Nella stesura del regolamento di gara si deve seguire un linguaggio chiaro e semplice, possibilmente uniforme, dando contenuto coerente allo scopo negoziale, usando termini comprensibili e sicuri, evitando concetti di natura oscura, allo scopo di consentire la presentazione di un’offerta consapevole e scongiurare limiti partecipativi dovuti all’indeterminatezza delle condizioni della lex specialis.
Donde, in caso di oscurità ed equivocità, un corretto rapporto tra Autorità pubblica e soggetto privato che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità (ex art. 97 Cost.), oltreché di quello specifico enunciato nell’art. 1337 c.c., impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati, interpretandola per ciò che essa espressamente enuncia, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, mediante indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati.
Giova, dunque, osservare che quando il dato testuale presenti ambiguità, deve essere prescelto il significato più favorevole all’ammissione, essendo conforme al pubblico interesse che alla procedura selettiva partecipi il più elevato numero di candidati[1].
La legge di gara deve necessariamente essere intesa secondo le regole dettate dagli articoli 1362 e seguenti del codice civile, alla cui stregua si deve comunque attribuire valore preminente all’interpretazione letterale, in coerenza con i principi di chiarezza e trasparenza, ex art. 1 della Legge 7 agosto 1990, n. 241; diversamente opinando, si violerebbe anche il principio della tassatività delle cause di esclusione, che è chiaramente ispirato al principio del favor partecipationis[2].
Si ricava che ragioni di coerenza e di utilità del sistema normativo impongono che, in presenza di dubbi interpretativi sulle clausole del bando, la regola da seguire, dopo quella di natura letterale e sistematica di natura civilistica[3], sia quella di assicurare la massima partecipazione degli operatori economici, aderente più che ad una concezione contabilistica a quella della concorrenza, di matrice comunitaria e nazionale dell’evidenza pubblica, oltre al conseguente affidamento e alla par condicio competitorum.
I principi enunciati volti a favorire la massima tutela della concorrenza e l’interesse pubblico alla selezione dell’impresa più idonea viene ribadito dall’art. 83, comma 2, del D.lgs. n. 50 del 2016 il quale prevede che i requisiti e le capacità (economico-finanziarie e tecnico professionali) «sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione».
A rigore, l’interpretazione delle clausole di un bando di gara deve in primis prendere in considerazione il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole, non potendo le stesse essere assoggettate a un procedimento ermeneutico avente funzione integrativa e diretto a evidenziare pretesi significati impliciti o inespressi[4].
L’interpretazione letterale è preferibile anche a garanzia dell’affidamento dei destinatari, affinché i vizi del procedimento ermeneutico non conducano a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale[5].
In questo senso, non è consentito introdurre surrettiziamente, attraverso i chiarimenti modifiche della lex specialis di gara[6], atteso che i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante, aventi ad oggetto il contenuto del bando e degli atti allegati, sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni di gara, deducendo, pertanto che il tenore letterale non può naufragare nel modificare le condizioni partecipative[7].
Neppure si potrebbe eccepire un modello interpretativo della gara effettuato in via postuma dalla stazione appaltante in sede di memoria difensiva[8], integrando la motivazione dei criteri di valutazione nell’esercizio ex post della discrezionalità tecnica[9].
La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 gennaio 2020 n. 607, chiarisce e riconferma i criteri interpretativi del bando di gara, sotto il profilo di una clausola riferita ai requisiti di partecipazione.
Si trattava di individuare il corretto significato da dare al numero di pasti fornito nell’ultimo triennio e la sua decorrenza temporale («il concorrente deve aver eseguito nell’ultimo triennio (2015, 2016, 2017) servizi analoghi a quelli oggetto dell’appalto, erogando un numero di pasti all’anno non inferiore a n. 70.000 senza revoche di contratto… la comprova del requisito è fornita secondo le disposizioni di cui all’art. 86 e all’allegato XVII, parte II, del Codice»), presentando due diverse soluzioni:
- una diversa decorrenza (più estesa) precluderebbe l’ammissione alla gara le micro imprese di recente costituzione, penalizzandola ingiustamente rispetto agli altri concorrenti che possono vantare una maggiore esperienza e storicità, essendo da più tempo presenti sul mercato;
- di converso, una diversa opzione ermeneutica, che tenesse conto della data di effettiva costituzione dell’impresa, valuterebbe il requisito in un contesto temporale più recente, includendo il periodo fino all’indizione della procedura, e, quindi, i tre anni effettivi antecedenti al bando, favorendo, in un’ottica sostanzialista e pro-concorrenziale, la partecipazione alla gara delle imprese appena costituite[10], nonché di quelle di piccole e medie dimensioni (ex 30, comma 7, del D.lgs. n. 50 del 2016).
Risulta all’evidenza che se il requisito è la presenza di un numero di anni significativo, rileva il periodo della sua maturazione, e la decorrenza di tale conteggio penalizza coloro che entrano solo di recente nel mercato, ergo si dovrebbe valutare il periodo di fornitura complessivo piuttosto che il singolo anno del triennio.
Sul punto, viene annotato, che l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), in ragione del principio generale del favor partecipationis, ha affermato per le imprese di recente costituzione che «il calcolo per la verifica del possesso dei requisiti indicati nel bando va effettuato sugli anni di effettiva esistenza dell’impresa e i bilanci e la documentazione da presentare sono da riferirsi agli anni di effettiva operativa della stessa»[11].
In dipendenza di ciò, l’appello viene dichiarato fondato, invocando un pacifico principio giurisprudenziale che a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis di gara (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale[12].
Il Collegio, alla luce del dato testuale intrepreta la clausola sotto il seguente profilo:
- i servizi rilevanti, sono quelli «analoghi»;
- il riferimento temporale è unitario «l’ultimo triennio (2015, 2016, 2017)», ossia dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017;
- numero di pasti erogati «all’anno» non inferiore a n. 70.000 (così individuando anche il numero dei pasti erogati nei servizi analoghi).
Alla luce del tenore letterale della clausola l’opzione ermeneutica da condividere è quella di una «media ponderata» sul periodo di riferimento, che non coincide a quella del giudice di prime cure, riferita ad ogni singolo anno: solo in questo modo è possibile dare un senso alla parola “triennio”, che indica un intervallo di durata (id est: un periodo unitario), ove poi la distinta locuzione “all’anno” indica correttamente il valore per indicare la media.
Una diversa lettura – ossia per anno – avrebbe dovuto indicare “per ciascun anno”, ovvero “per il 2015, 2016, 2017”, senza formulare in modo espresso “il triennio”, intendendo, così facendo «un numero medio di pasti nel triennio».
A sostegno delle argomentazioni, il dato fattuale che, seppure il criterio ponderato si presentava estraneo alla lex specialis di gara, vero è che non «richiedeva affatto (e non consentiva perciò di imporne alle concorrenti la sua dimostrazione ai fini della partecipazione) la fornitura di un numero minimo di pasti per ciascun anno del triennio».
Si perviene alla conclusione che in presenza di clausole ambigue, che si prestano a letture differenti, quella più convincente e aderente al dato letterale implica una lettura che assicuri il maggior numero di partecipanti rispetto a quella (riferita all’anno) più limitativa della concorrenza, secondo i principi richiamati di massima partecipazione alle gare pubbliche.
Inoltre, una lettura della clausola, posta nei termini sopra evidenziati, appare maggiormente coerente con:
- i principi di accesso al mercato anche alle imprese di nuova costituzione in condizioni di parità rispetto a quelle provviste di una più ampia storicità, assicurando in concreto ed effettivamente la par condicio competitorum, massima concorrenza e preminente «interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti» (ex 83, comma 2, del D.lgs. n. 50 del 2016);
- con il periodo temporale di riferimento, «effettuati negli ultimi tre anni» (ex 86 e dell’allegato XVII, parte II, lettere ii) del Codice dei contratti pubblici), ove dunque tale termine non può che partire, a ritroso, dal momento dell’indizione della gara, secondo un principio di proporzionalità e adeguatezza.
L’analisi giuridica porta a rilevare che la stesura del testo di gara va affrontata con la consapevolezza di privilegiare una scrittura chiara ed univoca, aperta alla concorrenza e al mercato, evitando di inserire requisiti restrittivi di partecipazione, rendendo effettiva la selezione di tutti, magari precisando, a più riprese, le clausole che si potrebbero prestare a restringere la platea dei concorrenti.
[1] Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 28 dicembre 2018, n. 7426, T.A.R. Marche, sez. I, 29 ottobre 2018, n. 697, Cons. Stato, sez. III, 20 agosto 2018, n. 4981.
[2] T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 13 febbraio 2019, n. 235.
[3] Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 22 maggio 2019, n. 1164, escludendo ogni procedimento ermeneutico in funzione integrativa diretto a evidenziare pretesi significati e a ingenerare incertezze nell’applicazione, ex multis, Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2019, n. 1577 e 6 marzo 2019, n. 1547.
[4] Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2019, n. 4150; sez. II, 23 settembre 2019, n. 6280.
[5] T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 7 giugno 2019, n. 7395.
[6] T.A.R. Marche, sez. I, 26 ottobre 2012, n. 684.
[7] Cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 12 ottobre 2018, n. 940, idem Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 279.
[8] T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 9 luglio 2019, n. 449; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 17 luglio 2019, n. 3952; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 1 agosto 2019, n. 10194.
[9] T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 15 gennaio 2020, n. 23.
[10] Per le imprese di nuova e recente costituzione, il giudizio di idoneità sul possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria astrattamente previsti dal bando va formulato in concreto, Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2017, n. 1813, laddove si osserva che diversamente opinando, si attribuirebbe al comma 4 dell’art. 86 del Codice un’interpretazione abrogatrice, che in sostanza rende immutabile la scelta preventiva fatta in sede di definizione nel bando di gara dei requisiti di capacità economica e finanziaria e che non consente agli operatori che per impedimenti oggettivi e giustificati non posseggono questi ultimi di offrire prove alternative.
[11] Cfr. deliberazioni ANAC, 20 dicembre 2017, n. 1349; 23 maggio 2018, n. 473 e 14 giugno 2017, n. 671.
[12] Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2232; 24 febbraio 2017, n. 869; 5 ottobre 2017, n. 4644.