La terza sez. Palermo del T.A.R. Sicilia, con la sentenza 15 ottobre 2019, n. 2379, interviene per dichiarare illegittima un’ordinanza sindacale di requisizione loculi cimiteriali, ritenendo mancare i requisiti dell’urgenza e della straordinarietà per l’esercizio di poteri extra ordinem.
In effetti, il potere dell’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti, da parte del Sindaco[1], è volto a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, non hanno carattere sanzionatorio, ma svolgono una funzione necessaria all’eliminazione o rimozione dello stato di pericolo, con una prospettiva – immediata (indilazionabile) – di porre rimedio all’emergenza.
Ne consegue il loro carattere, in via generale (ma non sempre per forza, dovendo verificare le circostanza di fatto del caso concreto)[2], della provvisorietà dato che il loro connotato essenziale è la necessaria idoneità delle relative misure ad eliminare la situazione di pericolo che costituisce il presupposto della loro adozione: le misure stesse possono essere provvisorie o definitive a seconda del tipo di rischio che intendono fronteggiare, permettendo (in presenza dei presupposti)[3] la compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge.
In relazione della loro forza cogente le «ordinanze contingibili e urgenti», quale mezzo per far fronte a situazioni di carattere eccezionale e per le quali sia impossibile utilizzare gli ordinari mezzi approntati dall’ordinamento, oltre a individuare gli elementi in grado di rappresentare un’effettiva situazione di grave pericolo, devono essere suffragate da idonea istruttoria e motivazione (ex art. 3 della Legge n. 241/1990)[4].
Nel caso di specie, i concessionari di loculi all’interno delle cappelle gentilizie presenti nel cimitero comunale, ricevevano un’ordinanza sindacale di requisizione temporanea dei loculi non utilizzati, ai sensi dell’art. 50, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000.
A tal proposito, si rileva che il mancato uso temporaneo dei beni concessionati (mancato godimento) può essere fonte di danno non patrimoniale (attinente al culto dei defunti)[5], vertendosi in tema di diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, ed in cui la posizione attorea, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio, risulta agevolata, nei termini di cui all’art. 2050 c.c., rispetto alla regola generale del danno aquiliano, nonché dalla possibilità di dimostrare il danno anche solo tramite presunzioni semplici e dal risarcimento secondo equità[6].
Infatti, si riconosce ai congiunti il risarcimento dei danni causati in conseguenza di comportamenti illegittimi che abbiano privato gli stessi della possibilità di onorare le spoglie mortali dei propri cari, con la sicura consapevolezza dell’ubicazione delle stesse, e quindi, per la violazione del sentimento di pietà verso i defunti[7].
Non va sottaciuto che, nell’ordinamento nazionale, il diritto sul sepolcro già costituito sorge con una concessione amministrativa di un’area di terreno o di porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (ex art. 824 c.c.), dovendo chiarire che la concessione, di natura traslativa, crea a sua volta nel privato concessionario un diritto reale (suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa) e perciò opponibile iure privatorum agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che comporta la sussistenza di posizioni di interesse legittimo – con la relativa tutela giurisdizionale – quando l’Amministrazione concedente disponga la revoca o la decadenza della concessione per la tutela dell’ordine e della buona amministrazione[8].
Al di fuori di tali ipotesi, il potere di ordinanza deve presupporre requisiti di stretta interpretazione, nel senso di vantare un’adeguata motivazione basata su elementi oggettivi di necessità ed urgenza indilazionabili, non imputabili all’Amministrazione, o per lo meno (in una visione estensiva delle norme) garantire la presenza degli elementi di certezza del potere: i termini di efficacia dell’ordinanza (come si avrà modo di vedere).
I ricorrenti deducono che:
- l’ordinanza non indica il limite temporale finale della sua efficacia (sine die), nella considerazione che, comunque, la prospettata, futura, costruzione di «nuovi loculi è ancora ferma all’embrionale stadio della progettazione e non è possibile immaginarne i termini di conclusione»;
- la collocazione della salma nel loculo requisito, esaurirebbe la capacità ricettizia della cappella gentilizia, precludendo l’uso al concessionario «che, si fa osservare, ha raggiunto la ragguardevole età di 83 anni».
In via preliminare, il Collegio rileva che l’ordinanza costituisce una sorta di provvedimento extra ordinem, in quanto derogatorio del principio di tipicità che normalmente presiede alla adozione dei provvedimenti amministrativi, al fine di consentire alla P.A. di sopperire a situazioni straordinarie ed urgenti che non potrebbero essere efficacemente fronteggiate attraverso l’uso dei poteri autoritativi ordinariamente previsti in capo all’Amministrazione.
Il potere di ordinanza, in termini diversi, è azionabile in assenza di altre misure normative apprestate dall’ordinamento, con l’inevitabile considerazione che tale esercizio rappresenta una deroga agli strumenti giuridici ordinari, e costituisce un’“ausilio” di chiusura del sistema ordinamentale per affrontare situazioni non definite dal legislatore.
Per tali ragioni giuridiche, la giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Giudice Amministrativo ha individuato dei precisi limiti che devono comunque essere rispettati nell’adozione di tali provvedimenti, al fine di evitare che tale strumento, che si pone già ai limiti del principio di legalità – sul quale è fondato l’intero Ordinamento – possa legittimare atti slegati da alcun paradigma normativo con effetti pesantemente incidenti sulla realtà fattuale e giuridica: un’incisione manu militari nella sfera giuridica del destinatario.
Vi è un dovere di correttezza e lealtà (ex art. 97 Cost.), di proporzionalità e di ragionevolezza, e anche ammettendo l’adozione delle ordinanze contingibili ed urgenti giustificata a fronte di situazioni determinatesi a seguito di una colpevole inerzia della stessa Amministrazioni (nel caso di specie, la mancata realizzazione di nuovi loculi) in quanto condizione che non fa venir meno l’emergenza che, in ipotesi, si è venuta a determinare costituisce – in ogni caso – un limite invalicabile di tali atti la loro temporaneità, attraverso l’indicazione di una data certa oltre la quale perdono efficacia.
Si deve, allora, riaffermare che ogni provvedimento amministrativo deve contenere un “termine” certo di efficacia (alias effetti stabili), ex art. 2 comma 1 e 21 quater della Legge n. 241/1990, al fine di rendere trasparente il processo decisionale rispetto a un avvenimento futuro, dove gli effetti giuridici decorrono a partire dal termine iniziale e un termine finale entro il quale (arco temporale determinato) devono prodursi gli effetti determinati, ovvero compiersi specifici atti giuridicamente rilevanti: il termine è «uno strumento di identificazione temporale, che isola e fissa un particolare momento del tempo come entità astratta, rendendo tale momento concreto, percettibile, e rilevante per determinati fini»[9].
Il Tribunale giunge, quindi, a sentenziare che la necessità di tale limite temporale è connessa non soltanto alla stessa natura “contingibile” di tali ordinanze sindacali, ma all’ancora più pregnante rilievo che solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti extra ordinem, che permettono di intervenire limitando le libertà del singolo: la disponibilità di un bene nel dominio del privato titolare.
Si tratta, a ben vedere, di una eccezione presente nel nostro ordinamento per gli interventi non temporanei, nei limiti strettamente necessari, giacché l’Amministrazione deve provvedere attraverso gli ordinari strumenti specificatamente ed analiticamente disciplinati dalla legge, senza abusare di questi poteri derogatori: il limite temporale di tali provvedimenti deve essere adeguato al rischio da fronteggiare, ma che deve essere rapportato al tempo necessario per fronteggiarlo, attraverso gli strumenti ordinari, che devono essere attivati nel più breve tempo possibile, e non in attesa che venga risolto il problema generale da cui il rischio è scaturito, in tempi del tutto incerti[10].
Il quadro delineato, dal giudice di prime cure, rileva da una parte, la prevedibilità dell’evento che esigeva la necessaria programmazione per il reperimento di loculi (vedi, PP.TT.OO.PP.), dall’altra parte, sempre in chiave di programmazione (rectius cronoprogramma della OO.PP.), la realizzazione dei nuovi loculi doveva porsi con termini di conclusione certi, dovendo rilevare che la realizzazione di un’opera pubblica, mediante un capitolato di gara, deve contenere, in sede negoziale, i termini di consegna dell’opera collaudata.
Nella fattispecie «tali conclusioni non sono infirmate dalla circostanza che, nella sola parte motiva dell’impugnata ordinanza, viene fatto riferimento ai tempi tecnici di approvazione e realizzazione dei nuovi loculi cimiteriali prefabbricati, atteso che il predetto limite temporale è quantomeno incerto e, dunque, inidoneo a preservare l’ordinanza immune dalla censura prospettata».
Si ricava, dunque, che il potere di requisizione dei loculi dovrebbe costituire una misura temporanea (con data certa) ed eccezionale, non risultare uno strumento surrettizio ordinario per acquisire dei beni già concessionati ai privati, soprattutto quando si è in presenza di uno strumento giuridico tipico per rispondere a tali necessità in tempi certi: il programma triennale delle OO.PP. e relativi aggiornamenti annuali, ex art. 21 del D.Lgs. n. 50/2016.
[1] Per consolidata giurisprudenza, i poteri di ordinanza del Sindaco, quale ufficiale del Governo, sono di sua esclusiva competenza e non sono delegabili ad altri organi o funzionari dell’Amministrazione comunale, T.A.R. Liguria, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 847; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 12 ottobre 2018, n. 1295; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 24 ottobre 2017, n. 5930; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 29 gennaio 2015, n. 71.
[2] Cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 7 luglio 2010, n.2887.
[3] La mancanza dei presupposti per l’esercizio dei poteri contingibili ed urgenti ne giustifica la loro sospensione in attesa del merito, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, ordinanza 5 luglio 2019, n. 789.
[4] T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 21 febbraio 2019, n. 315.
[5] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 31 dicembre 2015, n. 2885.
[6] Cass. Civ., sez. III, 5 marzo 2015, n. 4443.
[7] Tribunale Busto Arsizio, 31 gennaio 2005 e Tribunale di Treviso, 24 febbraio 2012.
[8] Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4943.
[9] SUCK, L’articolo 2 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 ed il termine nel procedimento amministrativo, in giustamm.it, 2004, pag. 7.
[10] Cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 3 maggio 2016, n. 1086.