Massima
La sez. 19 della Commissione Tributaria Regionale Lombardia, con la sentenza n. 2828 depositata il 4 luglio 2022, interviene per l’escludere l’esenzione IMU dagli alloggi ATER (c.d. edilizia popolare/residenziale pubblica), qualora non sia fornita prova della loro “attitudine” sociale: la pretesa tributaria dell’Amministrazione Civica, con l’avviso di accertamento, risulta legittima.
Fatto
Nella sua essenzialità, un Comune provvedeva a detrarre – ad una Azienda per Edilizia Residenziale – euro 200 dal pagamento dell’IMU per i beni di proprietà, detrazione prevista dall’ultimo periodo del comma 10 (abrogato dall’art. 1, comma 780, legge 27 dicembre 2019, n. 160, a decorrere dal 1° gennaio 2020) dell’art. 13, Anticipazione sperimentale dell’imposta municipale propria, del D.L. n. 201/2011, Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, in assenza della dichiarazione sulla natura degli alloggi.
La fonte stabiliva che la cit. detrazione «si applica agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616»[1].
Applicava la detrazione e non l’esenzione prevista da altro comma, poiché non vi era la prova che i beni potessero essere classificati come “alloggi sociali”, rilevando che gli immobili di edilizia residenziale pubblica (ERP) non potessero essere parificati agli alloggi sociali, ex D.L. n. 102/2013.
Di converso, l’Azienda proprietaria dei beni controdeduceva non tanto la detrazione quanto l’esenzione, in quanto trattasi di immobili concessi in locazione ed aventi le caratteristiche dei c.d. “alloggi sociali” (così come individuati dal DM 22.4.2008, Definizione di alloggio sociale ai fini dell’esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea): gli alloggi sociali sono esenti del pagamento dell’IMU ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b), D.L. n. 201/2011 pro tempore vigente («l’imposta municipale propria non si applica, altresì: … b) ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008»).
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso dell’Azienda, donde l’appello, ritenendo (il Comune) che per l’inquadramento dell’alloggio nella categoria “sociale” doveva essere presentata idonea prova, rigettando la mera autodichiarazione dell’ufficio Patrimonio dell’Azienda (una specie di autocertificazione) rispetto all’allegazione (alias concreta dimostrazione) dei requisiti richiesti dalla legge.
La definizione di alloggio sociale
Si riporta la definizione del dato normativo del DM 22 aprile 2008 (ex art. 1, comma 2): «è definito «alloggio sociale» l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. L’alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie».
I successivi commi 3 e 4 completano la tipologia, facendo rientrare quegli «alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche – quali esenzioni fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico – destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà», chiarendo che «il servizio di edilizia residenziale sociale viene erogato da operatori pubblici e privati prioritariamente tramite l’offerta di alloggi in locazione alla quale va destinata la prevalenza delle risorse disponibili, nonché il sostegno all’accesso alla proprietà della casa, perseguendo l’integrazione di diverse fasce sociali e concorrendo al miglioramento delle condizioni di vita dei destinatari».
Motivi della decisione
Nel merito l’appello viene accolto: l’omesso adempimento dell’onere probatorio della classificazione dei beni.
In termini esplicativi, è necessario dimostrare – per singoli alloggi – la presenza dei «requisiti di legge per essere classificate come alloggi sociali».
L’Azienda non ha fornito prova dei requisiti richiesti all’art. 1, comma 2 del D.M. 22 aprile 2008: l’analisi operata dei contratti di locazione delle unità immobiliari non ha consentito di dedurre i presupposti per la loro qualificazione in “alloggi sociali”.
Viene precisato, re melius perpensa, che la dichiarazione e relativa perizia predisposte dal Responsabile dell’Ufficio del Patrimonio Azienda:
- «oltre a non avere valore probatorio, essendo state entrambe redatte dalla stessa parte in giudizio, si caratterizzano per l’assoluta genericità, limitandosi ad affermare che “gli alloggi e i relativi posti auto coperti pertinenziali presenti in detti fabbricati hanno i requisiti di alloggio sociale di cui al d.m. 22 aprile 2008: sono destinati in via permanente a essere locati a soggetti non in grado di accedere alla locazione nel libero mercato»;
- in effetti, la consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, oltre al dato concreto che preclude, per la sua genericità (mancano i dati catastali)[2] di individuare gli alloggi[3];
- in questo senso, viene ritenuto inconferente il riferimento al comma 3, dell’art. 18, Autocertificazione, della legge n. 241/1990 («Parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare»), in quanto la norma è finalizzata alla semplificazione (e non aggravamento, ex 1, comma 2 della cit. legge n. 241)[4] dei rapporti fra cittadino ed Amministrazioni pubbliche nell’ambito del procedimento amministrativo e non può trovare applicazione nel contenzioso in oggetto;
- invero, se in tema di contenzioso tributario, in forza del principio secondo cui al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione, di cui all’art. 6, comma 4 della legge 27 luglio 2000, n. 212, Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, che richiama l’art. 18 della legge n. 241/1990, e l’Ufficio ha l’onere di produrre in giudizio ogni documento, anche favorevole al contribuente, che sia in suo possesso[5], altra cosa è la dimostrazione concreta di quanto autocertificato (non diversamente surrogabile), ossia l’oggetto di prova, non il possesso della documentazione ma la dimostrazione del suo contenuto (peraltro, in sede istruttoria del procedimento amministrativo, e non in ambito processuale, questo non esclude il potere dell’Amministrazione di chiedere specificazioni su quanto dichiarato, al fine di imprimere concretezza ed effettività al contraddittorio, purché la richiesta indichi analiticamente gli elementi cui si riferisce)[6];
- più esplicitamente, rispetto al punto precedente, l’autocertificazione è priva di efficacia probatoria nel processo tributario, poiché finirebbe per introdurre un mezzo di prova costituito fuori dal processo ed equipollente a quello vietato dalla legge[7].
Precisazioni conclusive
L’approdo porta a stabilire che non avendo assolto l’ATER l’onere probatorio il ricorso viene rigettato (con conferma dell’avviso di accertamento):
- non si applica agli immobili l’esenzione dell’IMU, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. n. 201/2011, che si applica solo agli “alloggi sociali”, secondo i presupposti del DM 22 aprile 2008: non vi sarebbe equiparazione di definizione, ovvero, coincidenza tra alloggi di edilizia residenziale pubblica (ex IACP) e alloggi sociali[8];
- diversamente, si applica la detrazione, di cui all’art. 13, comma 10, del D.L. n. 201/2011 (in tutti i casi nei quali non è possibile ricondurre alla definizione di “alloggio sociale”, ovvero, per tutti gli alloggi ordinari).
Occorre, altresì, rammentare che in materia fiscale le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 preleggi, sicché non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma in virtù di dati extratestuali, oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati[9].
La Commissione tiene, dunque, a precisare che, anche qualora si fosse trattato di “alloggi sociali”, non sarebbe stata comunque applicabile l’invocata esenzione IMU, alla luce di una serie di orientamenti (non ancora approdati in Cass.):
- l’esenzione, di cui all’art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. n. 201/2011, opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse, con una evenienza che anche in presenza di finalità di carattere sociali svolte per legge, dagli enti di edilizia residenziale, questo non esclude che l’attività di assegnazione in locazione, sia pure ad un canone locativo moderato o convenzionato, sia un’attività di carattere economico[10];
- il MEF[11] ha escluso, per gli enti di edilizia residenziale pubblica, aventi le stesse finalità degli ex IACP, l’applicazione dell’aliquota ridotta (poi trasformata in esenzione) prevista per l’abitazione principale, avvertendo che «è appena il caso di accennare che tutti i soggetti sopra richiamati possono beneficiare della sola detrazione e non dell’aliquota ridotta, trattandosi di immobili posseduti da persone giuridiche»;
- gli alloggi assegnati ad una Azienda di edilizia residenziale si applica una detrazione IMU di 200 euro e dell’aliquota ordinaria (o di quella minore determinata dal Comune di riferimento), escludendo, invece, che gli stessi godano dell’esenzione d’imposta[12];
- anche ad ammettere che gli alloggi rientrino nella generale categoria degli “alloggi sociali”, resta comunque il fatto che la norma generale, per tale tipo di alloggi, è derogata, quanto agli alloggi assegnati dagli IACP, dalla normativa speciale di cui al comma 10, dell’art. 13, del D.L. n. 201/2011[13].
L’incertezza delle leggi
Viene spontaneo rilevare che, in dipendenza del quadro normativo ed esegetico, è necessario fornire la dimostrazione effettiva della presenza dei requisiti, di cui al DM 22 aprile 2008, per collocare il bene all’interno della fonte (alloggio sociale) che assicura l’esenzione non limitandosi ad una mera dichiarazione, osservando (a ben vedere) l’esigenza di una effettiva “legale collaborazione” tra PA ed Enti/Aziende proprietarie di alloggi ERP.
L’incertezza delle leggi, l’esigenza di stabilire i loro canoni applicativi, incide sulle relazioni, anche quando entrambi i soggetti perseguono – per fonte normativa (non solo statale) e statutaria – il “bene della vita” (l’assegnazione di una casa ai cittadini, specie se in condizioni di bisogno)[14], dove il regime dei rapporti, oltre alle regole civilistiche di correttezza e buona fede, risulta improntato (o dovrebbe essere) al principio del “buon andamento” (ex art. 97 Cost.) in tutte le sue fasi.
Su questo aspetto valoriale, il comma 6, dell’art. 3, Principi generali, del DPR n. 62/2013, Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, postula nella sua linearità espressiva che «Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni, assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della normativa vigente», quasi a significare un legame d’intenti – ancor più stretto (rafforzato sul modus agendi, rivelatore di un modus operandi) – quando le PPAA (quelle all’interno del perimetro della nozione comunitaria, che include tutti coloro che esercitano un servizio/funzione pubblica, anche con moduli privatistici)[15] operano per un fine comune: l’interesse pubblico[16].
Forse si eviterebbe con il “giusto procedimento” (l’innegabile contradditorio a monte) di ricorrere al giudice, ma a volte (quelle rare) le avanguardie del diritto esigono un conforto, quando il diritto perde la sua chiarezza (che fa rima con certezza, secondo l’originaria definizione di “regola”, squadra per tracciare le linee rette dei monumenti di Roma antica)[17] si aprono gli spazi dell’indeterminatezza: est modus in rebus, sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum[18].
[1] Cfr. il comma 4, parte finale, dell’art. 2, Altre disposizioni in materia di IMU, del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, ove si stabilisce che «A decorrere dal 1° gennaio 2014 sono equiparati all’abitazione principale i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008».
[2] In verità, nel processo tributario, i dati catastali identificativi degli immobili potrebbero essere individuati dall’Amministrazione mediante la consultazione delle proprie banche dati o di altre PA, avendo interesse a dimostrare l’assenza dei requisiti, Cass. civ., sez. V, 28 ottobre 2009, n. 22775.
[3] Cass., sentenza n. 27297/2020; n. 2063/2010; n. 282/2009.
[4] TAR Lazio, Roma II stralcio, 30 luglio 2020, n. 8897.
[5] Cass. civ., sez. V, ord. 22 giugno 2018, n. 16548 e 21 gennaio 2015, n. 958.
[6] Cass. civ., sez. V, 17 giugno 2011, n. 13289.
[7] Cass., sez. tributaria, 13 gennaio 2017, n. 701 e 4 novembre 2016, n. 22413. L’art. 7, Poteri delle commissioni tributarie, comma 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, dispone espressamente: «Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale».
[8] Cfr. Commissione Tributaria Abruzzo, sez. 7, 29 aprile 2022, n. 268.
[9] Cass. civ., sez. VI, ord. 17 febbraio 2022, n. 5190 e 21 giugno 2017, n. 15407.
[10] Cass., sez. tributaria, 25 luglio 2017, n. 20135. Cass. civ., sez. VI, 14 maggio 2020, n. 8964.
[11] Circolare MEF n. 3/DF del 2012, Imposta municipale propria (IMU). Anticipazione sperimentale. Art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Chiarimenti.
[12] Commissione Tributaria Lombardia, sez. 26, 30 novembre 2021, n. 4306.
[13] Commissione Tributaria Abruzzo, sez. 7, 29 ottobre 2020, n. 480.
[14] Indirettamente richiamato dal comma 2, dell’art. 47 Cost., nonché dall’art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, «Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo … all’abitazione».
[15] Come individuate dall’ISTAT, da raccordare con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione Europea, Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 2017, n. 5026.
[16] La PA, anche quando agisce iure privatorum, non è libera nella scelta dei fini da perseguire, ma è sempre vincolata al perseguimento del pubblico interesse, Corte conti, sez. contr. Lombardia, 21 settembre 2021, n. 129.
[17] Il concetto di “regola”, nel diritto antico, si rifaceva al termine regula, «da “regere” con il significato di “squadra” … avuto come precedente il termine greco “nòmos” con il significato di legge, usanza, ed anche di misura … La regola esprimeva una concezione stabile e compiuta del diritto», ITALIA, Disposizioni, regole norme e principi, Milano, 2018, pag. 5 e 8.
[18] ORAZIO, Satire I, 1, vv. 106 – 107.