottare i provvedimenti, e le fasi procedimentali, in tempi certi (alias rapidi), prevedendo al successivo comma 2 bis il risarcimento del danno ingiusto dall’inosservanza dei termini di conclusione, al punto da spingersi ad indennizzare l’istante dal “mero ritardo”, quale conseguenza oggettiva dell’inerzia dell’Amministrazione: sintomatica di una condotta non conforme alle regole di trasparenza e imparzialità (ex art. 97 Cost.).
In ambito concorsuale, di scelta del contraente, la questione si presenta nella sua essenzialità sotto diversi profili, da una parte, il trascorrere del tempo comporta un appesantimento del procedimento e la necessità di salvaguardare la genuinità delle operazioni di gara, compresa la custodia della documentazione, dovendo assolvere nell’immediatezza tutte le attività inerenti l’aggiudicazione (la tempestività e concentrazione delle operazioni valutative), dall’altra parte, l’operatore economico rimane esposto al giudizio dell’Amministrazione nella formulazione dell’offerta, con un’aspettativa di risultato che potrebbe assecondare la partecipazione ad altre procedure negoziali: in breve, il tempo assume un valore per l’intero procedimento e le sue implicazioni.
Invero, il protrarsi delle operazioni di gara per lungo tempo non rende illegittima ex se la procedura di gara, atteso che il principio di continuità e di concentrazione delle operazioni non è di tale assolutezza e rigidità da determinare sempre e comunque, laddove vulnerato, l’illegittimità degli atti di gara, specie quando (ed è da dimostrare) la procedura, per la complessità delle operazioni valutative, per l’elevato numero dei concorrenti o per altre obiettive circostanze di rilievo (sempre da verbalizzare), si protragga nel corso di numerose sedute.
È noto, infatti, che le garanzie di imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza dell’azione amministrativa postulano che le sedute di una commissione di gara debbano ispirarsi al principio di concentrazione e continuità, tale principio è, infatti, soltanto tendenziale ed è suscettibile di deroga, potendo verificarsi situazioni particolari che obiettivamente impediscono l’espletamento di tutte le operazioni in una sola seduta o in poche sedute ravvicinate.
Inoltre, le conseguenze del notevole lasso di tempo intercorso in ordine alla regolarità della procedura deve essere comprovata da un’attenta indicazione delle accortezze poste in essere nella conservazione dei plichi contenenti le offerte.
Non va dimenticato che l’obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica, da parte della stazione appaltante, si deve intendere assolto con l’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità e integrità dei relativi plichi; pertanto, la generica doglianza secondo cui le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto, quali anomalie nell’andamento della gara, ovvero specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fine della regolarità della procedura.
Si desume, allora, che la mancata indicazione nei verbali di operazioni singolarmente svolte per la custodia delle buste, tra una seduta e la successiva, non costituisce ex se causa di illegittimità del procedimento, salvo che non sia possibile provare o fornire adeguati e ragionevoli indizi che la documentazione di gara sia stata effettivamente manipolata negli intervalli tra un’operazione e l’altra.
Risulta, pertanto, centrale e probatorio assolvere un altro principio cogente di analiticità e tempestività della verbalizzazione, che se non comporta anche la necessaria contestualità di esternalizzazione dell’attività svolta dalla commissione di gara, così che la materiale redazione del verbale e l’approvazione dello stesso non devono necessariamente avvenire al termine di ogni seduta, questo non toglie che la verbalizzazione successiva allo svolgersi delle sedute è ammissibile purché sopravvenga in tempi idonei ad evitare l’insorgenza di errori od omissioni nella ricostruzione sia dei fatti che dell’iter valutativo percorso dalla commissione, e specificatamente delle cautele assunte in relazione alla custodia della documentazione di gara, ben potendo indicare che la stessa è stata consegnata al verbalizzante, il quale ne garantisce l’integrità e la custodia, anche individuando le modalità concrete.
Il giudice di prime cure sul punto aveva posto i seguenti rilievi:
- il principio che impone di svolgere le operazioni di gara entro termini stringenti non ha carattere assoluto, ma può sopportare deroghe e deviazioni (purché ragionevoli e giustificate);
- il principio di concentrazione delle operazioni di gara trova preminente applicazione (non tanto con riguardo alla complessiva durata del procedimento, ma) in riferimento all’esigenza di concentrazione della fase di valutazione delle offerte tecniche, avendo riguardo al periodo di tempo dedicato a tale fase procedimentale, specie quando si svolge nel periodo estivo o vi è la necessità di provvedere alla sostituzione del segretario della commissione (come nel caso in giudizio).
Su questa determinazione, la parte appellante contestava la ragionevolezza e le giustificazioni formulate, evidenziando che il periodo di riferimento delle operazioni di gara non può essere solo quello dichiaratamente destinato alla valutazione delle offerte, dovendo al contrario considerarsi l’intero periodo che va dall’apertura delle offerte sino almeno all’aggiudicazione provvisoria.
I giudici di seconde cure, si richiamano al proprio precedente, secondo il quale vi è la necessità di dimostrare «che tale lungo lasso di tempo ha compromesso l’imparzialità e la trasparenza delle operazioni, ad esempio per essere stati lasciati i plichi contenenti le offerte incustoditi».
Ne consegue che è necessario dare (allegare) la prova dei fatti per supportare la censura di una violazione alle regole di buona amministrazione (trasparenza, par condicio ed imparzialità), in grado di compromettere l’alterazione della documentazione di gara, visto che «la lunghezza delle operazioni di gara non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura concorsuale, in tal modo implicitamente collegando alla mancata, tempestiva conclusione della procedura il pregiudizio alla imparzialità e trasparenza della gara».
La lunghezza temporale delle procedure di gara se può destare una qualche perplessità, in relazione ai principi di continuità e concentrazione, non è di per sé motivo di invalidità delle operazioni della commissione di gara, in assenza di prove contrarie sulle modalità di conservazione o alterazione delle offerte.
Viene chiarito, anche, che l’efficacia fidefacente del verbale ammette la possibilità di una stesura materiale da parte di un soggetto verbalizzante diverso da quello presente, purchè le attività di quel verbale (sebbene a posteriori redatto) siano veritiere e fedeli a documentare i fatti accaduti; circostanza che trova conferma nel fatto che la sottoscrizione del cit. verbale avvenga, oltre che dal segretario verbalizzante neo-nominato, dai componenti della commissione, i quali sono rimasti invariati fin dalla sua originaria costituzione.
La sottoscrizione del verbale da parte di tutti i commissari presenti alle operazioni di gara garantisce, in tal modo, la identità-continuità tra i soggetti presenti allo svolgimento delle operazioni oggetto di verbalizzazione e quelli che ne hanno attestato il compimento mediante la sottoscrizione: l’efficacia probatoria qualificata deve essere contestata con il ricorso al rimedio tipico della querela di falso e non con una semplice esternazione di invalidità.
La verbalizzazione risulta legittima anche se materialmente confezionata a distanza di tempo, in mancanza di espressa diversa disposizione, purchè rispettosa degli accadimenti avvenuti: non è infrequente che la redazione dei processi verbali di una commissione di gara d’appalto può essere fatta sulla base di appunti presi durante lo svolgimento della seduta, e, quindi, in un tempo successivo rispetto a quello in cui le relative operazioni sono state adottate, atteso che la lettura e l’approvazione del processo verbale costituiscono adempimenti che non devono aver luogo necessariamente nella medesima adunanza.
Si può lecitamente concludere che nel caso di redazione ex post del verbale delle operazioni di gara, è onere del ricorrente fornire elementi concreti da cui desumere irregolarità nelle operazioni che siano state occultate in qualche modo da tale modalità di redazione del verbale, essendo necessaria in tal senso una indicazione specifica sulle ragioni per le quali in concreto la verbalizzazione unica e differita abbia determinato un “vulnus” apprezzabile degli interessi in gioco, non potendosi limitare ad un generico ritardo, quale violazione dei principi di continuità e concentrazione, dovendo inequivocamente provare i fatti addebitati mediante querela di falso (la doglianza non deve avere una valenza meramente formale quanto contestarne la veridicità).
Il verbale, quale atto giuridico appartenente alla categoria degli atti certificativi, è il documento preordinato alla descrizione di atti o fatti, rilevanti per il diritto, compiuti alla presenza di un soggetto verbalizzante, appositamente incaricato di tale compito.
Esso ha, quindi, lo scopo di garantire la certezza della descrizione degli accadimenti constatati, documentandone l’esistenza: la verbalizzazione costituisce, pena la loro inesistenza giuridica, la “forma necessaria” degli atti collegiali, specie laddove la verbalizzazione abbia un’efficacia performativa, oltre che descrittiva, sia volta cioè a produrre gli effetti connessi al compimento dell’atto attestato, a darvi forma giuridica, ossia a realizzare quello che – già secondo il codice di Giustiniano – si definiva “instrumentum” necessario dell’atto.
(estratto, Tempi delle operazioni di gara e verbalizzazione, con schemi di verbale, L’Ufficio tecnico, 2019, n. 6)