Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16335 del 18 giugno 2019, interviene per definire lo spoil system nelle società partecipate, in occasione dell’insediamento della nuova Amministrazione (socio di riferimento diretto e attraverso una controllata dell’intero capitale sociale) a fronte di una richiesta dei componenti del C.d.A., di risarcimento dei danni patrimoniale ed all’immagine, per la revoca anzi tempo in violazione (si vorrebbe) delle regole codicistiche, di cui al comma 3 dell’art. 2383, «Nomina e revoca degli amministratori» (prima della scadenza di anni tre del mandato).
Giova rammentare che il presupposto della “giusta causa” per la revoca degli amministratori della società per azioni non è condizione di efficacia della deliberazione assembleare di revoca (essa resta in ogni caso ferma e non caducabile) ma ha il ruolo di escludere in radice l’obbligo risarcitorio, altrimenti previsto a carico della società: la revoca degli amministratori consiste, infatti, nell’esercizio del potere di recesso che l’assemblea può esercitare «in qualunque tempo», indipendentemente dagli esercizi stabiliti in origine per la carica, sicché quando nomina e revoca gli amministratori della società, non esercita un potere a titolo proprio ma esercita l’ordinario potere dell’assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto.
Ne consegue che l’Amministrazione civica non può incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società.
L’approdo riflette la pretesa che l’amministratore di designazione pubblica non è soggetto agli ordini dell’ente nominante ed anzi, per testuale previsione del codice civile (ex art. 2449 c.c.), ha i medesimi diritti ed i medesimi obblighi dell’amministratore di nomina assembleare.
Ciò comporta che è attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la domanda di annullamento di provvedimenti comunali di revoca degli amministratori di società per azioni di cui il Comune sia unico socio o detenga il controllo (anche indiretto), costituendo gli atti impugnati espressione non di potestà amministrativa ma dei poteri conferiti al Comune dalle ordinarie disposizioni del codice civile: la posizione soggettiva degli amministratori revocati (che non svolgono né esercitano un pubblico servizio) è configurabile in termini di diritto soggettivo, dovendo, inoltre, escludersi la riconducibilità di detta controversia al novero di quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Si può concludere che in tema di società per azioni partecipata da Ente locale, la revoca dell’amministratore di nomina pubblica, ai sensi dell’art. 2449 c.c., può essere da lui impugnata presso il giudice ordinario, non presso il giudice amministrativo, trattandosi di atto “uti socius”, non “jure imperii”, compiuto dall’ente pubblico “a valle” della scelta di fondo per l’impiego del modello societario.
Tale facoltà attribuita all’Ente pubblico, dal citato art. 2449 c.c. è, quindi, sostitutiva della generale competenza dell’assemblea ordinaria, trovando la sua giustificazione nella peculiarità di quella tipologia di soci, e deve essere qualificata come estrinsecazione non di un potere pubblico, ma essenzialmente di una potestà di diritto privato, in quanto espressiva di una potestà attinente ad una situazione giuridica societaria, restando esclusa qualsiasi sua valenza amministrativa.
In termini diversi, la facoltà di nomina e revoca degli amministratori di società a partecipazione pubblica, ai sensi dell’art. 2449 c.c., deve essere conferita al socio pubblico dallo statuto, cioè da un atto fondamentale di natura negoziale (ex art. 2328 c.c., comma 3) e che, con l’abrogazione (ad opera del D.L. n. 10 del 2007, art. 3, comma 1, convertito con modificazioni dalla Legge n. 46 del 2007) dell’art. 2450 c.c. – a norma del quale la legge o lo statuto potevano attribuire la nomina e la revoca ad un Ente pubblico estraneo al capitale sociale – è stato posto in chiaro che gli atti in questione competono all’Ente pubblico uti socius, e dunque iure privatorum e non iure imperii.
Ciò posto, nello specifico, la sentenza n. 16335/2019 della suprema Corte, attiene alla revoca fatta dal neo eletto Sindaco degli amministratori di una società comunale controllata, revoca compiuta entro 45 giorni dal suo insediamento, attinente ad un potere speciale conferito ex lege.
La norma di riferimento si rinviene nell’art. 50, commi 8 e 9, del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL) che testualmente recitano «8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni. 9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall’insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell’articolo 136».
Viene chiarito (punto 6.2) che tale potere di revoca attribuito al Sindaco, dai cit. commi dell’art. 50 del TUEL, è «espressione di una potestà di diritto privato ascrivibile all’ente “uti socius” che il Sindaco esercita in conformità degli indirizzi di natura politico amministrativa stabiliti dal Consiglio» (costituendo deroga al regime privatistico).
Ed in effetti nella ricostruzione ermeneutica della fattispecie della revoca, ex art. 50 cit., la suprema Corte evidenzia «l’indubitabile connotazione societaria “interna” dell’atto, attraverso il quale il Sindaco si fa portatore della volontà del Comune di procedere alla sostituzione degli amministratori della partecipata, conduce dunque a interpretare i richiamati commi 8 e 9. dell’art. 50 TUEL quali norme etero – integrative dell’art. 2449 c.c., che, nei limiti temporali previsti, consentono all’ente pubblico, in deroga alla previsione statutaria di durata minima dell’incarico, di revocare i componenti dell’organo di gestione in precedenza nominati».
L’art. 50 del TUEL, nei suoi commi 8 – 9, viene configurato come norma che legittima lo spoil system nelle società comunali ed integra «ex se una giusta causa oggettiva di revoca degli amministratori» a prescindere da una giustificazione – motivazione correlata ad un inadempimento degli amministratori in carica, prescinde da una valutazione concreta sulla condotta assunta in ambito societario.
Del resto, la suprema Corte specifica come la norma, espressa dai commi 8 e 9 dell’art. 50 TUEL, risulterebbe diversamente inutiliter datae, qualora anche la potestà del Sindaco di revoca e nomina degli amministratori, da esercitare entro il breve termine di 45 giorni, dovesse essere sorretta da una motivazione atta a giustificarla.
Invero, già il codice civile sul punto richiede al socio in assemblea l’indicazione-motivazione di “una giusta causa” a supporto della deliberazione di revoca degli amministratori societari, onde non incorrere nella richiesta di risarcimento danni (ex 2383, comma 3, c.c.).
Assai raramente negli statuti societari pubblici è prevista, infatti, l’esclusione del risarcimento dei danni degli amministratori in caso di revoca senza giusta causa ed ancor più raramente gli amministratori rinunciano preventivamente a tale risarcimento.
La sentenza delle SS.UU. Cassazione n. 16335 del 18 giugno 2019 inquadra perfettamente la realtà e prassi operativa comunale in materia di nomine, ossia il Comune procede alla nomina degli amministratori di una società controllata sulla scorta di un rapporto di fiduciarietà tra Sindaco ed amministratore/i societario/i.
Ad avvalorare l’orientamento scollegato dalla condotta assunta dagli amministratori in ambito gestionale, sovviene la considerazione de plano che «non è seriamente ipotizzabile che, nel brevissimo arco temporale a disposizione del Sindaco, questi sia in grado non solo di verificare la professionalità tecnica degli amministratori in carica, ma persino di prevederne la futura incapacità gestionale», risolvendo il bilanciamento (effettuato direttamente dal legislatore) in un potere da esercitare – nei termini di quarantacinque giorni – senza operare alcuna giustificazione o giudizio negativo sull’operato degli amministratori in carica.
La prefata norma del TUEL, canonizza il c.d. sistema dello spoil system, sostengono le sez. Unite, meccanismo scambiatore (da altri definito “predatorio”) che ha ottenuto l’avallo della Corte Costituzionale, che (sia pur scrutinando questioni di legittimità costituzionale di articoli di leggi regionali che lo prevedono) l’ha ritenuto compatibile con l’art. 97 Cost., qualora riferito a soggetti che:
- a) siano titolari di organi di vertice dell’Amministrazione;
- b) debbano essere nominati intuitu personae, cioè sulla base di valutazioni personali coerenti all’indirizzo politico (regionale).
La Cassazione precisa che «allorché, a seguito di nuove elezioni, venga a mutare il quadro politico-amministrativo, il rapporto fiduciario viene necessariamente meno» e conseguentemente «il legislatore ha dunque inteso farsi carico della necessità della nuova amministrazione di poter contare sulla immediata disponibilità di soggetti che si rendano interpreti di sue nuove linee di indirizzo…, senza dover sottostare ai tempi lunghi occorrenti per verificare se gli amministratori in carica, “eredità” del precedente governo cittadino, siano in grado di corrispondere a tali mutate esigenze».
È evidente che la sentenza ha valenza per le società in cui il Comune, avendone il controllo solitario, ne nomini i componenti dell’organo amministrativo (c.d.a) sia assemblearmente o con provvedimento, ex art. 2449 c.c., da previsione statutaria aziendale.
La Corte evidenzia, nella sua essenzialità, che il Sindaco che nomina/revoca o revoca/nomina, agisce sempre uti socius, venendo ad incidere sulla struttura societaria controllata dal Comune.
In una parola, la sentenza pone la revoca sindacale, entro i 45 giorni dall’insediamento, come “giusta causa oggettiva” di revoca che, come tale, non darebbe luogo né motiverebbe la richiesta di risarcimento danni dei revocati.
Risulta non indifferente il contenuto dispositivo ed interpretativo che la sentenza assume per la sua valenza peculiare che penetra nel tessuto strategico dei vertici delle società in cui il Comune – socio, avendo il controllo totalitario, provveda alla nomina dei componenti dell’organo amministrativo.
In base al pronunciamento pare, quindi, che la revoca degli amministratori nelle società in controllo di un Comune, intervenuta nei 45 giorni dall’insediamento del neo Sindaco, sia validamente effettuata («per giusta causa oggettiva») e come tale non suscettibile di generare – nell’ambito del diritto societario – alcun valido titolo per pretendere un risarcimento da parte degli amministratori revocati anzitempo rispetto alla scadenza di mandato.
(Estratto LUCCA – RIGHINI, Neo Sindaco e neo amministratori delle società partecipate: piena validità dello spoil system entro 45 giorni dall’insediamento, dirittodeiservizipubblici.it, 19 luglio 2019)