La sentenza
La sez. I del TAR Basilicata, con l’ordinanza 7 luglio 2022, n. 526, interviene in materia di giurisdizione ordinaria, distinguendo in chiaro i confini della competenza del Giudice amministrativo e, di riflesso, analizzando i poteri della Pubblica Amministrazione, in relazione al rapporto con il cittadino, dove le regole comportamentali (di matrice civilistica) non sono regole di validità (del provvedimento), ma regole di responsabilità (per il comportamento complessivamente tenuto), che trovano (anche) una recente[1] collocazione nell’ultimo comma 2 bis, dell’art. 1 della legge n. 241/1990, «improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede»[2].
La condotta
La questione verteva sulla richiesta a Regione e Provincia, da parte di un consorzio, di risarcimento danni a titolo di responsabilità precontrattuale per non aver garantito l’adempimento di una funzione istituzionale alla erogazione (ovvero, incompletezza e ritardo degli atti amministrativi da porre in essere «per il finanziamento del Programma con fondi nazionali/comunitari», nonché la asserita «negligente inerzia», nel perfezionamento delle relative attività amministrative»).
In precedenza il Tribunale (Giudice ordinario) – con sentenza – aveva declinato la giurisdizione in favore del Giudice amministrativo.
La giurisdizione
Il GA sospende il giudizio, sollevando conflitto di giurisdizione, trasmettendo gli atti alla cancelleria della Corte di Cassazione (SS.UU.) per la relativa decisione, rilevando una serie di ragioni di utile interesse così riassunte:
- ai fini del relativo riparto tra Giudice ordinario e Giudice amministrativo rileva il petitum sostanziale, da identificare non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia invocata, quanto soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da determinare con riguardo ai fatti allegati[3];
- gli obblighi sarebbero derivati dalla stipulazione (mai intervenuta) di un accordo di programma in sede regionale ai sensi dell’art. 27, Accordi di programma, della legge n. 142 del 1990 (a cui non ha mai aderito la Regione)[4];
- in ogni caso le pretese attoree non sembrerebbero trovare fondamento nelle previsioni del c.d. accordo di programma, avendo un carattere eminentemente programmatorio di rinvio agli atti degli Enti locali coinvolti (conferenza di servizi), con la partecipazione eventuale (in presenza di varianti), «ove necessario anche della Provincia … e della Regione»;
- ne consegue, la carenza del presupposto per il radicamento della giurisdizione amministrativa in presenza di accordo di programma inadempiuto, ai sensi dell’art. 34, Accordi di programma, del d.lgs. n. 267 del 2000[5].
La responsabilità precontrattuale
In definitiva, l’inerzia delle due PA intimate rientrerebbe in una responsabilità dichiaratamente di natura precontrattuale, interrompendo le trattative ne impedisce la nascita di quei valori meritevoli di tutela che il contratto persegue[6].
È noto che affinché nasca la responsabilità dell’Amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero, che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose)[7], ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti:
- a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;
- b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’Amministrazione, in termini di colpa o dolo;
- c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’Amministrazione[8].
Le pronunce gemelle dell’Adunanza Plenaria n. 19 e 21 del 2021 (relativamente alle procedure di gara) riconoscono un temperamento alla tutela del “legittimo affidamento” del privato, atteso che le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’Amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte.
Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’Amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi[9].
L’ordinaria possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento è stata in particolare affermata dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria 4 maggio 2018, n. 5 (di seguito con approfondimento).
Va aggiunto, per completezza espositiva, che la “positivizzazione” degli articoli 1337 e 1338 cod. civ. ad opera del nuovo codice (quello del 1942) risultava un forte profilo di novità, poiché la c.d. responsabilità precontrattuale, si poneva in modo difforme rispetto al precedente “dogma volontaristico”, dove il recesso dalle trattative era ritenuto fosse un diritto che non potesse essere sindacato e tanto meno dare vita all’obbligo di risarcire i danni all’altro contraente.
Correttezza e buona fede
Secondo il GA la condotta mantenuta della PPAA si presenta difforme ai canoni di correttezza e buona fede (c.d. “clausole generali” destinate, per loro stessa natura, ad adeguarsi ai mutamenti che interessano l’ordinamento giuridico e la società civile), di cui all’art. 1337, Trattative e responsabilità precontrattuale, cod. civ. (da associarsi all’art. 1175, Comportamento secondo correttezza, cod. civ., nel prevedere il dovere di comportarsi secondo correttezza in capo ad entrambe le parti del rapporto obbligatorio) e priva di collegamento, anche solo mediato, col (mancato) esercizio del potere amministrativo: non è presente la potestas, ovvero della titolarità dell’imperium.
Il dovere di comportarsi secondo correttezza e buona fede, implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti (in aderenza con il modello FOIA e con il principio di accountability), fornendo alla controparte privata ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza (specie, quando l’interlocutore riveste uno status pubblico, alias professionale)[10], che in ambito amministrativo trova il proprio corollario dell’art. 97 Cost. e nell’art. 1 della legge n. 241/1990, rappresenta una manifestazione del più generale dovere di solidarietà sociale, che incontra il suo principale fondamento nell’art. 2 Cost.[11] e grava reciprocamente su tutti i membri della collettività, peraltro, divenuto impropriamente un must per promuovere la vaccinazione sperimentale di massa, oltre il booster.
Un dovere che incombe, dunque, anche sulla Pubblica Amministrazione poiché chi esercita una funzione amministrativa, costituzionalmente sottoposta ai principi di imparzialità e di buon andamento (ex art. 97 Cost.), il cittadino si aspetta uno sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento, rispetto a quello che si attenderebbe dal quisque de populo.
In effetti, l’art. 54 Cost., differenzia l’apparato (i dipendenti pubblici) amministrativo «al servizio esclusivo della Nazione», ex art. 98 Cost., i quali rispetto agli altri cittadini, ossia coloro a cui non «sono affidate funzioni pubbliche», hanno non solo (in aggiunta) «il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi» (primo comma dell’art. 54 Cost.) ma hanno «il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge» (secondo comma, art. cit.): un evidente carattere (impronta) di natura etico/valoriale, che si collega a quell’aspettativa di legalità e integrità che dovrebbe reggere chi amministra nelle istituzioni (nella sua connotazione generale per tutti quei soggetti che amministrano beni non propri, che non distingue, conseguentemente, il profilo di separazione tra “Politica” e “Amministrazione” ma dovrebbe acuminarli indistintamente).
Quando queste due parti, quella pubblica e quella privata, vengono in contatto tra loro e ne deriva l’instaurazione di un rapporto che presenta profili di giuridicità (non è indifferente allo ius), indipendentemente dall’emanazione di un provvedimento, ossia, l’esercizio di un potere decisionale autonomo, che caratterizza la discrezionalità amministrativa (e in parte quella politica, da non confondere con l’“atto politico”), da qualificarsi alla stregua di “contatto sociale qualificato”, che ha avuto il merito di avere messo bene in luce il legame esistente tra l’ambito e il contenuto dei doveri di protezione e correttezza, da un lato, e il grado di intensità del momento relazionale e del conseguente affidamento da questo ingenerato, dall’altro, conquistando, nella lettura costituzionalmente orientata, una funzione (ed un conseguente ambito applicativo) più ampia rispetto a quella concepita dal codice civile del 1942 (già innovativa per l’epoca).
La relazione (il rapporto) che ne scaturisce deve essere inteso come il fatto idoneo a produrre obbligazioni «in conformità dell’ordinamento giuridico», ex art. 1173 cod. civ, dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione, bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, in adesione agli artt. cod. civ. 1175 (correttezza), 1176 (diligenza) e 1337 (buona fede)[12].
Inoltre, la “culpa in contrahendo”[13] della PA nell’ambito della responsabilità da contatto sociale qualificato e, rilevando come in tale fattispecie non venga in esame l’esercizio dell’attività autoritativa, indefettibile presupposto della giurisdizione amministrativa, ha ritenuto le relative domande giudiziali devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario[14].
Le regole di condotta pubblica
La sentenza affronta in modo semplice e chiaro (una regola aurea che dovrebbe essere il faro del legislatore)[15] un tema sempre più esigibile e sempre più oscurato, ossia la correttezza e trasparenza nei rapporti tra le parti, una condotta che dovrebbe governare le relazioni umane (secondo lealtà), e che nella Pubblica Amministrazione assurge a canone di legalità a di tutela del legittimo affidamento, visto che l’agire amministrativo è vincolato nel fine che non può che essere il “bene comune”.
Nello sfondo, si ripercorre un passo di etica pubblica, del “dover essere” o del “rendere conto”, ma spesso, invece, assistiamo a proclami proiettati al benessere collettivo, alla cura della salute, alla lotta contro le povertà, mentre di fatto (e di diritto, a colpi di fiducia parlamentare) le risorse vengono sprecate, si aumentano i costi dei servizi e si investe in armamenti, si moltiplicano gli adempimenti, quando l’aspettativa di sviluppo viene affidata ai “superbonus 110”, dando credito agli incentivi che aumentano il debito pubblico (senza sommare il rialzo dello spread) e creano nuove emergenze, dove anche votare (che sarebbe il modello della rappresentanza) appare un impedimento (ovvero, una mancanza di stima) che mina la stabilità delle istituzioni democratiche al cui vertice dovrebbero essere posti gli eletti.
(pubblicato, lentepubblica.it, 19 luglio 2022)
[1] Comma aggiunto dall’art. 12, comma 1, lett. 0a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.
[2] I doveri di correttezza, lealtà e buona fede hanno un ampio campo applicativo, anche rispetto all’attività procedimentalizzata dell’Amministrazione, operando pure nei procedimenti non finalizzati alla conclusione di un contratto con un privato, ed afferendo sia ad atti e comportamenti “espressi” sia a contegni silenti, omissivi, ovvero reticenti; inoltre, nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica i suddetti obblighi sussistono anche prima e a prescindere dall’aggiudicazione, sorgendo dal momento del primigenio “contatto” (pubblicazione del bando e partecipazione alla gara) e connotanti tutto l’iter procedimentale, siccome iniziatosi con la indizione della gara, TAR Lombardia, Milano, sez. I, 6 novembre 2018, n. 2501. Cfr. l’art. 10 dello Statuto del contribuente approvato con la legge n. 212 del 2000.
[3] Cass. civ., SS.UU., 5 luglio 2013, n. 16883; idem Cass. civ., 28 maggio 2013, n. 13178.
[4] Cfr. Cass. civ., SS.UU, 24 gennaio 2019, n. 2082, dove in tema di giurisdizione, previsti all’interno di accordi programmatici, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 142/1990, si rimanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al disposto di cui all’art. 11, ultimo comma della legge 7 agosto 1990, n. 241, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica.
[5] Accordo di programma costituisce una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata e, in linea ancora più generale, dell’istituto degli accordi fra amministrazioni, di cui all’art. 15 della legge n. 241 del 1990, che ne scandisce la disciplina residuale, per quanto non espressamente previsto in quella speciale dell’art. 34 del d.lgs. n. 267/2000, Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 443.
[6] La Corte di Cassazione ha espressamente affermato che il dovere di correttezza e buona fede (e l’eventuale responsabilità precontrattuale in caso di sua violazione) sussiste, prima e a prescindere dell’aggiudicazione, in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica strumentale alla scelta del contraente, che si pone quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale nell’ambito di un sistema di «trattative (c.d. multiple o parallele) che determinano la costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della presentazione delle offerte, secondo un’impostazione che risulta rafforzata dalla irrevocabilità delle stesse», Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015, n. 9636 e 3 luglio 2014, n. 15260; Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142 e sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831.
[7] Il principio della tutela dell’affidamento, sebbene non espressamente contemplato dai Trattati, è stato più volte affermato dalla Corte di giustizia a partire dalla sentenza Topfer del 3 maggio 1978, C-12/77, che lo ha elevato al rango di principio dell’ordinamento comunitario.
[8] TAR Campania, Salerno, sez. III, 21 aprile 2022, n. 1074. Sul diritto al risarcimento, vedi, Cass. civ. sez. II, 27 ottobre 2021, n. 30186.
[9] Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 29 novembre 2021, n. 21.
[10] Si pensi, ad es., la riconosciuta responsabilità civile della società di revisione per erronea certificazione dello stato patrimoniale di una società (compiuta su incarico di quest’ultima) nei confronti di acquirenti di quote societarie, che non avrebbero stipulato il contratto, ove avessero conosciuto il reale ed inferiore valore della società, Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2012, n. 10403.
[11] Cfr. Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188.
[12] Cons. Stato, A.P., 4 maggio 2018, n. 5.
[13] Cfr. TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 11 luglio 2022, n. 1259, sul venir meno della responsabilità precontrattuale alla stipulazione di un contratto, quando la PA abbia comunicato tempestivamente la scelta di non perfezionare l’operazione economica a causa delle mutate esigenze pubbliche, non avendo, conseguentemente, mantenuto un contegno lesivo dei canoni di solidarietà e buona fede oggettiva, di cui agli artt. 2 Cost. e 1175 e 1375 c.c., che devono informare non solo i rapporti tra privati, ma anche tra privati e Pubblica Amministrazione. Infatti, nei contratti pubblici, anche dopo l’intervento dell’aggiudicazione definitiva, non è precluso all’Amministrazione appaltante di revocare l’aggiudicazione stessa, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, che ben può consistere nella mancanza di risorse economiche idonee a sostenere la realizzazione dell’opera, TAR Campania, Napoli, sez. I, 9 gennaio 2018, n. 139. Cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2022, n. 5720. In tema di culpa in cuntrahendo, va ristorato il c.d. interesse negativo, id est l’interesse a non intraprendere trattative inutili e dispendiose, Cons. Stato, sez. IV, 20 febbraio 2014, n. 790.
[14] Cass. civ., SS.UU., 28 aprile 2020, n. 8236, si tratta di una responsabilità che prende la forma dalla violazione degli obblighi derivanti dal rapporto e che, pertanto, va ricondotta allo schema della responsabilità relazionale, o da contatto sociale qualificato, da inquadrare nell’ambito della responsabilità contrattuale, con piena cognizione del AGO, nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, cosicché, in definitiva, il privato abbia riposto il proprio affidamento in un comportamento mero dell’Amministrazione, specie quando non ha posto in essere alcun atto di esercizio del potere amministrativo: il rapporto tra la stessa ed il privato si gioca interamente sul piano del comportamento, nemmeno esistendo un provvedimento a cui astrattamente imputare la lesione di un interesse legittimo.
[15] Secondo i princìpi della produzione normativa moderna, quali espressi nel Preambolo delle Leggi e Costituzioni di S.M. Vittorio Amedeo del 1723, «Per grazia di Dio Re … si stabilisca una Legge facile, e chiara, e resa la spedizione degl’affari più pronta, restino sepolte quelle inutili superfluità che partorivano si spessi, e sì gravi sconcerti»: le leggi dovevano essere chiare, certe, inalterabili e poche: «niente sarebbe più facile di un codice le cui leggi fossero espresse con chiarezza, precisione e semplicità, e indicassero i principii generali di tutte le cose appartenenti alla società», GRAZIOSI, Testamento forense di un magistrato o sia saggio sul cadimento del foro napoletano, 1806.