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Articolo Pubblicato il 18 Gennaio, 2020

Erogazione di contributi pubblici, diversa destinazione e danno erariale

Erogazione di contributi pubblici, diversa destinazione e danno erariale

Le Sezioni Un. Civ. della Cassazione, con l’ordinanza 7 gennaio 2020, n. 111, intervengono per consolidare un orientamento che sottopone alla giurisdizione della Corte dei Conti, quelle condotte illecite di coloro che utilizzano l’erogazione di fondi pubblici, per scopi diversi da quelli della loro originaria destinazione.

Nella fattispecie, veniva convenuto in giudizio, dalla procura della Corte dei Conti, un soggetto (associazione senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del D.lgs. n. 242/1999) ai fini della determinazione del danno erariale cagionato per mala gestiospese ingiustificate e sottoscrizione di una transazione con terzi recante l’esborso di un indennizzo di importo consistente»), il quale proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, deducendo il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, evidenziando il difetto dei presupposti necessari per la sua configurabilità “pubblicistica”.

In breve, si sosteneva che, essendo un ente non lucrativo con personalità giuridica di diritto privato, il pregiudizio riconducibile alle condotte dei propri amministratori è risentito dal patrimonio di queste, ed esula dall’ambito della giurisdizione contabile, ritraendosi diversamente sulle azioni di responsabilità nei confronti degli stessi sotto il profilo privatistico, comprese per le somme incassate (dai propri soci), pur effettuando attività di interesse pubblicistico: nessun trasferimento sul rapporto di servizio con la pubblica amministrazione.

La questione viene subito risolta nello statuire che, ad incardinare la giurisdizione della Corte dei Conti, è necessaria e sufficiente l’allegazione di una fattispecie che sia riconducibile allo schema del “rapporto di servizio” dei pretesi autori delle condotte contestate, mentre afferisce al merito ogni questione attinente al relativo accertamento[1].

L’associazione, infatti, è destinataria di contributi pubblici, in base allo statuto dell’ente pubblico erogante, tali erogazioni vengono disposte per lo svolgimento di attività di pubblico interesse, quale la promozione dello sport giovanile, preparazione olimpica e attività di alto livello.

Si conferma l’orientamento consolidato[2] secondo il quale, in tema di danno erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo statale ed i soggetti privati i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato, o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall’Amministrazione[3], distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate[4].

Ciò che rileva, non è tanto l’inquadramento o la natura dell’ente agente/ricevente, quanto l’elusione della destinazione del contributo per attività diverse rispetto alla fonte giuridica di finanziamento.

Ne consegue che il percettore del contributo pubblico risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei conti, qualora, disponendo della somma in modo diverso da quello programmato, vanifichi lo scopo perseguito dall’ente pubblico[5].

Senza voler indugiare troppo, quando il soggetto beneficiario dell’erogazione, indipendentemente dalla sua qualificazione o personalità giuridica, concorre alla realizzazione di un fine pubblico, inserito nel programma della P.A., si viene ad instaurare con questa un “rapporto di servizio”.

In dipendenza di tale legame funzionale e destinazione di scopo, impresso dalle relazioni intercorse nell’acquisire la risorsa pubblica, si genera ex se un rapporto finalistico, in dipendenza di un’attività tipicamente pubblica, ancorché interposta; con la connessa responsabilità amministrativa che attinge anche coloro che intrattengono, con il soggetto beneficiario, un rapporto organico ove dai comportamenti da loro tenuti sia derivata la distrazione dei fondi in questione dal fine pubblico cui erano destinati.

Si guarda in definitiva all’utilizzo delle risorse piuttosto che all’inquadramento del soggetto destinatario dell’utilità pubblica e ciò in quanto, «nello schema sopra delineato, il parametro di riferimento della responsabilità erariale (e, quindi, della giurisdizione contabile) è rappresentato dalla provenienza dal bilancio pubblico dei fondi erogati e dal dovere, facente capo a tutti i soggetti che tali fondi amministrano, di assicurarne l’utilizzo per i fini cui gli stessi sono destinati»[6].

Dunque, in tema di danno erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo ed i soggetti privati, quando nella realizzazione di un progetto, di uno scopo, di un’attività l’erogazione del contributo, strettamente legata all’effettività della relativa realizzazione, costituente la finalità di interesse pubblico giustificatrice dell’investimento di denaro pubblico, viene distratto dal suo vincolo di destinazione, ovvero dalla realizzazione dell’obiettivo proposto, approvato e finanziato.

Si comprende che i responsabili rientrano in un “rapporto di servizio” non “organico” bensì “funzionale”, al ruolo di compartecipe – anche solo di mero fatto – dell’attività del soggetto pubblico erogatore del contributo finalizzato alla realizzazione del pubblico interesse[7].

Applicando tali coordinate ermeneutiche, vi è l’irrilevanza della qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario della contribuzione0[8] o del titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta[9], che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio. ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato – ivi compreso quello di sponsorizzazione- è la natura del danno conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la contribuzione ad assumere invero decisiva rilevanza[10].

Il quadro giuridico conferma la piena cognizione della Corte dei Conti della azione restitutoria – risarcitoria che, per la mala gestio del contributo (indebita utilizzazione dei fondi pubblici ottenuti), viene promossa dal Procuratore Generale.

Azione di responsabilità erariale per:

  • LO SVIAMENTO DALLE FINALITÀ, per la cui realizzazione è normativamente prevista l’erogazione;
  • LA CAUSAZIONE DI UN DANNO ERARIALE, in conseguenza dell’esborso di denaro pubblico e della mancata realizzazione della finalità pubblica che lo stesso era funzionalmente volto a realizzare.

 

Per completezza espositiva, per la determinazione della giurisdizione in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, occorre distinguere:

  • LA FASE PROCEDIMENTALE DI VALUTAZIONE DELLA DOMANDA DI CONCESSIONE, nella quale la legge – salvi i casi in cui riconosca direttamente il contributo o la sovvenzione – attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all’interesse primario, con apprezzamento discrezionale (giurisdizione del giudice amministrativo);
  • DA QUELLA SUCCESSIVA ALLA CONCESSIONE DEL CONTRIBUTO, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione ed all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione, ovvero qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza involgere in alcun modo il legittimo esercizio di potere amministrativo pubblico autoritativo di apprezzamento discrezionale del concedente circa l’an, il quid ed il quomodo dell’erogazione[11].

[1] Cfr. Cass. Civ., SS.U.U., sentenze n. 13567/2015; n. 295/2013; n. 9188/2012.

[2] Cass. Civ., SS.UU., sentenze n. 8676/2019 e n. 18991/2017.

[3] Cass. Civ., SS.UU., sentenza n. 5019/2010.

[4] Cass. Civ., SS.UU., n. 23897/2015.

[5] Cass. Civ., SS.UU., 25 gennaio 2013, n. 1774.

[6] Cass. Civ., SS.UU., sentenze n. 3310/2014; n. 295/2013; n. 5019/2010; n. 23332/2009; n. 25513/2006.

[7] Cfr. Cass. Civ., SS.UU., 21 maggio 2014, n. 11229; 20 giugno 2012, n. 10137; 22 novembre 2010, n. 14825.

[8] Cfr. Cass. Civ., SS.UU., 16 luglio 2012, n. 12108.

[9] Cfr. Cass. Civ., SS.UU., 23 settembre 2009, n. 20434; 1 marzo 2006, n. 4511; 19febbraio 2004, n. 3351.

[10] Cass. Civ., SS.UU., 14 settembre 2017, n. 21297.

[11] Cass. Civ., SS.UU., 11 ottobre 2016, n. 20422.