La sentenza
La prima sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 2077 del 18 dicembre 2020 (in piena coerenza con altra sentenza del 18 dicembre 2020, n. 2075)[1], interviene per annullare un’ordinanza sindacale di chiusura delle scuole, a seguito dell’intensificarsi del contagio da Covid-19, in assenza di “dati certi” idonei a sostenere la lecita sospensione dell’attività didattica a tutela della popolazione e dei minori.
L’ordinanza impugnata
La questione riguarda l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente emessa da un Sindaco, con la quale «è stata ordinata la sospensione delle attività didattiche delle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle secondarie di primo grado, sia pubbliche che private, ricadenti nel territorio del Comune» con ordine di svolgimento, ove possibile, dell’attività a distanza (c.d. DAD), «con organizzazione integralmente demandata all’autonomia delle istituzioni scolastiche».
Le giustificazioni del provvedimento d’urgenza fondavano su basi conoscitive popolari (vox populi vox Dei) piuttosto che su elementi istruttori di natura tecnica, oltre alla consapevolezza della difficoltà di processare i tamponi, di avere risposte soddisfacenti dalle Autorità sanitarie, di vivere nell’incertezza del momento (si riportano le basi motivazionali, ex art. 3 della legge n. 241/1990):
- costante e significativo aumento di casi di positività in tutto il territorio regionale divulgati dalla regione a cadenza giornaliera;
- le lungaggini imputabili alla congestione nell’attività di processazione dei tamponi molecolari eseguiti dal dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria, con conseguente sottostima nella rilevazione del dato epidemiologico su base provinciale;
- la oggettiva conseguente difficoltà dell’Autorità sanitaria di segnalare tempestivamente il caso di positività ai fini della sottoposizione a quarantena obbligatoria con correlati processi di sorveglianza attiva (competenza non dell’Amministrazione locale);
- la derivante impossibilità per il Sindaco di emettere tempestivamente provvedimenti restrittivi della libertà personale (facoltà attribuibile all’Autorità giudiziaria);
- il grave rischio per la popolazione residente in quanto, in molti casi, soggetti risultati contagiati con positività rilevate dai c.d. test rapidi (strumenti di rilevazione di antigeni nucleoproteici virali SARS-CoV-2) non vengono sottoposti alle previste misure cautelative, con conseguente potenziale incremento della diffusione del contagio (competenza sottratta all’Ente locale);
- l’impossibilità di avere un quadro chiaro ed attualizzato in ordine alla presenza di eventuali contagi all’interno degli istituti scolastici cittadini, non agevolmente rilevabile neanche a livello presuntivo avuto riguardo all’alto tasso di soggetti c.d. positivi asintomatici, derivante in gran parte dalle richiamate lungaggini nell’effettuazione delle indagini epidemiologiche riguardanti i c.d. “contatti stretti” (valutazioni prive di riscontri);
- l’accertamento di casi di positività, “non quantificabili certezza ma di certo (…) numerosi”, in alcuni nuclei familiari del territorio … con trend in aumento, casi peraltro “non sempre riconducibili ad un preciso ed identificabile focolaio, ma a soggetti non collegati tra loro”;
- la possibilità che l’aumentare dei casi di positività al Covid-19 sul territorio interessi il mondo della scuola;
- il fatto che i bambini siano un grande veicolo del virus;
- la fragilità dell’organizzazione sanitaria regionale.
Il diritto di libertà e di studio in presenza
È noto, ai più, che le misure stringenti della libertà personale[2] e il diritto allo studio (entrambi tutelati direttamente dal testo costituzionale, ex artt. 16 e 34) appartengono alle prerogative degli organi dello Stato che, con DPCM (vedi, quello del 3 novembre 2020) o provvedimenti ministeriali, assicurano ai più giovani il diritto allo studio e alla didattica in presenza, senza alcuna chiusura indiscriminata degli istituti scolastici in caso di accertamento di positività al SARS-CoV-2 tra la popolazione scolastica (anche nelle c.d. “zone rosse”), e comunque un intervento di tale genere è sottratto alla potestà del Sindaco, semmai appartiene alle Autorità scolastiche o regionali.
A fronte di tanta preoccupazione e di misure incisive sulla volontà di aumentare la pressione sulla popolazione, riducendo la frequenza alla scuola e, di conseguenza, mitigare il contagio, alcuni genitori hanno impugnato l’ordinanza sindacale (i cui effetti sono stati rimossi) e il T.A.R. ha accolto il gravame, annullando il provvedimento, ritenendo, altresì:
- permanere l’interesse delle parti alla decisione, pur avendo l’atto impugnato esaurito i suoi effetti[3];
- affermando la sua illegittimità allo scopo di orientare per il futuro l’operato dell’Amministrazione locale ben potendo la stessa reiterare nel tempo la condotta censurata[4];
- l’effetto della sentenza del giudice amministrativo non si esaurisce nel solo annullamento dell’atto riscontrato illegittimo, ma contiene anche la regola alla quale l’Amministrazione deve attenersi nel futuro, pena l’elusione del giudicato[5].
La disciplina Covid-19
Il giudice di prime cure analizza la produzione normativa («dal d.l. 25 marzo 2020, n. 19, conv. con mod. con l. 22 maggio 2020, n. 35, per come risultante dai successivi interventi modificativi e interpolativi prodotti dal d.l. maggio 2020, n. 33, conv. con mod. con l. 14 luglio 2020, n. 74, dal d.l. 30 luglio 2020, n. 83, conv. con mod. con l. 25 settembre 2020, n. 124, e dal d.l. 7 ottobre 2020, n. 125») che riserva:
- al potere del Presidente del Consiglio dei Ministri, con appositi DPCM, sentiti i presidenti delle Regioni, ovvero il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (in relazione all’ambito territoriale), la facoltà di adottare misure di contenimento sanitario sul territorio (o parte) nazionale, potendo, secondo i principi di adeguatezza e proporzionalità, disporre la «sospensione dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 65, e delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado»;
- alle Regioni di adottare misure di efficacia locale «nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale», in relazione all’andamento della situazione epidemiologica sul territorio, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, informando contestualmente il Ministro della Salute.
Si comprende da questo quadro normativo che la competenza appartiene in via esclusiva allo Stato, ai sensi dall’art. 117, comma 2, lett. q), Cost. in materia di “profilassi internazionale”, ovvero secondo il terzo comma del medesimo, alla competenza concorrente in materia di “tutela della salute” e “protezione civile”, letto in connessione con l’art. 118, comma 1 Cost. (il c.d. principio di sussidiarietà, dove al livello amministrativo unitario vi è un’attrazione in capo allo Stato anche della competenza legislativa)[6].
Il T.A.R. evidenzia, inoltre, che il provvedimento sindacale è stato adottato in vigenza del d.P.C.M. 3 novembre 2020, dove si individuava a livello nazionale, ai sensi dell’art. 1, comma 7, lett. s), che «l’attività didattica ed educativa per la scuola dell’infanzia, il primo ciclo di istruzione e per i servizi educativi per l’infanzia continua a svolgersi in presenza, con uso obbligatorio di dispositivi di protezione delle vie respiratorie salvo che per i bambini di età inferiore ai sei anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina»: le misure ristrettive adottate (e inserite anche in una molteplicità di protocolli), da ricomprendere quelle nello scenario di tipo 3 o 4 ad alto rischio (Regioni “arancioni” o “rosse”), assicuravano lo svolgimento delle attività scolastiche (sopra citate) in presenza.
Il potere di ordinanza
Si comprende, ancora una volta (in claris non fit interpretatio) che in questo contesto l’adozione di poteri extra ordinem devono essere utilizzati con elevata prudenza, visto che nel settore specifico l’ordinamento positivo ha apprestato un catalogo di norme e misure emergenziali puntuali tale da limitare l’esercizio ad libitum del potere di ordinanza contingibile ed urgente: il potere di emanare atti amministrativi soggiace al rispetto del principio di legalità “sostanziale”[7], a mente del quale la norma nel prevedere un potere amministrativo per la tutela di un certo interesse deve determinarne anche contenuto e modalità per evitare l’assoluta indeterminatezza di quanto attribuito all’Autorità amministrativa.
Nelle ipotesi “emergenziali” l’ordinamento, in deroga al principio di legalità sostanziale, conferisce poteri innominati prevedendo soltanto l’Autorità competente ad emanarle e gli interessi cui essi sono preordinati, dovendo sempre motivare e dimostrare i presupposti dell’esercizio del potere trattandosi di manifestazione di un potere residuale e atipico, a rischio di frizione con il principio di legalità dell’azione amministrativa: il suo esercizio legittimo è condizionato dall’esistenza dei presupposti tassativi, di stretta interpretazione, di pericolo per l’igiene, la sanità, pericolo che deve essere peraltro dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili[8].
La ratio del potere di ordinanza contingibile ed urgente sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti e la proporzionalità del provvedimento, presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione, poiché solo in ragione di tali situazioni si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, a chiusura del sistema, di tale tipologia provvedimentale[9].
Quando è possibili l’intervento di ordinanza contingibile ed urgente
In materia sanitaria, peraltro, tale potere trova fondamento nell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e nell’art. 50 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 a fronte di situazioni ben diverse, non certamente con una rilevanza tale da ricoprire non il singolo comune ma l’intero pianeta e con una immediatezza che non può estendersi in un arco temporale così esteso: il ricorso all’ordinanza contingibile e urgente è stato ritenuto ammissibile unicamente al fine di fronteggiare con immediatezza, sia una situazione di natura eccezionale ed imprevedibile, sia una condizione di pericolo imminente al momento dell’adozione dell’ordinanza[10] e nel rispetto di rigorose garanzie sostanziali costituite dai principi generali dell’ordinamento[11].
Con senso concreto, il potere di ordinanza si potrebbe giustificare in assenza di misure emergenziali presenti e stringenti, e nei casi in cui sia necessaria una risposta urgente che vada al di là delle misure adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dai Ministri competenti ed, eventualmente, dalle singole Regioni a specifiche situazioni che interessino il territorio comunale, dovendo acclarare che tale situazione appare quanto mai difficile da prospettarsi ove si consideri il persistente ed invasivo potere dello Stato sulla vita di ogni singolo cittadino[12], che ricomprende necessariamente l’ambito scolastico e dell’infanzia: «in altre parole, il Sindaco non può sostituire il proprio apprezzamento, per quanto prudente e ponderato, alla valutazione epidemiologica e al bilanciamento degli interessi operato dall’Autorità governativa ed, eventualmente, dalle singole Regioni».
Il potere isolato di ordinanza e la sua illegittimità
Ammettere interventi sporadici e a macchia sull’intero territorio, annota il G.A., «minerebbe la risposta unitaria e organica a una crisi sanitaria di carattere planetaria», che richiede una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva, specie quando sono in gioco interessi costituzionalmente protetti che non possono essere incisi dal potere sindacale[13].
Al di là di ogni valutazione di merito, la questione centrale – sull’esercizio del potere sindacale – si deve ribadire – che è precluso (vietato) quando «non sussistono quegli ambiti di “vuoto ordinamentale” nel contesto del quale è ammissibile» il suo esercizio.
In presenza di poteri governativi ampiamente esercitati (anche dalle “dirette del sabato sera”) «il potere di ordinanza non può sovrapporsi ai campi già regolati dalla normazione emergenziale dello Stato, restando libero di intervenire solo in quelli lasciati scoperti (ancorché con il limite del necessario rispetto del bilanciamento tra principi e diritti costituzionali diversi operato in sede centrale) e in presenza di specifiche esigenze locali».
Nel caso specifico, manca tutto questo: l’adozione del provvedimento extra ordinem non riporta alcun dato istruttorio o evenienza scientificamente attendibile (non è «possibile individuare elementi seri e scientificamente attendibili circa la necessità e l’urgenza di disporre, in ossequio al principio di precauzione»)[14], e neppure una motivazione congrua, se non quel senso di smarrimento che pervade l’animo umano a fronte di eventi incontrollabili, inidoneo a supportare giuridicamente l’esercizio di un potere tangibile e giuridicamente legittimo, specie ove lo Stato è intervenuto con un DPCM senza lasciare “spazi liberi” e «laddove vi è una puntigliosa regolamentazione delle modalità di svolgimento delle lezioni, intesa a minimizzare il rischio di contagi» [15].
I diritti di libertà
Il Giudice conclude con un’analisi lucida e pregevole sui primari diritti di libertà:
- la salute e l’istruzione dove si forma la personalità dei minori e degli adolescenti in un contesto di socialità;
- diritti posti al vertice dei diritti sociali, «perché consente all’individuo di godere delle libertà e degli altri diritti che la Repubblica riconosce, nondimeno il diritto all’istruzione si colloca poco dietro. Esso è il principale strumento con cui lo Stato provvede, ai sensi dell’art. 3, comma 2, a rimuovere, specie nei territori più svantaggiati, gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Attraverso l’istruzione, inoltre, si hanno più ampie prospettive di accesso al lavoro su cui la Repubblica è fondata»;
- la doverosa necessità di tutelare la salute, con il cit. potere di ordinanza, non può risolversi in una tirannia di questo diritto rispetto alle altre libertà e agli altri diritti fondamentali, quale quello dell’istruzione;
- il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, il diritto di movimento sono diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione che si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri[16].
Nella sentenza, oltre all’annullamento dell’0rdinanza contingibile ed urgente, si condanna il Comune alle spese.
Qualche considerazione minima
Sorprende il pensare che attraverso il potere di ordinanza si possa comprimere le libertà fondamentali (replicando in scala minore la ribalta delle dirette The Truman show) in nome della tutela della salute e della mitigazione del contagio, quando la competenza non appartiene all’Ente locale, ovvero quando le misure emergenziali sono attribuite alle Aziende sanitarie (prive delle risorse necessarie da tempo) a fronte della dimensione planetaria della pandemia.
Il riflesso di questa condotta è comprensibile quando l’Autorità (intesa nella sua tipica dimensione di “forza”) prescrive l’obbligo di fedeltà (ex art. 54 Cost.) ma è incapace di garantire il correlato dovere di sicurezza e di unità: la dittatura Covid-19 ha sovvertito la dimensione etica del vivere sociale verso un epilogo di instabilità, non comprendendo che il presente è condizionato dal passato e dalle sue aritmie, senza investimenti nei settori strategici per un Paese dalle risorse energetiche, all’economia, alla sanità.
Sentirsi dentro la storia è aver la consapevolezza della propria finitezza e dei limiti, dovendo proiettarsi al futuro con sentimenti solidali ed umani, abbandonando l’arte della narrazione, sfruttando l’istinto popolare del panem ed circenses, recuperando i valori primari della democrazia e della libertà, rispetto al potere fine sé stesso.
La pandemia ha accelerato la crisi della società e dei rapporti interpersonali, aumentando l’intolleranza e l’opportunismo (alias cinismo), dove, in mancanza di fede e il relativismo, con il denaro si pensa di poter raggiungere (e si raggiunge) una posizione dominante, perdendo la possibilità di salvare gli altri (e sé stessi).
Invero, tale compito dovrebbe appartenere ad una Comunità di persone libere, rectius lo Stato, quale fine ultimo dell’interesse pubblico, diversamente “la legge” perderebbe lo “Stato di diritto” e la sua autenticità: «il potere è un enigma. Ma è un enigma che in sé riproduce la grande legge del finito da cui è retta e in cui si sostanzia l’intera vita umana. Questa è la grande verità di fronte alla quale non dovremmo mai cessare di stupirci»[17].
[1] Dove si statuisce che «è illegittima l’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Calabria che ordina sull’intero territorio regionale, dal 16 novembre 2020 a tutto il 28 novembre 2020, la sospensione in presenza di tutte le attività scolastiche di ogni ordine e grado, con ricorso alla didattica a distanza, non potendo un organo di governo sub centrale adottare provvedimenti extra ordinem in settori di competenza statale in deroga alla scelta governativa di preservare la didattica in presenza almeno per gli studenti tra i 3 e gli 11 anni».
[2] Si rinvia ad un approfondimento, Riflessioni brevi sugli spostamenti di residenza e poteri di ordinanza, ai tempi del COVID-19, mauriziolucca.com, marzo 2020.
[3] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2015, n. 3718; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 2 ottobre 2018, n. 589; T.A.R. Veneto, sez. III, 23 luglio 2018, n. 799; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 13 gennaio 2012, n. 178.
[4] Cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 24 settembre 2020, n. 1470 e T.A.R. Toscana, sez. II, 20 giugno 2020, n. 848.
[5] Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 1993, n. 891 e 1° febbraio 2001, n. 398.
[6] Cfr. Corte Cost., 1° ottobre 2003, n. 303, dove si è teorizzato la c.d. chiamata in sussidiarietà, con l’avocazione della funzione amministrativa che attrae la competenza legislativa necessaria alla sua disciplina, onde rispettare il principio di legalità dell’azione amministrativa, purché all’intervento legislativo per esigenze unitarie si accompagnino forme di leale collaborazione tra Stato e Regioni nel momento dell’esercizio della funzione amministrativa, Corte Cost., 22 luglio 2010, n. 278.
[7] Cfr. Corte Cost., sentenza n. 115/2011.
[8] Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2010, 868; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 15 ottobre 2012, n. 2006; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 13 giugno 2012, 2799; T.A.R. Sardegna, sez. I, 30 novembre 2012, n. 1080; Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904.
[9] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2019, n. 3580; sez. VI, 29 aprile 2019, n. 2696; sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774; sez. V, 4 febbraio 2015, n. 533; sez. V, 3 giugno 2013, n. 3024; sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3007; sez. V, 25 maggio 2012, n. 3077 e sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474.
[10] Cons. Stato, sez. II, 11 luglio 2020, n. 4474.
[11] Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2016, n. 4705; sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4817; sez. IV, 28 ottobre 2011, n. 5799 e sez. V, 2 aprile 2001, n. 1904.
[12] Si rinvia ad un approfondimento, Dalle Idi di marzo (fase zero punto zero) al contagio dei DPCM (fase quattro punto zero), comedonchisciotte.org, 14 novembre 2020.
[13] Cons. Stato, sez. I, parere 7 aprile 2020, n. 735.
[14] L’applicazione del principio di precauzione, costituente uno dei canoni fondamentali del diritto alla salubrità dell’ambiente e alla salute, comporta, in concreto, che ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 5 dicembre 2020, n. 5835.
[15] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2019, n. 3580.
[16] Corte cost., sentenza n. 85 del 2013.
[17] MENEGHELLI, Gli incantesimi del potere, Padova, 1984, pag. 130.