La sez. IV Catania del T.A.R. Sicilia, con la sentenza 3 febbraio 2020 n. 272, codifica un decalogo di condizione lesive (c.d. clausole immediatamente escludenti) della concorrenza, le quali possono essere demolite con l’immediata impugnazione del bando/avviso di gara.
L’operatore economico partecipava ad una procedura negoziata sul MEPA (Mercato elettronico della pubblica amministrazione) per l’affidamento del servizio di assistenza tecnica “full risk” di sistemi, infrastrutture ed apparecchiature ICT (Information and Communications Technology), da aggiudicare con il criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b), del D.lgs. n. 50/2016 («per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato»), venendo esclusa dalla Commissione tecnica (non da quella di gara) per la mancanza del possesso di una lettera di autorizzazione del fornitore della soluzione gestionale (richiesta nel capitolato d’oneri).
Va precisato che l’opzione per il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, impedisce alla Commissione di gara il potere discrezionale in ordine alla valutazione comparativa della qualità delle offerte pervenute, non potendo coesistere margini per poter arricchire di contenuti le indicazioni desumibili dal testo degli atti di gara.
In punto di fatto, la Stazione appaltante avrebbe subordinato la partecipazione alla gara all’autorizzazione di una società privata; autorizzazione di converso rilasciata alla ditta aggiudicataria: in punto di diritto, si esigeva l’immediata impugnazione della lex specialis.
La questione centrale d’interesse riguarda l’inammissibilità connessa alla mancata tempestiva impugnazione degli atti di gara, nella parte in cui ha imposto, a pena di esclusione, la produzione della cit. lettera di autorizzazione all’espletamento della manutenzione.
In termini diversi, in presenza di una condizione che pregiudica la partecipazione a monte, non è possibile a valle impugnare l’esclusione per l’assenza di un requisito necessario sin dall’origine; ossia, al momento di presentazione dell’offerta, rectius la condizione risultava immediatamente escludente al momento di pubblicazione del bando: in assenza di un’autorizzazione preventiva la partecipazione risultava del tutto vana, mancando un «requisito di ammissione», indispensabile per formulare l’offerta.
Giova rilevare, sotto il profilo dei termini di impugnazione, che la giurisprudenza si è espressa in ordine al principio secondo il quale la pubblicazione della delibera/determina di aggiudicazione di per sé sola non è idonea a stabilire la decorrenza del termine d’impugnazione, se ad essa non si accompagna la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva a tutti gli interessati, di cui all’art. 76, comma 5, del D.lgs. n. 50/2016[1].
L’operatore economico aveva l’onere di sottoporre a immediata impugnazione il capitolato speciale d’appalto, nella parte in cui prevedeva il possesso della lettera recante l’autorizzazione, giacché la previsione dispiega un effetto avente efficacia immediatamente escludente.
Il Tribunale, nella sua chiarezza espositiva, rammenta che, oltre all’esplicita, norma di cui all’art. 120, comma 5, c.p.a., allorché fa riferimento ai bandi e agli avvisi autonomamente lesivi, anche la giurisprudenza ha declinato talune condizioni che necessitano un onere di immediata impugnazione:
- clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale[2];
- regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile[3];
- disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta[4];
- condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente[5];
- clausole impositive di obblighi contra ius (ad es. cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto)[6];
- bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (ad es. quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.);
- atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”[7].
Invero, le preminenti esigenze di certezza – attinente al regolare svolgimento delle procedure di gara – impongono un’interpretazione delle clausole del bando restrittiva, sicché deve essere preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale, e anche qualora si volessero ammettere chiarimenti, mediante un’operazione di interpretazione del testo, il significato e/o la ratio preclude di attribuire ad una clausola del bando un significato ed una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost.[8].
In questa chiave esegetica, se le clausole dovrebbero garantire o tendere all’affidamento dei destinatari ad un più ampio grado di partecipazione (verso una platea dei concorrenti aperta), le espressioni letterali usate nel concreto non possono condurre ad un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale, ingenerando confusione, e dunque ammettendo l’immediata impugnazione per un loro intrinseco deficit cognitivo (un’errata percezione del significato)[9].
Si conclude riaffermando che l’onere di immediata impugnazione è qualificabile come clausola immediatamente escludente qualunque disposizione, contenuta nella lex specialis di gara, che, a prescindere dal suo contenuto (e cioè indipendentemente dal fatto che abbia ad oggetto un requisito soggettivo od un adempimento da assolvere contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione) e della fase di concreta operatività, sia tale da precludere la partecipazione dell’impresa interessata conseguentemente a contestarla, o comunque da giustificare una prognosi, avente carattere di ragionevole certezza, di esito infausto della sua eventuale partecipazione[10].
Il ricorso viene, pertanto, dichiarato inammissibile a causa della mancata tempestiva impugnazione della clausola escludente presente nel capitolato speciale d’appalto.
Nello sfondo e astraendo, il caso dimostra il bisogno di usare chiarezza espositiva nella stesura del testo, senza aggiungere significati nascosti, consentendo ad ogni operatore economico di comprendere nell’immediato il contenuto del bando, sapendo – in ogni caso – che le clausole non dovrebbero limitare la partecipazione e regolarsi sui principi di buon andamento (di matrice pubblicistica), regole di correttezza e di buona fede negoziale, nel senso di orientarsi alla massima concorrenza nell’individuazione del contraente e di giusto equilibrio del sinallagma contrattuale.
Il rischio sotteso, volendo decidere una misura di prevenzione del rischio corruttivo, postula che l’adulterazione delle regole partecipative, con l’inserimento di requisiti limitativi della partecipazione o l’insolito significato delle clausole di gara, rilevano per l’eminente natura immediatamente falsante della trasparenza e del libero dispiegarsi della concorrenza.
La condotta enunciata si presenta a monte nel predisporre condizioni sicuramente contra ius, ove l’intento sia quello di alterare la par condicio in favore di alcuni soggetti posti in una posizione di indebito vantaggio, donde l’esigenza di mappare in chiaro tutte quelle condizioni particolari che pregiudicano la partecipazione, con una motivazione rafforzata e giustificata nel concreto.
[1] Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5859/2018 e sez. V, sentenza n. 5257/2019.
[2] Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671.
[3] Cons. Stato, Ad. Plen., n. 3 del 2001.
[4] Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980.
[5] Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135 e sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293.
[6] Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222.
[7] Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011. n. 5421; Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4.
[8] Cons. Stato, sez. III, 4 febbraio 2020, n. 875.
[9] Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; sez. V, 15 aprile 2004, n. 2162 e n. 4307/2017.
[10] Cons. Stato, sez. V, 22 novembre 2019, n. 7978.