La sez. giur. del Consiglio di Giustizia Amministrativa Regione Siciliana, con l’ordinanza n. 38 del 13 gennaio 2022, affronta un aspetto di interesse con riferimento all’obbligo o meno di astensione da parte di un soggetto (giudice) designato (e retribuito) da una P.A., il quale è chiamato a valutare l’operato di quest’ultima: non sussiste un obbligo di astensione che possa compromettere l’imparzialità del giudice.
La questione riguarda l’istanza di ricusazione di un magistrato (ex art. 18 comma 4 c.p.a., «Proposta la ricusazione, il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l’istanza inammissibile o manifestamente infondata»)[1] ritenuta infondata e dilatoria.
I motivi vengono così riassunti:
- i giudici “laici” del CGARS sono designati dalla Regione e nominati dal Presidente della Repubblica, a seguito di un parere vincolante dell’organo di autogoverno della magistratura amministrativa e di una verifica dei titoli e delle attitudini (peraltro, la durata eccede quella del governo regionale che lo designa, e non è automaticamente prorogabile);
- il processo di nomina, seppure su indicazione della Regione, non determina nessun dovere, in astratto e di per sé sola, di astensione dalle cause in cui è parte la stessa (vengono richiamate le nomine dei giudici non togati, ad es. del Cons. Stato, i quali non potrebbero trattare le cause della Presidenza del Consiglio dei ministri che concorre alla designazione; similarmente quelli del TAR Trento e della sez. autonoma di Bolzano);
- la formazione del collegio giudicante prevede necessariamente la partecipazione di due giudici “laici”, con l’inevitabile (e ingiustificata) paralisi dell’organo nelle cause in cui è parte la Regione, non essendoci distinzione tra i componenti del plenum;
- la persona “designata dalla Regione” dopo la nomina a magistrato non ha alcun legame con la Regione sussumibile sotto l’art. 51 c.p.c.[2] per il solo fatto della precedente designazione, dovendo chiarire che eventuali e diversi legami riconducibili al cit. art. 51 c.p.c. devono essere specificamente provati da chi li eccepisce;
- sotto il profilo retributivo (il pagamento dello stipendio del giudice laico a carico della Regione in misura del 50%) non è un elemento dirimente, essendo identico il rapporto nella sostanza a quello di qualsiasi giudice della Repubblica italiana il quale non potrebbe decidere le cause in cui sono parti il Ministero della giustizia, o dell’economia, o la P.C.M., quali soggetti erogatori della retribuzione dei magistrati o comunque partecipanti alla loro determinazione[3];
- non risulta nemmeno conferente che il giudice, in anni risalenti a prima della nomina a magistrato, sia stato Assessore all’agricoltura ove oggetto di giudizio non siano atti nei quali è stato parte.
In definitiva, per ricusare un magistrato risulta indispensabile dimostrare fatti specifici, tali da allegare obblighi di astensione, di cui all’art. 51 c.p.c., non potendo portare argomentazioni o addebiti generici[4], privi di un qualche valore di prova; diversamente, il fine risulta quello di un indebito quanto evitabile intralcio alla giustizia (con applicazione di una sanzione).
Il tema affrontato può essere utile per parametrare le nomine effettuate dalle P.A. presso enti terzi, ad es. un IPAB o fondazione[5], quando l’Amministrazione non possiede alcun genere di partecipazione e/o controllo e/o gestione attiva, limitandosi ad effettuare esclusivamente la nomina del C.d.A., secondo le tavole di fondazione o lo statuto, rilevando che – una volta effettuato l’atto di individuazione dei componenti – i soggetti agiscono in piena autonomia (in libertà di giudizio), essendo titolari di un interesse proprio (quello dell’ente presso il quale sono nominati), avulso dalle valutazioni o indirizzi dell’Amministrazione titolare del potere di nomina.
In termini diversi, effettuata la nomina il soggetto nominato agisce senza alcun condizionamento o ingerenza da parte del nominante, salvo un’espressa facoltà di revoca, generalmente non presente negli atti dell’ente, ed in effetti il caso affrontato consente al magistrato di operare senza interferenze, e, dunque, giudicare l’operato dell’Amministrazione conferente.
[1] Da ritenersi sottoposta a precisi limiti temporali idonei anche a scongiurare espedienti dilatori che mal si conciliano con le esigenze di addivenire ad una definizione del giudizio in tempi ragionevoli, Cons. Stato, sez. III, 9 luglio 2021, n. 5238. La ricusazione è proponibile dalle parti soltanto «nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi», ex art. 52, comma 1, c.p.c. che fa rinvio all’elenco dell’art. 51, comma 1, c.p.c., applicabile al processo amministrativo per il richiamo dell’art. 17 c.p.a., derogando al principio del giudice naturale precostituito per legge previsto dall’art. 25 Cost. ed afferendo alla capacità stessa del giudice di esercitare il proprio ufficio, è di stretta interpretazione e non può essere applicata oltre i casi specificamente previsti, Cass. civ., sez. Un., 30 settembre 1989, n. 3947; Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2004, 13667; Cons. Stato, sez. III, ordinanza 27 novembre 2020, n. 7508.
[2] Le cause di incompatibilità sancite dall’art. 51 c.p.c., estensibili a tutti i campi dell’azione amministrativa, rivestono carattere tassativo e, come tali, sfuggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica, stante l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa e la stabilità della composizione degli organi giudicanti, TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 12 maggio 2011, n. 1230, idem Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3804.
[3] La dipendenza del giudice dallo Stato non gli inibisce la trattazione di controversie in cui sia parte quest’ultimo, o altro ente pubblico cui egli sia collegato per ragioni di residenza (ad esempio comune) o di utenza (azienda erogatrice di servizi pubblici), non essendo credibile in queste fattispecie che il giudice sia portato ad avvantaggiare o danneggiare, a seconda dei casi, il proprio debitore o creditore, Cass., sez. un., 11 aprile 2012, n. 5701.
[4] Occorre individuare un effetto condizionante della decisione assunta in precedenza dal giudice, capace di distorcere ovvero di influenzare il giudizio successivo, Cass. pen., sez. III, 21 maggio 2021, n. 32630, idem TAR Toscana, sez. I, ordinanza 20 ottobre 2021, n. 1350.
[5] Cfr. Cass. civ., sez. Un., ordinanza 18 dicembre 2018, n. 32727.