La sez. quinta del Consiglio di Stato, con la sentenza 6 maggio 2020, n. 2863 (Pres. ff. ed Est. Franconiero) delinea i confini del conflitto di interessi del personale della stazione appaltante nei limiti delineati del comma 2 dall’art. 42 del d.lgs. n. 50 del 2016: va provato.
La norma di riferimento dichiara la presenza del conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi[1]:
PRIMO PROFILO (la condotta azionata o azionabile):
- interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni;
- oppure (alternativamente) può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato[2].
SECONDO PROFILO (la condotta concreta, ovvero accertabile):
- ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione (un pericolo);
- costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (norma di rinvio e di chiusura) che si presenta quando possano essere coinvolti «interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza»[3].
La funzione del conflitto di interessi ha l’obiettivo di prevenire ogni potenziale asimmetria informativa di cui possa godere un concorrente grazie all’acquisizione di elementi ignoti agli altri partecipanti per il tramite di un soggetto in rapporto diretto con la stazione appaltante, così come anche solo potenziale può configurarsi il conseguente, indebito vantaggio competitivo conseguito, in violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio competitorum[4].
Le Linee Guida ANAC n. 15 «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici» adottate con delibera n. 494 del 5 giugno 2019, intendono individuare delle misure concrete per prevenire e risolvere il conflitto di interesse nelle gare.
Le indicazioni fornite dall’ANAC, ed essendo un atto con natura non vincolante per i destinatari, hanno lo scopo:
- prevedere una tutela anticipata, attribuendo rilevanza a situazioni meramente potenziali;
- di favorire la diffusione delle migliori pratiche;
- la standardizzazione dei comportamenti da parte delle stazioni appaltanti;
- nell’ottica di addivenire alla corretta interpretazione e applicazione delle disposizioni di legge.
La presenza del conflitto di interessi, anche nella configurazione generale, di cui all’art. 6 bis della legge n. 241 del 1990, ove non “sanato” con l’astensione o diversamente “risolto”, comporta l’illegittimità del provvedimento viziato dall’incompatibilità, melius dal difetto di legittimazione, tendenzialmente riconducibile nell’ambito del vizio di incompetenza, con il precipitato pratico che se il conflitto di interessi è evidenziato in una fase più avanzata del procedimento di gara (nel caso in cui le misure ex ante apprestate si siano dimostrate insufficienti), od addirittura successivamente all’aggiudicazione, non può che trovare applicazione la misura demolitoria, che, secondo la regola generale, colpisce il provvedimento viziato dal conflitto di interessi, indipendentemente da ogni ulteriore valutazione[5].
Il fatto: l’appello viene proposto avverso il rigetto del ricorso per l’annullamento d’ufficio di un provvedimento di revoca in autotutela dell’affidamento, a titolo gratuito, di progetti esecutivi relativi ai lavori di manutenzione straordinaria stradale, adottato sulla base della «violazione del Codice Etico Aziendale, al cui rispetto sono tenuti tutti i soggetti che entrano in contatto» con l’Amministrazione appaltante, emerso all’esito delle verifiche sui requisiti, ex art. 80 del Codice dei contratti pubblici, svolte nei confronti del soggetto affidatario (società controllata).
Nello specifico l’amministratore delegato dell’affidatario risultava dipendente dell’Amministrazione appaltante «con posizione apicale all’interno della Direzione Generale».
In primo grado si è ritenuto che il cumulo di queste due qualità integra gli estremi di un conflitto di interessi, sia ai sensi del Codice etico aziendale che dell’art. 42 del decreto legislativo n. 50 del 2016; dunque, causa di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lett. d) del codice dei contratti pubblici: «la partecipazione dell’operatore economico determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell’articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile».
L’appellante premette di essere una partecipata indiretta della stazione appaltante, rilevando che tale situazione di controllo non possa determinare un conflitto di interessi rilevante, ai sensi della disposizione del Codice dei contratti pubblici[6], dovendo verificare concretamente l’eventuale conflitto di interessi nel dovuto procedimento istruttorio (con contradditorio, rectius con la relativa comunicazione di avvio del procedimento censorio) non potendo:
- essere un mero automatismo formale privo di riscontri fattuali (manca l’effettività della prova);
- neppure la violazione del Codice etico può avere valenza esterna, ossia rivolta all’affidatario, quanto semmai al singolo dipendente responsabile della violazione e non anche su un soggetto comunque estraneo al predetto rapporto di subordinazione.
Il giudice di appello, nel ritenere il ricorso fondato, delimita la materia del contendere nella sola violazione del Codice etico della stazione appaltante non ulteriormente precisata.
Viene analizzato il Codice etico, il quale vieta al personale dipendente:
- di perseguire «interessi diversi da quello della missione aziendale»;
- di avvantaggiarsi «personalmente di opportunità d’affari dell’impresa»;
- di assumere «incarichi esterni in società o imprese commerciali i cui interessi siano direttamente o anche solo potenzialmente contrastanti o interferenti con quelli» della stazione appaltante;
- di assumere «incarichi di collaborazione con soggetti che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti l’ufficio».
Aggiunge l’obbligo di astenersi:
- da attività «che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d’ufficio»;
- dal partecipare «a qualsiasi attività che possa generare o far apparire un conflitto d’interesse, in osservanza ai principi di legalità, lealtà, correttezza e trasparenza».
La sola violazione del Codice etico non giustifica l’annullamento d’ufficio «perché il codice etico contiene norme di comportamento rivolte ai dipendenti dell’amministrazione, gli unici passibili di sanzioni per ogni sua eventuale violazione, a differenza di soggetti estranei all’organizzazione interna della medesima amministrazione», non potendo estendersi, quindi, oltre il perimetro della stazione appaltante per ricomprendere i terzi.
In termini diversi, una cosa è la condotta del dipendente e gli effetti su di essa prodotti dal Codice etico, altra cosa diversa è la posizione giuridica della società affidataria, ontologicamente estranea alla struttura organizzativa della stazione appaltante e incapace:
- di essere autrice di violazione del Codice etico di quest’ultima;
- di essere dipendente di quest’ultima;
- di essere destinataria di sanzioni comportamentali di quest’ultima.
Non potendo applicare all’affidataria il Codice aziendale della stazione appaltante, viene meno il presupposto che funge da condizione per l’annullamento d’ufficio in presenza di un conflitto di interessi non imputabile alla ricorrente.
Tale pronunciamento si fonda sulle seguenti considerazioni:
- la violazione del conflitto di interessi, ai sensi del comma 3 dell’art. 42, è fonte diretta di responsabilità solo per il dipendente;
- la funzione del comma 2 dell’art. 42 è quella di prevenire ogni situazione di conflitto di interesse in relazione alla posizione soggettiva del singolo in relazione al soddisfacimento dell’interesse funzionalizzato;
- la disciplina dell’art. 42, così come quella del Codice etico, non regola invece la posizione del soggetto eventualmente avvantaggiatosi dalla mancata astensione del dipendente pubblico in conflitto di interessi, per cui nei confronti dello stesso non è in linea di principio predicabile alcuna conseguenza sfavorevole.
Ciò posto, nello specifico viene accertato che il dipendente della stazione appaltante e allo stesso tempo amministratore delegato dell’affidatario non ha preso alcuna parte nell’affidamento del servizio, per cui difettano in radice i presupposti per applicare il Codice etico, donde la censura dell’annullamento del provvedimento impugnato.
Sotto altro profilo, riferito all’ipotesi dell’art. 80, comma 5, lett. d), del Codice dei contratti pubblici, il conflitto di interessi del dipendente pubblico può avere un riflesso esterno all’Amministrazione e comportare l’esclusione da procedure di affidamento dell’operatore economico o, laddove la fase preordinata alla stipula del contratto si sia già conclusa – come nel caso di specie – l’annullamento in autotutela di un affidamento precedentemente disposto.
Anche in questo caso manca ogni valutazione concreta rispetto alla situazione ipotizzata, ossia la dimostrazione del conflitto di interesse e del pregiudizio arrecato alla stazione appaltante tale da attivare l’annullamento d’ufficio: l’alterazione agli interessi istituzionali risiederebbe (in ipotesi) nella lesione «della propria immagine il fatto di affidare contratti a società in cui un proprio dipendente abbia delle interessenze».
Ma queste motivazioni dovrebbero rinvenirsi, ex art. 3 della legge generale sul procedimento amministrativo, nel provvedimento non potendo il giudice amministrativo andare alla ricerca delle possibili ragioni alla base delle determinazioni assunte, ulteriori a quelle concretamente manifestate (nessuna).
Deve essere dimostrata l’ipotesi del conflitto di interessi che non può essere predicata in via astratta, ma deve essere accertata «in concreto sulla base di prove specifiche».
Inoltre, l’eventuale conflitto di interessi doveva emergere in sede di gara ab origine, non dunque in sede di verifica dei requisiti con l’affidamento, ormai a procedimento concluso dopo la stipula: la condizione sarebbe stata ostativa all’espletamento della procedura, una condizione preclusiva di partecipazione.
Con riferimento al controllo societario è rilevante che l’affidataria era inoltre dichiarata disposta a svolgere il servizio gratuitamente e dunque senza oneri per l’ente indirettamente controllante, confermando l’interesse della stazione appaltante all’acquisizione di un servizio senza corrispondere alcun onere economico: massimizzando il proprio interesse («funzionalizzato») e, di converso, della propria controllata.
In definitiva, più che di un conflitto di interessi si dovrà esprimersi in termini di convergenza di interessi che inerisce naturalmente al rapporto di controllo societario e che si pone in antitesi con l’ipotesi di conflitto invece ritenuta nel provvedimento impugnato.
Si conferma, ancora una volta, una linea interpretativa[7] dove si statuisce che:
- il conflitto di interessi va dimostrato concretamente e non in via astratta o meccanicamente, ma caso per caso e con idonea motivazione;
- l’art. 42, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016, si riferisce testualmente all’ipotesi di situazioni conflittuali in cui versa il «solo “personale” della stazione appaltante», senza che tale disposizione possa essere estesa alle «società partecipate o controllate dalla stazione appaltante»[8].
- l’affidamento di un contratto ad un soggetto partecipato costituisce una fattispecie estranea al conflitto di interessi, ai sensi degli artt. 42, comma 2, e 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016[9].
[1] Definizione estensibile a qualsiasi soggetto che, in forza di un valido titolo contrattuale o legislativo, ovvero per la sua posizione di rilievo, abbia la capacità di impegnare la stazione appaltante nei confronti di terzi, a patto però che, sul versante oggettivo, la situazione di conflitto di interesse venga verificata in concreto sulla base di prove specifiche, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 31 luglio 2019, n. 10186.
[2] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 12 settembre 2019, n. 6150.
[3]La norma, con la chiusura dell’art. 7 del D.p.r. n. 62/2013, intende includere un novero allargato di ipotesi, tuttavia non esaustivo, potendo estendere anche ad altre situazioni non codificate, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 26 febbraio 2018, n. 337.
[4] Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2019, n. 355.
[5] Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7389. La non necessaria coincidenza tra conflitto e corruzione, impone che in presenza del conflitto di interesse, la norma va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio, Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415 e 14 maggio 2018, n. 2853; sez, III, 2 aprile 2014, n. 1577.
[6] Al riguardo si richiama il parere del Consiglio di Stato del 5 marzo 2019, n. 667, reso sullo «Schema di Linee guida aventi ad oggetto “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”, in attuazione dell’articolo 213, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50», dell’ANAC, in cui si è affermato che dalle disposizioni del Codice dei contratti pubblici sul conflitto di interessi non è ricavabile un divieto per una società controllata dalla stazione appaltante di partecipare a procedure di affidamento indette da quest’ultima.
[7] Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3401.
[8] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2019, n. 2511, in cui si è ribadito l’assenza di conflitti di interessi nell’ipotesi della partecipazione ad procedura di evidenza pubblica di una società partecipata dalla stazione appaltante, sebbene possa avere un «impatto potenzialmente maggiore sul piano dell’imparzialità e della trasparenza»; tuttavia diversa ed espressamente ammessa in base al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
[9] Cons. Stato, parere del 5 marzo 2019, n. 667 sulle linee guida ANAC in materia di conflitto di interessi.