La questione di massima
La sez. contr. Trento della Corte dei Conti con la Deliberazione 21 gennaio 2020, n. 2, interviene per delineare i confini dell’erogazione di contributi per assistere un ente privato (parrocchia) nel risanamento e adeguamento strutturale e funzionale di un oratorio, a fronte di un suo utilizzo gratuito, per la durata di 25 anni, e successivo trasferimento in proprietà al Comune.
L’interesse pubblico si dispiegava:
- sia per l’utilizzo del bene per attività culturali (teatro), con finalità di natura tipicamente sociali;
- sia quale punto di ritrovo e aggregazione per la comunità locale;
- sia per la presenza di una norma regolamentare per la concessione di finanziamenti e benefici economici ad enti pubblici, associazioni e soggetti privati, senza scopo di lucro, le cui modalità (di uso dei beni) venivano descritte in apposita convenzione.
Sostegno e contributi al Terzo settore, alle associazioni, ai soggetti privati
Per inquadrare il tema sulle attività e il sostegno delle iniziative, oltre la previsione di erogazioni di natura economica, di cui all’art. 12 della Legge n. 241/1990, il D.lgs. 3 luglio 2017 n. 117, «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», nelle sue diverse norme ha lo scopo primario di:
- sostenere «l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione» (ex 1);
- assicurare «il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento», nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dove la co-programmazione è finalizzata «all’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili», mentre la co-progettazione è finalizzata «alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione» (ex 55).
L’Amministrazione potrà, pertanto, individuare enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato, nonché sottoscrivere convenzioni con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale «finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato», potendo rimborsare esclusivamente le spese effettivamente sostenute e documentate (ex art. 56)[1], nonché concedere agli stessi «sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati», purchè predeterminati su base regolamentare interna[2].
In definitiva, si potrà:
- realizzare attività di partenariato, prevedendo il cofinanziamento degli interventi;
- sottoscrivere delle convenzioni, prevedendo solo il rimborso delle spese documentate[3];
- sostenere le iniziativi dei soggetti, prevedendo di erogare contributi a fondo perduto (ossia, senza controprestazione)[4].
Attività sostenibili
Fatte queste premesse di inquadramento, la risposta risiede nel valutare la legittimità di una condotta che prevede erogazioni pubbliche a favore di privati, seppure funzionali alla realizzazione di un fine pubblico, quale (ad esempio) l’aggregazione sociale, la promozione del volontariato, l’aiuto all’infanzia[5].
In via generale, la Corte rileva che nel nostro ordinamento contabile non si ritrova alcuna disposizione che vieti all’Ente locale di effettuare attribuzioni patrimoniali a terzi, nel caso in cui queste siano necessarie per conseguire i propri fini istituzionali.
Infatti, solo a citare la disciplina in parola, è sempre ammissibile sostenere iniziative di valore istituzionale, in funzione dei principi di solidarietà sociale e sussidiarietà orizzontale, ex art. 118, quarto comma, Cost., ossia, «al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune», ben potendo attribuire beni e risorse, «anche se apparentemente a “fondo perso”», se lo scopo finale si riversa sulla Comunità: questa operazione finanziaria non «può equivalere ad un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico effettuato dal soggetto che riceve il contributo»[6].
Va anche precisato che, secondo il principio di sussidiarietà “orizzontale”, la natura pubblica o privata del soggetto che riceve la sovvenzione è indifferente se il criterio guida risulta quello della necessità che l’attribuzione sia finalizzata al perseguimento dei fini dell’ente pubblico: una coincidenza di interessi primari, quello pubblico e quello privato.
Peraltro, sia l’art. 12 della Legge n. 241/1990, che disposizione regionale (ex art. 19 della L.P. n. 23/1992), consentono erogazioni di vantaggi economici osservando:
- criteri prestabiliti;
- forme di pubblicità adeguata;
- istruttoria motivazionale da riportare nei provvedimenti concessori;
- il rispetto dei principi di buon andamento, di parità di trattamento e di non discriminazione.
A sostenere la legittimità delle erogazioni vengono richiamati diversi orientamenti giurisprudenziali, ove si ammettono tali erogazioni di contributi a favore di enti che, pur non essendo affidatari di servizi, svolgono un’attività che viene ritenuta utile per i propri cittadini[7].
A margine non può essere sottaciuto che il vaglio delle iniziative ammesse a contribuzione risulta ampio, tale da ricomprendere sono quelle culturali, artistiche, sociali, di promozione turistica (elencazione questa non esaustiva), che mirano a realizzare gli interessi, economici e non, della collettività amministrata, ossia le finalità istituzionali dell’Ente locale, osservazione che induce a ricomprendere, nella sua latitudine, quasi tutte, se non tutte le iniziative di valorizzazione del territorio che appartengono ai poteri (potestà) discrezionali dell’Ente locale nel perseguire concretamente, caso per caso, l’interesse pubblico: «il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo», ex art. 5, comma 2, del D.lgs. n.267/2000[8].
Onere motivazionale e istruttorio
Si osserva, inoltre, che l’attribuzione di benefici pubblici deve risultare conforme al principio di congruità della spesa da sostenere rispetto al concreto interesse pubblico da perseguire: rimane «subordinata ai limiti imposti da disposizioni di legge dirette al contenimento della spesa pubblica ed alle prescrizioni richieste dai princìpi contabili per garantire la corretta gestione delle risorse pubbliche», in ossequio alle elementari regole di buona amministrazione e di ragionevolezza dell’agire da parte dei pubblici poteri[9].
In termini diversi, si vuole evidenziare un criterio di proporzionalità delle erogazioni, che dovranno essere compatibili da una parte, con i servizi resi o gli investimenti richiesti, dall’altra, con le disponibilità finanziarie.
Un onere di buona amministrazione delle risorse pubbliche e di trasparenza, un bilanciamento tra esigenze del destinatario, interesse pubblico sotteso, risorse in bilancio, con una puntualmente motivata e dimostrata correlazione tra entità della sovvenzione e la finalità pubblica perseguita[10].
Rendicontazione
Chiarita la base giuridica e motivazionale, la Sezione si sofferma sull’esigenza di rendicontare con idonea documentazione giustificativa l’iniziativa svolta, nello specifico delle spese sostenute e agli obiettivi conseguiti, che devono essere riconducibili ai fini che l’ente intende perseguire.
In effetti, l’erogazione dei contributi deve avere la destinazione stabilita nell’atto, diversamente saremo in presenza di un danno erariale, per la condotta illecita posta da coloro che utilizzano l’erogazione di fondi pubblici, per scopi diversi da quelli della loro originaria destinazione[11].
Su questo ultimo aspetto, in tema di responsabilità erariale, la giurisdizione civile e quella penale, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale: l’eventuale incoerenza tra l’avvenuto proscioglimento in sede penale e l’affermata sussistenza della responsabilità erariale in relazione alla medesima condotta non integra una questione esorbitante dai limiti interni della giurisdizione del giudice contabile ed è, quindi, sottratta al sindacato delle Sezioni unite della Corte di Cassazione[12].
Si ribadisce che non possono essere sovvenzionati maggiori spese rispetto a quelle documentate[13], dovendo rammentare, sul piano istruttorio, che l’erogazione o il rimborso avviene mediante una verifica del programma o dell’attività posta in essere con la presentazione di un piano finanziario, in cui siano indicate analiticamente le spese dell’evento, nonché un rendiconto finale dei costi sostenuti in concreto, e che, anche nelle ipotesi di un contributo di natura forfettaria, deve essere agevole e possibile l’accertamento dei presupposti per determinarlo[14].
Pubblicità e trasparenza
Le erogazioni seguono il c.d. Decreto Trasparenza, ex d.lgs. n. 33/2013 dove all’art. 26 «obblighi di pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati», si impone la pubblicazione degli atti di concessione, laddove di importo superiore a mille euro, con la precisazione che trattasi di “pubblicità costitutiva”, ovvero «condizione legale di efficacia dei provvedimenti».
Principi e risposte
L’epilogo dell’intera materia porta a ritenere che l’erogazione di contributi, o la partecipazione al rimborso delle spese per le attività in convenzione, deve essere coerente con i programmi a monte, dovendo giustificare sotto il profilo documentale le erogazioni o i rimborsi spesa, che non perdono la natura di contributo, non correlati a prestazioni; diversamente saremo in presenza di un’attività d’impresa o presente nel mercato concorrenziale, e non di attività del c.d. Terzo settore, ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale), volontariato.
La Corte termina nel ritenere legittimo e possibile che «il Comune preveda nel proprio regolamento per la concessione di contributi una disposizione diretta a disciplinare in linea generale criteri e modalità da osservare per l’adozione dei provvedimenti di erogazione di sovvenzioni a soggetti chiamati a svolgere servizi pubblici o, comunque, di interesse per la collettività di riferimento, per finalità direttamente ascrivibili ai fini istituzionali perseguiti dall’Ente».
Inoltre, riafferma «l’opportunità di disciplinare i rapporti tra Comune e soggetto beneficiario in un apposito atto convenzionale al fine di assicurare la corretta destinazione degli interventi agli scopi pubblici, prevedendo anche le modalità di verifica e recupero nel caso di mancato o irregolare utilizzo rispetto alle finalità preventivate».
Oneri fiscali
Pare giusto osservare che le erogazioni di “contributi”, o i “rimborsi spesa” documentati, non corrispondono e non sono correlati ad una controprestazione (un c.d. rapporto sinallagmatico con obbligazioni reciproche), mancando la c.d. commerciabilità (assenza di proventi): si tratta di erogazioni senza obbligo di prestazione verso soggetti che non svolgono attività commerciali: senza fini di lucro (associazioni, volontariato, o più propriamente del c.d. Terzo Settore).
L’agenzia delle Entrate con Circolare n. 34/E del 21 novembre 2013, «Trattamento agli effetti dell’IVA dei contributi erogati da amministrazioni pubbliche – Criteri generali per la definizione giuridica e tributaria delle erogazioni, da parte delle pubbliche amministrazioni, come contributi o corrispettivi» ha stabilito la natura di contributo delle erogazioni nei casi in cui l’Amministrazione agisce con riferimento all’articolo 12 della Legge 7 agosto 1990, n. 241.
Tale norma, si legge, riconduce l’intervento tra le funzioni amministrative e dispone che la funzione sia esercitata nella forma del procedimento amministrativo, come tale, sottoposta a regole di trasparenza e di imparzialità, e, dunque, «non assumono la natura di corrispettivo» (escludendo il campo di applicazione dell’IVA).
Precisa la Circolare che «un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto».
Si comprende che l’erogazione del contributo, mancando una controprestazione, esula dalla fattispecie, mentre il rimborso delle spese documentate risulterebbe un ristoro non della prestazione dei volontari (che è gratuita) ma di quanto necessario per l’esecuzione del convenzionamento (ad es. spese acquisto materiale, benzina, energia).
Sotto il profilo di un’eventuale “ritenuta”, l’art. 28, «Ritenuta sui compensi per avviamento commerciale e sui contributi degli enti pubblici», del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, al comma due esclude l’applicazione per tali erogazioni: «Le regioni, le province, i comuni, gli altri enti pubblici e privati devono operare una ritenuta del quattro per cento a titolo di acconto delle imposte indicate nel comma precedente e con obbligo di rivalsa sull’ammontare dei contributi corrisposti ad imprese, esclusi quelli per l’acquisto di beni strumentali»[15].
Di converso, qualora l’erogazione venga posta in funzione di un’attività suscettibile di produrre corrispettivi aventi “natura commerciale”, per tali ultime attività il soggetto beneficiario assumerebbe la qualifica d’impresa, con la conseguente ritenuta, diversamente si applica la disciplina degli art. 79, 84, 85 del D.lgs. n. 117/2017 (a cui si rinvia)[16].
[1] Sono – in ogni caso – vietati rimborsi spese di tipo forfetario, T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 11 gennaio 2019, n. 48.
[2] Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 2019, n. 7845, espressione di un principio generale per il quale l’erogazione di somme di denaro, da parte dell’Amministrazione pubblica, in qualsiasi forma avvenga, non può considerarsi completamente libera, essendo, invece, necessario che la discrezionalità che connota tale attività sia incanalata mediante la preventiva predisposizione di criteri e modalità di scelta del progetto o dell’attività da beneficiare. Idem, Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 279 del 11 settembre 2015.
[3] Il Comune non può rimborsare spese non documentate ad un’associazione di volontariato, indipendentemente dal fatto che i servizi siano stati effettivamente resi e che le relative spese siano inferiori ai costi di mercato, Corte Conti, sez. giur. Emilia – Romagna, 27 dicembre 2017, n. 250.
[4] L’erogazione ha natura di contributo quando non vi è alcun collegamento con la prestazione; ovvero, non è funzionale ad alcun obbligo da parte del beneficiario, il cui inadempimento può dar luogo alla comminatoria di decadenza dal detto contributo, T.A.R. Lazio, sez. III ter, 8 marzo 2004, n. 2159; Corte Conti, sez. contr. Veneto, Deliberazione n. 336/2011.
[5] Cfr., un personale approfondimento, Servizi pubblici dell’infanzia e autonomia comunale (nota a marine della Deliberazione n. 339 del 27 novembre 2019 della Corte dei Conti, sez. controllo Veneto), public-utilities.it., 7 gennaio 2020.
[6] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 262/2012; sez. contr. Piemonte, Deliberazione n. 214/2017.
[7] T.A.R. Milano, Lombardia, sez. I, 29 gennaio 2014, n. 330; idem Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazioni nn. 226/2013; 248/2014 e 79/2015.
[8] Cfr. Corte Conti, sez. contr. Liguria, Deliberazione 21 febbraio 2011, n. 11.
[9] Cfr. Corte Conti, sez. giur. Lombardia, 15 marzo 2011, n. 145; Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazioni nn. 248/2014 e 121/2015.
[10] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 262/2012.
[11] Cfr. Cass. Civ., sezioni Unite, ordinanza 7 gennaio 2020, n. 111. Si rinvia, ad un personale scritto, Erogazione di contributi pubblici, diversa destinazione e danno erariale, segretaricomunalivighenzi.it, 20 gennaio 2020;
[12] Cass. Civ., sez. Unite, 27 gennaio 2016, n. 1515.
[13] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, Deliberazione n. 146/2019.
[14] Corte Conti, sez. giur. d’Appello Regione Siciliana, sentenza n. 54/A/2016.
[15] Cfr. l’art. 74 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ove si precisano gli Enti non soggetti all’imposta e le attività non rientranti tra quelle commerciali.
[16] Cfr. l’art. 16 «Disposizioni in materia di ritenute alla fonte», del D.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale», abrogato dall’art. 102, comma 2, lett. a), D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117.