La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 dicembre 2020, n. 8171, estensore Russo, interviene per riaffermare un consolidato orientamento che consente alla P.A. di sanzionare gli abusi edilizi, esercitando l’inesauribile potere di vigilanza sul territorio a tutela della corretta pianificazione, presupposto essenziale per l’adozione di provvedimenti ripristinatori o di condono una volta “espiato” il pagamento pecuniario.
La sentenza, al di là della questione trattata, ha chiarito in modo preciso come la sanzione applicata, resa a fronte di un’attività edilizia abusiva, costituisce un illecito permanente, e si atteggia come misura reale imposta per ragioni di tutela del territorio, priva di finalità punitive ed efficace contro ogni soggetto che vanti sul bene, così realizzato sine titulo, un diritto reale o personale di godimento, indipendentemente dall’esser stato, o no, l’autore dell’illecito.
In termini diversi, appurato l’abuso la connessa sanzione pecuniaria consegue sull’intangibilità dell’ingiunzione, con relativa insussistenza della prescrizione quinquennale, la quale va calcolata comunque al momento dell’emanazione dell’ordinanza ingiunzione.
La natura reale e non personale della sanzione pecuniaria postula la inapplicabilità dell’art. 7 (Non trasmissibilità dell’obbligazione) della legge n. 689/1981, confermando che la repressione degli abusi edilizi e paesaggistici può esser disposta in qualsiasi momento, trattandosi di misure a carattere reale (piuttosto che di vere e proprie sanzioni) che colpiscono illeciti permanenti.
Cessando l’illecito o con la misura ripristinatoria o con quella pecuniaria alternativa, ossia misure oggettive in rapporto alle quali non può neppure esser invocato utilmente il principio d’estraneità dei proprietari all’effettuazione dell’abuso e, al più, tal eventuale estraneità assume rilievo sotto altri profili (ad es., per l’azione di rivalsa verso i veri responsabili di tali abusi) venendo meno la condizione[1].
Il quadro interpretativo porta a ritenere che il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino o pecuniaria sostitutiva è non già l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, ma l’esistenza d’una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia, per cui è inciso anche il proprietario non responsabile e colui che v’è succeduto a qualunque titolo[2], dimostrando che l’opera abusiva può sempre essere rilevata a prescindere dagli effetti nel tempo e del suo autore (nessun consolidamento della situazione abusiva).
Questo fatto trova conferma nella non trasmissibilità della sanzione personale agli eredi del sanzionato, ma questo non vale per le sanzioni reali[3].
In questo senso, depone il principio secondo cui il termine di «ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento», di cui al citato art. 35, comma 18 della legge n. 47/1985, per la formazione del silenzio e, qualora sia richiesta l’acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico, decorre soltanto, ai sensi del successivo comma 19, dall’emanazione del relativo espresso parere o dalla definizione della sanzione pecuniaria sostitutiva di quella demolitoria[4], sicché il condono non potrà essere definito se non col previo pagamento della sanzione (rileva il bene ex se in contrasto con la disciplina urbanistica/paesaggistica)[5].
In definitiva, la demolizione delle opere abusivamente realizzate (in difetto di titolo ad aedificandum) è la regola, salva la facoltà del soggetto obbligato di ripristinare lo stato dei luoghi o di provvedere con il pagamento della sanzione pecuniaria a sanatoria ove la situazione di fatto lo consenta[6]: la formazione del silenzio – assenso sull’istanza di condono presentata, ai sensi della normativa di cui all’art. 35, comma 18 della legge n. 47/1985, presuppone la completezza della domanda di sanatoria, accompagnata dall’integrale pagamento di quanto dovuto a titolo di oblazione[7].
[1] Cfr. Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2017.
[2] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6983.
[3] Cfr. Cass. pen., sez. III, 12 settembre 2019, n. 43125; idem 1° ottobre 2019, n. 45848; Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6494; sez. II, 12 settembre 2019, n. 6147 e 5 novembre 2019, n. 7535.
[4] T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 28 ottobre 2020, n. 11024, idem T.A.R. Veneto, sez. II, 27 ottobre 2020, n. 1008. La regola vale anche per il condono tacito in quanto l’eventuale inerzia o lentezza del Comune nel provvedere sulle istanze di condono edilizio non può assicurare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero conseguire in virtù di provvedimento espresso e, in particolare, non può consentire di superare la mancanza dei prescritti pareri favorevoli, T.A.R. Veneto, sez. II, 27 ottobre 2020, n. 1009.
[5] Cfr. in materia edilizia, Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2110; sez. IV, 19 dicembre 2016, n. 5366; sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2369 e n. 2372; in materia di tutela paesistica, cfr. Cons. Stato, sez. II, 4 maggio 2020 n. 2840, relativa all’applicabilità della sanzione pecuniaria anche a prescindere dall’effettivo danno arrecato. L’Amministrazione, in pendenza di un’istanza di sanatoria edilizia, ex art. 37 d.P.R. n. 380/2001, deve astenersi dall’esercizio del potere sanzionatorio mediante adozione di un ordine di demolizione, dovendo rinviare ogni determinazione all’esito del procedimento di sanatoria, peraltro da concludersi mediante l’adozione di un provvedimento espresso e motivato, non essendo applicabile il meccanismo del silenzio-diniego di cui all’art. 36 citato d.P.R. n. 380/2001, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, 9 aprile 2020, n. 3851.
[6] Cfr. Cons. Stato, sez. II, 15 dicembre 2020, n. 8032, sulla sanatoria, di cui all’art. 38, d.P.R. n. 380 del 2001 ove non sia stato possibile convalidare il titolo annullato e non si possa effettuare la demolizione dell’opera.
[7] Cons. Stato, sez. II, 28 settembre 2020, n. 5693.