La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, con la sentenza n. 170 del 27 maggio 2019, interviene per definire le condizioni necessarie per poter procedere al rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente pubblico in relazione alla formula assolutoria.
La questione viene affrontata in via indiretta (in un giudizio erariale) in relazione alla liquidazione delle spese legali in favore di un dipendente, coinvolto in un procedimento penale (relativo a diverse ipotesi di reato in relazione alla procedura di appalto), che si è concluso «con la formula dell’estinzione del giudizio per intervenuta prescrizione dei reati».
Secondo le indicazioni della Procura erariale il quadro normativo di riferimento (recepito a livello negoziale) si rinviene nell’articolo 18, comma 1, del Decreto Legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla Legge 23 maggio 1997, n. 137, che testualmente dispone che «Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità».
A ben vedere, si è in presenza di un diritto soggettivo non assoluto e incondizionato, né tantomeno automatico, non essendo sufficiente che il dipendente sia stato sottoposto a procedimento per fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni e sia stata accertata l’assenza di responsabilità, dovendo essere – di volta in volta – verificata anche la ricorrenza delle ulteriori condizioni alle quali è stato subordinato dal legislatore o dalle parti collettive il diritto all’assistenza legale o al rimborso delle spese sostenute.
La ratio della disposizione è quella di tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nell’interesse dell’Amministrazione, delle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all’espletamento dei loro compiti istituzionali, con la conseguenza che il requisito essenziale in questione può considerarsi sussistente solo quando risulti possibile imputare gli effetti dell’agire del pubblico dipendente direttamente all’Amministrazione di appartenenza:
- il fatto o l’atto oggetto del giudizio sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente;
- vi sia un nesso di strumentalità tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto;
- non vi sia conflitto di interessi;
- si concluda il procedimento in modo favorevole per il dipendente e venga esclusa la responsabilità (ergo una valutazione concreta sulla condotta assunta).
Ne consegue che la liquidazione delle spese legali sostenute da un dipendente, secondo la prospettazione del requirente, sarebbe legittima solo in caso di assoluzione nel merito, configurandosi invece un’indebita erogazione il rimborso spese legali in presenza di mera «estinzione del giudizio per prescrizione del reato», rectius responsabilità erariale a carico di coloro che hanno concorso alla liquidazione, sotto il profilo soggettivo della colpa grave nell’inosservanza dei parametri normativi e contrattuali che era onere conoscere, soprattutto ove i responsabili ricoprano ruoli dirigenziali.
Ciò posto, il Collegio analizza la condotta assunta dai convenuti per valutarne la antigiuridicità nella legittimità o meno «della liquidazione delle spese di lite sostenute da un dipendente prosciolto per prescrizione».
Nella sua immediatezza si rileva de visu che un provvedimento di esclusione di responsabilità condiziona la rimborsabilità delle spese legali ad un accertamento positivo, e nel merito, di assenza di responsabilità: tale non sarebbe, quindi, un’assoluzione per prescrizione che non contiene alcuna valutazione assolutoria nel merito.
Manca ex se una valutazione sulla condotta assunta dal dipendente nel procedimento penale, mancando tale imprescindibile giudizio viene meno un elemento essenziale per pronunciare la sua estraneità ai fatti non potendo escludere la sua diretta responsabilità, sicché nel giudizio penale sia la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione che il proscioglimento con formule meramente processuali non possono corrispondere ad una pronuncia di assoluzione nel merito (ad es. «perché il fatto non sussiste»).
A sostegno di tale elementare criterio, il legislatore è intervenuto con norma di interpretazione autentica con l’articolo 10 bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla Legge 2 dicembre 2005, n. 248, a mente del quale la norma sopra richiamata (e l’analoga norma per i giudizi di responsabilità amministrativa contenuta nell’articolo 3, comma 2 bis, del Decreto – Legge 23 ottobre 1996, n. 543) si interpreta «nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 91 del codice di procedura civile, non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida l’ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza».
Si sovviene – in forma cangiante – sulla non rimborsabilità delle spese legali in caso di estinzione del giudizio «per prescrizione del reato ai sensi dell’articolo 531 c.p.p.», con l’approdo della responsabilità erariale per la liquidazione indebita, c.d. l’antigiuridicità oggettiva.
Analoga conclusione deriva anche:
- dall’esame della contrattazione collettiva ove si prevede che il rimborso delle spese legali, nei casi di nomina di un legale di fiducia in sostituzione di quello indicato dall’Amministrazione (azienda ospedaliera), solo in presenza di “conclusione favorevole del procedimento” e solo in presenza di “proscioglimento da ogni addebito”;
- dall’orientamento Aran (O.A., n. AIV309), che pur con interpretazione chiaramente di parte datoriale precisa che «La terminologia impiegata nelle disposizioni contrattuali consente di ritenere che l’Azienda possa procedere al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente soltanto nell’ambito di un procedimento giurisdizionale sfociato in una decisione assolutoria passata in giudicato».
(Estratto, Nessun rimborso spese legali per intervenuta prescrizione dei reati, Giustamm.it, 2019, n. 7)