Aiuti di stato: il pronunciamento
La seconda sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2866 del 6 maggio 2020, si sofferma sugli aiuti di Stato e sulle responsabilità delle P.A. silenti.
La vicenda (molto complessa) nella sua essenzialità è riferita alla richiesta di un intervento finanziario di sostegno in relazione ai danni sofferti dalla sua attività produttiva a causa di epidemia di influenza aviaria (nel caso specifico, ordinanza sindacale di distruzione delle uova e abbattimento animali, ed effetti collegati al decesso per denutrizione e spese di alimentazione).
L’aiuto di Stato, disposto con apposito d.m., era subordinato alla notificazione del provvedimento alla Commissione europea per la verifica della compatibilità (conclusa positivamente) con la normativa europea sugli aiuti di Stato.
Seguivano ricorsi avverso il diniego di finanziamento rivolto all’ente competente a volgere le attività istruttorie e di erogazione (rectius mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria da parte delle Amministrazioni coinvolte, Regione per l’individuazione delle zone d’interesse e Stato per le “intese” necessarie): veniva ravvisato un insieme di comportamenti omissivi che secondo canoni di normalità, si atteggiavano a concausa del mancato perfezionamento dell’iter, con conseguente mancato riparto del fondo appositamente costituito e responsabilità diretta della Regione.
In termini più semplificati, il giudice di prime cure condanna gli Enti, entrambi titolari di codecisione, per non aver disposto la liquidazione dei benefici previsti dalla legislazione emergenziale all’avicoltore dovuti a ritardi nell’assolvimento dei propri compiti istituzionali.
In appello il giudice di seconde cure conferma la sentenza impugnata di condanna al risarcimento del danno ingiusto, derivante da mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria.
Dunque, non viene censurato l’esercizio di attività illegittima, bensì l’illegittima omissione di attività obbligatoria imputabile a diversi centri decisionali, i quali rispondono in via solidale.
In questo senso, si richiama un primo quadro interpretativo attinente al grado equivalente di responsabilità afferente al rapporto di concausazione del danno:
- il principio stabilito dall’art. 2055, primo comma, c.c., per cui, se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno, trovando applicazione anche in caso di solidarietà passiva tra persone giuridiche pubbliche[1];
- l’unicità del fatto dannoso, inteso in senso non assoluto, ma relativo al danneggiato, ricorrendo tale forma di responsabilità, volta a rafforzare la garanzia del danneggiato, pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, ed anche diversi, sempre che le singole azioni od omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno[2];
- unicità compatibile con un fatto imputabile alla pluralità di condotte illecite, anche succedutesi nel tempo e di natura diversa, nel contesto stesso della responsabilità extracontrattuale, come danno-evento[3].
Un secondo aspetto di rilievo è riferito all’ambito della sospensione degli effetti del regime di aiuti di Stato, in pendenza del giudizio di compatibilità comunitaria da parte della Commissione europea, ex articolo 108 par. 3, TFUE, a fronte del quale «alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti… Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale» (c.d. obbligo di standstill)[4].
Si conclude che la sospensione dell’erogazione di un regime di aiuti preclude la fase del pagamento (erogazione dell’aiuto), ma non le attività istruttorie e le fasi contabili precedenti a quella del pagamento, quali l’impegno di spesa.
Nel merito procedimentale, in attesa del giudizio della Commissione europea, le somme del fondo per l’emergenza avicola, previa intesa con il Ministero, avrebbero potuto essere ripartite e trasferite alle Regioni; queste ultime erano tenute ad effettuare gli adempimenti previsti per l’erogazione effettuando i necessari impegni di spesa, restandone escluso ogni pagamento.
Non può, pertanto, trovare accoglimento la difesa fondata sulla mancata dotazione annuale del fondo e della copertura finanziaria dei relativi oneri, atteso che l’attuazione del regime di aiuti assumeva carattere di doverosità, «non potendosi far ricadere sui beneficiari delle indennità individuati dalla legge il rischio, certo non imprevedibile, del mancato rinnovo degli stanziamenti in bilancio per l’anno successivo», specie ove tali risorse finanziarie erano nella piena contezza da parte dei soggetti istituzionali coinvolti.
Nemmeno può risultare giustificato la mancata individuazione delle zone colpite in assenza della determinazione della ripartizione del fondo, poiché si era già in presenza di una domanda di intervento finanziario emergenziale, tale da far decorrere un obbligo di istruttoria, almeno per la parte riferita alla competenza regionale sull’ammissibilità dell’istanza (a prescindere dalla determinazione del fondo), funzionale a definire l’intesa con gli altri soggetti istituzionali (Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano).
Sotto il profilo normativo, il procedimento richiedeva una partecipazione collegiale nel definire sia il quantum che l’an dell’aiuto, ed entrambi i soggetti hanno omesso di operare per la conclusione del procedimento.
Un tanto viene valorizzato dal giudice di secondo grado quando afferma che è escluso un sindacato giurisdizionale diretto ad impingere nel merito di valutazioni discrezionali spettanti all’Amministrazione, atteso che le censure si soffermano proprio sul procedimento e l’apporto alle fasi procedimentali di valutazione della presenza dei requisiti, piuttosto che a valutazioni dei requisiti: i criteri erano di natura documentale con riferimento agli animali e alle uova non incubabili senza alcuna operazione di carattere discrezionale ma vincolato.
Il servizio di trasporto scolastico: la buona novella
La questione, in mancanza di un ulteriore intervento legislativo o del Governo.it, potrebbe anche rapportarsi alle previsioni dell’aggiunto comma 4 bis dell’art. 92, «Disposizioni in materia di trasporto marittimo di merci e di persone, nonché di circolazione di veicoli», del D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni, in legge n. 27 del 24 aprile 2020, nella parte che prevede per «contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e delle misure di contrasto alla diffusione del virus sui gestori … di trasporto scolastico, non possono essere applicate dai committenti dei predetti servizi, anche laddove negozialmente previste, decurtazioni di corrispettivo, né sanzioni o penali in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020».
Nella sua chiara estensione espositiva la norma imporrebbe agli Enti locali di pagare una prestazione non resa, anche in presenza di condizioni negoziali di segno contrario, con lo scopo di indennizzare in forma di corrispettivo la sospensione del servizio disposta ex lege, traslando alle Autonomie un onere finanziario privo di proporzionalità e ragionevolezza, essendo un intervento tipicamente “emergenziale” di competenza dello Stato, a fronte anche del mancato pagamento delle tariffe (o della corrispondente lecita richiesta di restituzione per un servizio non reso).
Il pagamento assume la tipica connotazione di “aiuto di Stato”, che consiste in qualsiasi trasferimento di risorse pubbliche a favore di alcuni operatori o categorie economiche, attribuendo un vantaggio economico selettivo, alterando la concorrenza e le condizioni di parità delle imprese nel marcato comune, con il correlato obbligo di pronunciamento della Commissione UE.
Il Dipartimento Politiche Europee, attraverso l’Ufficio per il Coordinamento in materia di aiuti di Stato, cura il coordinamento tra tutte le Amministrazioni centrali e regionali per assicurare il rispetto delle norme europee, con il precipitato che l’iniziativa viene imposta de iure senza alcun processo partecipativo della singola Amministrativa, intesa quale parte negoziale di un contratto, al di fuori anche delle regole del Codice dei Contratti e del codice civile.
In effetti, l’aggiunto comma 4 quater del cit. art. 92 dispone che «L’efficacia delle disposizioni di cui ai commi 4 -bis … è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea».
Il perimetro, in relazione alla sentenza sopra analizzato, vorrebbe (alla luce della norma del comma 4 bis) una prima ricognizione dell’Amministrazione locale sul quantum debeatur che sarebbe di facile determinazione, il relativo impegno di spesa (già presente, essendo il servizio in corso) e l’attesa dell’esito positivo della Commissione per procedere all’eventuale pagamento.
La questione così posta, presenta delle evidenti incongruenze e interferenze sotto una molteplicità di profili giuridici, di compatibilità costituzionale della norma (eterointegrativa del contratto), incidendo in modo diretto sul valore delle Autonomie, della libertà economica, delle regole di correttezza, buona fede e legalità, imponendo oneri patrimoniali non dovuti, rispetto ad un principio di solidarietà sociale e aiuto alle imprese che comunque deve essere garantito ma con altri strumenti e azioni da parte dello Stato.
Sicuramente senza aiuti alle imprese, e al tessuto economico in generale, il rischio di disfacimento strutturale del Paese è alle porte, i rimedi dovrebbero essere diversi e gli esempi non mancano nello scenario dei Paesi dell’Unione, con massicci interventi a fondo perduto sul tessuto produttivo finanziato da chi stampa moneta (l’argomento è noto, la sovranità meno).
In questa visione di “sussidiarietà verticale” invertita verso il basso, seguendo le indicazioni fornite dal legislatore emergenziale, bisognerebbe capire come dimensionare il servizio di trasporto scolastico con i protocolli di contenimento COVID-19 e alla tenuta finanziaria connessa (delle Amministrazioni locali erogatrici del servizio).
Preverrà il buon senso, con un aiuto diretto alle imprese mediante un apposito fondo (di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga) nel decreto di aprile adottato a maggio per il “rilancio”, dove troveremo – con riferimento alla norma dell’articolo 92, comma 4 bis, primo periodo – le parole: ««e di trasporto scolastico» sono soppresse».
Sorprende sempre questo tempismo mediato meditato nei meandri nascosti alla luce, «come le poltrone delle stanze ministeriali. Stanno là da sempre e per sempre. E sanno tutto. Perché assorbono tutto»[5].
[1] Cons. Stato, sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4786.
[2] Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2018, n. 2814.
[3] Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2020, n. 120.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2015, n. 2401.
[5] SALVAGGIULO, Io sono il potere. Confessioni di un capo di gabinetto, Milano, 2020, pag. 111.