La sez. VIII Napoli del T.A.R. Campania, con la sentenza 3 giugno 2020 n. 2151 (est. Pisano), interviene (con effetti estensibili) sulle prove scritte degli esami di abilitazione alla professione di Avvocato, evidenziando l’assenza di ogni distinzione (per gli effetti pratici) tra copiatura e plagio (e relativi autori).
Va premesso che l’art. 13, «Adempimenti dei concorrenti durante lo svolgimento delle prove scritte», comma 4 (prima parte) del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, «Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi», riferito ai concorsi per l’assunzione nei pubblici impieghi, riconducibili anche agli esami di stato[1], stabilisce che il concorrente che contravviene alle disposizioni sulle modalità di stesura degli elaborati «o comunque abbia copiato in tutto o in parte lo svolgimento del tema, è escluso dal concorso», affermando il carattere vincolante dell’esclusione dal concorso dei candidati che abbiano copiato, in tutto o in parte, i loro elaborati, a presidio della “par condicio” dei concorrenti.Conseguenze identiche (seconda parte del cit. comma 4) «Nel caso in cui risulti che uno o più candidati abbiano copiato, in tutto o in parte, l’esclusione è disposta nei confronti di tutti i candidati coinvolti»: stessa sanzione espulsiva per i candidati che incorrano in condotte fraudolente.
In effetti, è da osservare che il solo fatto che una prova sia identica o similare (totale o parziale) induce a ritenere che l’elaborato sia stato redatto in violazione delle regole di comportamento stabilite dalla legge per la compilazione delle prove scritte; regole poste a garanzia della correttezza degli esami ed a tutela della par condicio dei concorrenti[2].
Di converso, il plagio opera anche quando sia redatto utilizzando espressioni c.d. di “mascheramento della contraffazione” dello stesso testo, ossia quando l’opera posteriore rileva i tratti essenziali di quella originale, copiata sostanzialmente in modo integrale con differenze di mero dettaglio, volte al mascheramento della contraffazione[3]: la verifica del plagio di un elaborato rispetto ad un altro non può che essere effettuata dopo la lettura di tutti i compiti da parte della Commissione di concorso, al fine di consentirne il confronto finale e quindi l’eventuale accertamento di elaborati copiati, con conseguente applicazione della sanzione espulsiva (ex comma 4 dell’art. 13 cit.), disposizione che, se pur non fosse richiamata nel bando di concorso, deve considerarsi eterointegrativa del bando stesso[4].
La normativa sul plagio, infatti, mira in sostanza ad assicurare la genuinità e la originalità dell’elaborato, in modo da garantire che la sua stesura sia frutto di elaborazione propria del candidato, nella costruzione e nella sequenza dei periodi, nella esposizione dei concetti e nella produzione complessiva del testo, sicché se ne possano inferire le sue personali capacità di assimilazione, di apprendimento e di rielaborazione degli argomenti da sviluppare[5].
Entrando nel merito della sentenza, il ricorrente impugna la non ammissione alle prove orali e i verbali della Commissione esaminatrice nella parte in cui – in sede di autotutela – ha “revocato” le precedenti valutazioni di idoneità degli elaborati, disponendo l’annullamento delle prove in relazione all’accertamento della «pressoché identità degli elaborati relativi al parere motivato in diritto civile dei candidati… e poiché non è possibile individuare chi sia il plagiante e chi il plagiato, annulla tutte le prove dei candidati… previa revoca delle valutazioni espresse per gli elaborati».
Si contesta (nel ricorso) l’identità degli elaborati (“pressoché identici”) sotto i seguenti profili:
- ictu oculi emergerebbe la loro diversità linguistica, sintattica e strutturale;
- i due candidati hanno svolto in modo diverso il tema trattato;
- tale diversità riguarda sia l’incipit che la scaletta ed il prosieguo degli elaborati;
- mancherebbe una motivazione puntuale, atta a ricostruire l’iter logico seguito per pervenirsi alla determinazione espulsiva;
- il provvedimento sarebbe erroneamente definito “revoca”, ex 21 quinquies della legge n. 241/1990, anziché “annullamento d’ufficio”, ex art. 21 nonies della cit. n. 241/1990 (profilo ritenuto del tutto irrilevante)[6];
- in presenza di plagio si avrebbe dovuto procedere all’annullamento della sola prova del plagiante (si è accertato, a seguito di approfondimento istruttorio disposto dalla Sezione, «l’affermata “impossibilità” di “individuare chi sia il plagiante e chi il plagiato”»).
Il giudice di prime cure, nel dichiarare il ricorso infondato, postula le seguenti conclusioni:
- la valutazione della Commissione sulla riscontrata identità degli elaborati impedisce al tribunale alcun sindacato, costituendo espressione di una valutazione tecnico/discrezionale sottratta allo scrutinio da parte del giudice amministrativo allorché non abbia manifestato evidenti vizi logici (peraltro, il tribunale – letti gli elaborati – conferma la sostanziale identità degli stessi);
- per potersi ritenere sussistente un plagio non è neppure necessaria l’assoluta identità dei due elaborati, essendo sussistente tale fattispecie anche in caso di un’impostazione del tema, o di parte di esso, che costituisca un’imitazione con carattere pedissequo e fraudolento, del testo o di altro lavoro assunto a parametro di confronto[7], purché basata su elementi oggettivi e non su meri sospetti;
- risulta del tutto superfluo, se non addirittura ultroneo, l’inserimento di annotazioni negli elaborati, che avrebbero dovuto essere necessariamente annullati, volte a dar conto delle valutazioni (positive o negative) degli stessi;
- la Commissione esaminatrice, cui è riservata la valutazione della corrispondenza tra il testo utilizzato (copiato) e la prova scritta del candidato, non è tenuta ad indicare i singoli passaggi del testo che sostengono tale valutazione, cioè l’avvenuta copiatura[8];
- in mancanza dell’individuazione del plagiante si provvede all’annullamento delle prove di entrambi i candidati, se si accerti la presenza di elaborati “uguali per forma e sostanza”;
- l’esclusione del solo candidato “plagiante” costituisce, invece, ipotesi residuale consentita alla Commissione solo nel caso in cui riuscisse ad individuare precisamente il candidato che ha proceduto a copiare il compito;
- una volta rilevato il plagio, nessuna discrezionalità circa l’annullamento del compito può attribuirsi alla Commissione giudicatrice con riferimento ad entrambi gli elaborati presi in considerazione[9].
In definitiva, in presenza di un plagio la Commissione, appurato che i due testi risultino sovrapponibili sostanzialmente nella loro interezza[10], non è tenuta ad indicare specificamente le parti copiate, potendo provvedere all’esclusione di entrambi i candidati, non essendo tenuta ad accertare la responsabilità della copiatura individuandone l’autore, poiché una volta verificata, senza ombra di dubbio, l’identità tra le prove di due candidati, ne consegue necessariamente l’annullamento dei compiti di entrambi[11].
[1] Cons. Stato, sez. VI, 12 settembre 2012, n. 4834.
[2] Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 616.
[3] Cass. Civ., sez. I, 27 ottobre 2005, n. 20295.
[4] T.A.R. Abruzzo L’Aquila, sez. I, 24 luglio 2014, n. 622.
[5] T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 16 giugno 2015, n. 590.
[6] L’esatta qualificazione degli atti emessi dalle P.A. è rimessa al giudice dovendo valutare l’effettivo contenuto e della sua causa reale, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente ad essi attribuito, Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1515; sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5240.
[7] Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 234.
[8] T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 7 ottobre 2016, n. 2250.
[9] T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 18 ottobre 2019, n. 4977.
[10] Il limite che la Commissione incontra nell’esercizio del potere di annullamento deve essere individuato nella riscontrata effettiva conformità degli elaborati, che faccia ragionevolmente presumere che essa sia il risultato della iniziativa o dell’accordo di più candidati, T.A.R. Puglia, Lecce, 21 ottobre 2010, n. 2147, e che manifesti un carattere imitativo e l’assenza di genuinità ed originalità del compito, Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5663 e 6 giugno 2011, n. 3399.
[11] In tema di esami di abilitazione alla professione di Avvocato, in caso di copiatura totale o parziale degli elaborati, non si richiedono ulteriori indagini dirette ad individuare l’autore della copiatura poiché la sanzione dell’esclusione, prevista dall’art. 23 del R.D. n. 37/1934, è applicata in tutti i casi di comprovata ed oggettiva violazione, da parte di uno o più candidati, di una norma di comportamento che incida sulla regolarità dell’esame, T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 13 febbraio 2019, n. 284. L’art. 23 del R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, all’ultimo comma, prevede che «La commissione, nel caso in cui accerti che il lavoro sia in tutto o in parte copiato da altro lavoro o da qualche pubblicazione, annulla la prova. Deve pure essere annullato l’esame dei candidati che comunque si siano fatti riconoscere».