La sez. I Salerno del T.A.R. Campania, con la sentenza 25 maggio 2020, n. 583, interviene nel definire l’accesso civico generalizzato (ex art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013) ai beneficiari di contributi per la ricostruzione in zone colpite da sisma[1], stabilendo un orientamento esteso che antepone la trasparenza alla tutela dei dati personali del beneficiario, inquadrando la portata espansiva della “terza generazione” del diritto all’accesso.
La vicenda trae origine da una richiesta di un amministratore condominiale di accesso agli atti, sia in forma documentale (ex art. 22 della legge n. 241/90) che di accesso civico (ex art. 5 del d.lgs. n. 33/2013), al fine di conoscere la «disponibilità dei fondi ex L. n. 219/81 e ss. sul relativo capitolo di spesa; i pagamenti compiuti sui detti fondi negli ultimi cinque anni; l’elenco degli aventi diritto con priorità e le somme loro erogate; gli atti relativi all’utilizzo ed al riparto di detti fondi; il contenzioso relativo alla L. 219/81 e ss.; le comunicazioni relative al rifinanziamento di detti fondi, regionali e statali; la motivazione del mancato saldo del contributo di ricostruzione in favore del comparto condominiale».La richiesta (rimase inevasa, anche dal RPCT) veniva motivata in funzione del «diritto costituzionale di conoscere le scelte del Comune in ordine alla gestione dei fondi» per la ricostruzione «al fine del controllo sulla gestione delle risorse e del dibattito pubblico e democratico sul loro impiego, nonché ai fini di ogni eventuale azione anche a tutela di diritti individuali e collettivi lesi».
(A commento) In effetti, lo scopo del modello FOIA sarebbe proprio quello di conoscere l’utilizzo delle risorse pubbliche e la loro destinazione, in coerenza con l’art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 (c.d. decreto Trasparenza), di esecuzione della Legge n. 190/2012, in un contesto sia di prevenzione della corruzione[2] che di un controllo sociale della spesa pubblica.
Vi è, quindi, un obbligo giuridico (per l’accesso civico semplice) di pubblicazione per gli importi superiori a mille euro ma, altresì, un’esigenza di assicurare il corretto utilizzo delle risorse pubbliche attinenti alla destinazione dei contributi erogati (rectius accesso civico generalizzato): l’erogazione di un contributo pubblico collegato ad un programma di utilizzo da parte del privato beneficiario, strumentale a realizzare il fine pubblico impone la coerenza nel suo utilizzo: una somma erogata – in modo diverso – da quello preventivato o utilizzata per altri scopi comporta sicura responsabilità erariale, distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate.
Si tratta di una compiuta espressione di danno erariale, conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la contribuzione.
Il Tribunale risponde nell’immediato ritenendo che la richiesta di accesso civico generalizzato debba trovare accoglimento nella sua fondatezza, specie a seguito della modifica del decreto Trasparenza, a mezzo del d.lgs. n. 97 del 2016 di attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della legge. n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque” (per la soddisfazione dell’interesse a conoscere del quisque de populo previsto dal legislatore), non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, viene riconosciuto e tutelato «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico».
Dunque, il diritto di accesso civico generalizzato:
- declina la nozione di trasparenza come “accessibilità totale”[3];
- si qualifica, oltre per essere un diritto fondamentale, come contributo fattivo nell’ottica voluta dal legislatore (ex 1, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013) al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico riconosce alla persona[4];
- risulta strumentale alla tutela di un interesse generale;
- non può che perseguire un interesse generale della collettività recessivo ad ogni finalità di carattere privato ed individuale[5];
- può essere utilizzato solo per evidenti ed esclusive ragioni di tutela di interessi propri della collettività generale dei cittadini, non anche a favore di interessi riferibili, nel caso concreto, a singoli individui od enti associativi particolari (e di tale verifica è onerato il giudice amministrativo)[6];
- in difetto di un interesse generale sarà preciso onere del soggetto interessato avvalersi – laddove ne sussistano i presupposti – della specifica tutela accordata dalle disposizioni di cui al Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241 (accesso documentale).
Ciò posto, i dati e i documenti richiesti in ostensione attengono:
- a scelte amministrative;
- all’esercizio di funzioni istituzionali;
- all’organizzazione e alla spesa pubblica.
Rientrano, pertanto, pienamente nell’esercizio di un interesse pubblico conoscibile a meno di rinvenire concomitanti interessi pubblici e privati prevalenti da salvaguardare:
- l’accesso generalizzato deve essere riguardato come «estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti sono fissati espressamente dalla legge ed essere di stretta interpretazione»[7];
- sussiste il presupposto della strumentalità dell’accesso civico, intimamente collegato all’interesse della collettività alla massima trasparenza nell’utilizzo, da parte della P.A., delle risorse pubbliche (ex 4, del d.lgs. n. 33/2013).
Termina la sentenza con:
- l’ordine di consentire l’accesso generalizzato alla documentazione, ai dati e alle informazioni richieste nel termine di trenta giorni dalla comunicazione e/o notificazione, se anteriore, della sentenza;
- la condanna dell’Amministrazione alla refusione delle spese e competenze di giudizio.
La sentenza non distingue il rapporto tra le due discipline generali dell’accesso documentale e dell’accesso civico generalizzato, senza soppesare i profili di reciproca interferenza secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione, non, quindi, in una logica di separazione quanto piuttosto di integrazione dei diversi regimi, pur nelle loro differenze, in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo rispetto all’eventuale presenza di dati personali all’interno dei documenti.
La portata espansiva privilegia l’accesso totale senza limiti per verificare concretamente l’utilizzo delle risorse con una finalità di scopo; espressione voluta dal legislatore senza alcun filtro ove gli interessi alla conoscenza dell’utilizzo delle risorse pubbliche appaiono funzionali ad assolvere un interesse prevalente generale, collegato alle modalità di intervento riferito alla ricostruzione post sisma.
L’accesso civico generalizzato, in questa interpretazione (in parte sulla scia innovativa), si consolida e si manifesta nel suo intimo profilo di esercizio di una libertà fondamentale da parte dei consociati: quella di conoscere le modalità di utilizzo del denaro pubblico, sia in termini di destinatari che di mancata erogazione, quasi a dimostrare un esercizio ispettivo e d’impulso del privato sull’esercizio concreto dell’azione amministrativa: senza stringimenti o frazionamenti, senza alcun «“buco nero” della trasparenza – frutto anche di un sistema di limiti che si apre ad altri che rinviano ad ulteriori con un potenziale circolo vizioso e un regressus ad infinitum – ove è risucchiato l’accesso generalizzato, con un ritorno all’opacità dell’azione amministrativa per effetto di una interpretazione che trasforma l’eccezione in regola e conduce fatalmente alla creazione in via pretoria di quelli che, con felice espressione, sono stati definiti “segreti di fatto” accanto ai “segreti di diritto”, espressamente contemplati dalla legge»[8].
[1] Legge 14 maggio 1981, n. 219, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 marzo 1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti».
[2] L’elargizione di sussidi e benefici, o di contributi generosamente concessi una tantum, per presunte situazioni impreviste ed eccezionali di bisogno sono indici di attività criminose, a favore di soggetti contigui alle consorterie mafiose, Cons. Stato, sez. III, 28 settembre 2015, n. 4529.
[3] Corte Cost., 21 febbraio 2019, n. 20.
[4] Cons. Stato, A.P., 2 aprile 2020, n. 10.
[5] Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1121.
[6] Vedi, CORRADO, L’accesso civico e i poteri del giudice amministrativo: alla ricerca di una azione in materia di accesso generalizzato, giustizia-amministrativa.it, 6 giugno 2020.
[7] T.A.R. Napoli, sez. VI, 10 dicembre 2019, n. 5837.
[8] Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2020, n. 2496.