La prima sez. Brescia del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 45 del 20 gennaio 2020, definisce le modalità per la concessione del servizio di gestione bar – ministore (idem per la concessione di spazi per macchine distributrici di alimenti e bevande) distinguendolo dalla mera locazione dello spazio adibito al servizio.
I motivi del ricorso:
- assenza dei requisiti di idoneità professionale (iscrizione nel Registro delle Imprese per attività inerenti l’oggetto dell’appalto)[1];
- attività prevalente e principale dell’aggiudicataria sarebbe quella inerente il servizio di vigilanza privata non armata, di guardiania, portierato e sorveglianza, con una parte residuale nell’attività di somministrazione alimenti e bevande, gestione bar, rivendita riviste e giornali;
- costo medio del personale significativamente inferiore rispetto a quello indicato dalle tabelle ministeriali di riferimento.
L’Amministrazione resistente eccepiva:
- l’oggetto della procedura di gara non qualificabile come una «concessione di servizi» ma come «concessione di immobile demaniale»;
- trattandosi di un contratto attivo non si ricade nella disciplina del D.lgs. n. 50/2016;
- la scelta della procedura rientrava in un autovincolo dell’Amministrazione, inidonea ad assoggettare la procedura all’applicazione dell’intero corpus normativo del Codice dei contratti pubblici.
Il ricorso viene in parte considerato inammissibile e in parte infondato.
In via preliminare, si annota:
- il contratto per espressa qualificazione del capitolato tecnico ha ad oggetto «il servizio di gestione bar, somministrazione di alimenti e bevande, la vendita di alimenti (…) la rivendita di giornali, quotidiani»;
- sussistono precisi obblighi a carico del concessionario al fine di conformarne l’attività a precise regole di efficienza, continuità e qualità, che travalicano la mera gestione del bene pubblico e connotano il rapporto in termini di servizio.
Dunque, va qualificato come concessione di servizi il rapporto con cui è stato affidato da una P.A. ad un privato la gestione di un servizio bar e ristorazione all’interno dei propri locali, in quanto sussistono entrambi i requisiti contenutistici:
- il servizio di gestione del bar interno è reso ad un pubblico di utenti del presidio ospedaliero;
- il rischio di gestione del servizio ricade sull’aggiudicatario;
- non vi è alcuna remunerazione a carico dell’Amministrazione atteso che le entrate derivano dal servizio reso agli utenti.
In dipendenza di quest’ultimo aspetto risulta essenziale ed obbligatorio indicare nel bando di gara il valore della concessione, al fine di garantire al partecipante alla procedura la possibilità di formulare la propria offerta cognita causa, ovvero nella più completa conoscenza dei dati economici del servizio da svolgere[2].
L’affidamento in uso di locali da parte della P.A. prevede un pagamento di un canone locativo da parte del concessionario, come pure l’obbligo dello stesso di svolgere i lavori di predisposizione e di adeguamento funzionale dei locali, non rientrando, pertanto, in un mero contratto attivo.
L’attività economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili, in un determinato contesto sociale, costituisce un «pubblico servizio», vista anche la natura mista del rapporto: concessione di un servizio e utilizzo dello spazio concessionato mediante canone[3].
Diversamente da quanto accade per gli «appalti di servizi», ove la prestazione è resa in favore dell’Amministrazione, per le «concessioni» il compenso di cui beneficia l’aggiudicatario deriva direttamente dall’utenza che fruisce del servizio ed il rischio economico connesso alla gestione e all’eventuale stima in difetto delle voci di spesa non ricade sull’Amministrazione, alla quale è comunque riconosciuto il canone.
Per gli ulteriori profili si conclude il giudizio finale sull’offerta (presunta anomalia)[4] ha carattere tecnico-discrezionale, sindacabile in sede giurisdizionale limitatamente ai casi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza o travisamento dei fatti emersi nell’istruttoria, non potendo il vaglio, sul corretto esercizio del potere, sfociare in una nuova valutazione dell’offerta o di sue singole voci da parte del giudice amministrativo[5].
Si tratta, quindi, di un affidamento di una «concessione di servizi» e non di una locazione di spazio o di appalto di servizi o di contratto di lavori – forniture – servizi, avendo la procedura seguito un iter coerente con l’attività concretamente esercitata: la gara risulta formulata come una “concessione di servizi e spazi”, con la previsione da una parte, di un “corrispettivo-canone” in favore dell’Amministrazione, dall’altra parte, di un’entrata a carico dell’utenza del servizio a favore dell’aggiudicatario (che se ne assume il rischio operativo)[6].
La giurisprudenza inquadra la fattispecie nell’ambito del contratto atipico nel quale trovano spazio sia gli elementi della concessione di un servizio al pubblico, che quelli della concessione di spazi pubblici, con prevalenza del primo elemento poiché la causa della concessione è assorbita da quella del servizio al pubblico consistente nella distribuzione di alimenti e bevande: la concessione di spazi è il mezzo attraverso il quale viene raggiunto quest’ultimo obiettivo[7].
D’altronde anche l’affidamento dei distributori di bevande e alimenti costituisce un peculiare contratto (attivo) di “concessione” degli spazi necessari per la collocazione di distributori, sottoposto all’applicazione dei soli generali principi di “libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità”, con garanzia di “qualità delle prestazioni” nonchè “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”, ai sensi dell’art. 30, comma 1 del D.lgs. n. 50/2016[8].
Il quadro normativo completa l’orientamento secondo il quale l’affidamento del servizio di gestione di un servizio di ministore, distributori automatici di snack e bevande può essere ricondotto pacificamente nell’ambito della «concessione di servizi», che si differenzia dall’appalto di servizi, in quanto il corrispettivo della fornitura consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi, o in tale diritto accompagnato da un prezzo[9], con conseguenziale applicazione alle procedure di scelta del contraente, non dell’interezza delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, ma solo dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici[10].
[1] Va appuntato che risulterebbe legittimo il bando di una gara indetta per la concessione di spazi idonei per la gestione del servizio di erogazione di bevande calde e fredde e prodotti vari a mezzo distributori automatici, nella parte in cui richiede ai concorrenti, quanto ai requisiti di capacità tecnica e professionale, il possesso del sistema di qualità particolarmente elevata e, in particolare, conforme alle norme: ISO 9001:UNI EN ISO 90001:2008; Certificazione TQS Vending (Top qualità Standard); ISO 14000, ai sensi dell’art. 83 del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in relazione all’ampia discrezionalità nella scelta dei requisiti di idoneità tecnica dei concorrenti all’esecuzione dell’appalto, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 11 maggio 2017, n. 734.
[2] T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 12 dicembre 2019, n. 2192; T.A.R. Toscana, sez. II, 1° febbraio 2017, n. 173; Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2017, n. 748; sez. III, 18 ottobre 2016, n. 4343.
[3] Cfr., T.A.R. Molise, sentenza n. 26 del 2010; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 10 gennaio 2018, n. 18.
[4] Lo scostamento del costo della manodopera da quello indicato dalle tabelle ministeriali, di cui all’articolo 23, comma 16 del D.lgs. 50/2016, non comporta un giudizio necessitato di anomalia e inadeguatezza dell’offerta, costituendo detti valori un mero parametro di riferimento, da cui è possibile discostarsi in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori, fermo restando il necessario rispetto dei minimi salariali retributivi. Va anche rilevato che la lex specialis dovrà indicare una stima presunta del fatturato, atteso che per le concessioni, nella nozione di “importo totale pagabile” è sicuramente da ricomprendere il flusso dei corrispettivi pagati dagli utenti per i servizi in concessione, Cons. Stato, sez. III, 11 gennaio 2018, n. 127; sez. V, 20 febbraio 2017, n. 748; sez. III, 18 ottobre 2016, n. 4343; T.A.R. Emilia – Romagna, sez. II, 2 febbraio 2018, nn. 121 e 122; T.A.R. Toscana, sez. II, 1° febbraio 2017, n. 173; T.A.R. Umbria, sez. I, 19 ottobre 2016, n. 653.
[5] Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 2603.
[6] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 6073.
[7] T.A.R. Toscana, sez. I, 30 marzo 2015, n. 536 e sez. II, 5 agosto 2014, n. 1329; idem Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4682.
[8] T.A.R. Sardegna, sez. II, 17 febbraio 2020, n. 101.
[9] T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 14 marzo 2018, n. 544; idem Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3571 e 28 maggio 2015, n. 2682.
[10] Cfr. T.A.R. Sardegna, sez. II, 17 febbraio 2020, n. 101; T.A.R. Toscana, sez. II, 24 novembre 2016, n. 1707; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 17 dicembre 2015, n. 3609; Cons. Stato, sez. V, 1° dicembre 2014, n. 5915.