La sez. II del TAR Sardegna, con sentenza 31 ottobre 2022 n. 730, conferma un orientamento secondo il quale l’Amministrazione – in una procedura di partenariato pubblico privato – ha sempre la possibilità di riservarsi il ritiro dalla precedente manifestazione di adesione alla proposta del privato, dovendo diversamente aggiudicare l’affidamento una volta avviata la procedura.
La scelta del metodo di gara
Occorre rilevare che il project financing, di cui all’art. 183 del d.lgs. n. 50/2016, riguarda essenzialmente la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità e comunque la materia delle concessioni[1], dove l’utilizzo per altri generi di gara (rectius contenuto negoziale) potrebbe indurre a qualche riflessione dell’extraneus nel processo decisionale di scelta, sia della procedura che dell’interesse pubblico (come si avrà modo di riferire al termine).
Discrezionalità della PA
In termini diversi, la procedura di finanza di progetto, o project financing[2], ancorché procedimentalizzata[3], riserva all’Amministrazione una amplissima discrezionalità tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità, ben potendo – una volta ritenuto vivo l’interesse pubblico alla realizzazione dell’intervento – valutare prima della definitiva aggiudicazione di ritrattare la decisione (pur manifestata in modo favorevole).
In questo senso, la scelta è intesa non già all’individuazione della migliore fra una pluralità di offerte, sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore, al punto da ritenere (in una visione quanto mai estesa) che anche in presenza dell’individuazione del promotore ed espletata la gara (con diritto di prelazione di questi) la PA goda del potere (inesauribile) di non proseguire l’iter procedimentale di gara a fronte del prevalente interesse pubblico (da esternare): operando una nuova valutazione con il ritiro degli atti.
Il fatto
Nella sua lineare essenzialità, un Consorzio Stabile ricorre avverso il silenzio (inadempimento) della PA, centrale unica di committenza (CUC) e Comune, al fine di vedere conclusa in tempi fisiologici e senza ingiustificate interruzioni di fatto, la procedura aperta per l’attivazione di un partenariato pubblico-privato (mediante locazione finanziaria di opera pubblica, ai sensi del combinato disposto degli artt. 180 comma 8, 183 comma 15 e 16 e 187 del d.lgs. n. 50/2016) per la progettazione esecutiva (con acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta), la realizzazione, il finanziamento, nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria per un periodo di anni venti di un complesso sportivo ricreativo[4].
La richiesta, in modo più divulgativo, verte sull’imposizione (condanna all’ordine) alla PA di concludere la procedura affidamento e, in caso di inosservanza, di nominare un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva e a spese delle Amministrazioni competenti.
Di converso, la difesa dell’Amministrazione giustifica l’arresto procedimentale dal mancato adeguamento del promotore alle modifiche progettuali puntualmente richieste, donde la sospensione per una sopraggiunta fase valutativa sulla procedura in itinere su comunicazione del capo dell’Amministrazione (il Sindaco).
Merito
Il GA entra direttamente nel merito, ritenendo il ricorso fondato.
In effetti, in presenza di un esito favorevole alla fase di valutazione del progetto (da parte del Consiglio comunale) e della successiva procedura a evidenza pubblica, l’Amministrazione non può limitarsi a sospendere il procedimento sine die ma deve formulare una motivazione sull’eventuale arresto, nel senso che vi possono essere nuove valutazioni dell’interesse pubblico che preclude la realizzazione dell’intervento, diversamente l’attività di gara non può essere che conclusa con l’individuazione dell’aggiudicatario e la sottoscrizione della concessione.
L’approdo, a fronte di un quadro decisionale chiaro e di una procedura al vaglio della commissione di gara, il Comune «è tenuto a concludere la vicenda con provvedimento espresso, consistente, in alternativa, nella prosecuzione e conclusione in tempi accettabili della fase di scelta del concessionario oppure nella revoca formale degli atti già adottati».
Per altri versi, viene segnalato un aspetto non indifferente sulla competenza, ovvero sul soggetto titolare del potere interdittivo di autotutela decisoria che non potrà essere ad appannaggio del Sindaco ma all’organo consiliare, ossia lo stesso organo che aveva dato impulso alla procedura (principio del contrarius actus): il Consiglio comunale, relegando inesorabilmente la comunicazione sindacale ad un atto di mero indirizzo, privo di efficacia interdittiva.
Viene, dunque, ordinato al Comune di concludere la vicenda amministrativa con provvedimento espresso: una deliberazione consiliare avente a oggetto, in alternativa:
- la conferma della volontà di proseguire nella procedura, con la conclusione degli atti di gara a cura della CUC;
- ovvero, nella revoca motivata dell’intera procedura di partenariato con l’archiviazione della gara.
La sentenza nella sua brevità e chiarezza espositiva espone in chiaro l’obbligatorietà di concludere la procedura con una decisione, senza rinviare oltre il procedimento: una scelta dovuta che potrà seguire il ciclo delle fasi dell’evidenza pubblica con l’individuazione del contraente e la stipulazione, diversamente, previa motivazione sulla presenza di un interesse pubblico oppositivo, si procederà al ritiro degli atti senza aggiudicare: aspetto quest’ultimo di competenza dell’organo assembleare.
Vale rammentare che con l’aggiudicazione della gara conseguente al project financing trasforma, di suo, l’aspettativa di mero fatto, fino a quel punto vantata dal promotore, in aspettativa giuridicamente tutelata alla consequenziale stipula del contratto aggiudicato, il cui rifiuto concreta ragione di responsabilità per violazione del canone di correttezza e di lealtà, ex art. 1337 cod. civ. e l’art. 1, comma 2 bis, della legge n. 241 del 1990[5].
In definitiva, se l’Amministrazione non è tenuta a dare corso alla conclusione della procedura di gara, con la sottoscrizione del contratto di concessione, atteso che la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera continua ad essere immanente ed insindacabile nel merito, l’obbligo di conclusione può essere ben giustificato con il ritiro degli atti (provvedimento di secondo grado), ovvero un arresto del procedimento senza per questo essere censurata nella correttezza della sua legittima decisione[6], ma – in ogni caso – con un provvedimento che ne certifichi tale risoluzione: un dovere di manifestare il proprio orientamento in forma espressa (il che esclude un rinvio sine die).
L’arresto procedimentale e gli oneri partecipativi
Appurata la legittimità nel non dar corso alla sottoscrizione del contratto, non potendo dirsi esclusa la possibilità per l’Amministrazione di rivalutare la scelta a suo tempo fatta, tuttavia tale attività di rivalutazione necessita di essere svolta, secondo le regole che garantiscono il “giusto procedimento”.
Se è vero, perciò, che anche in un momento successivo a quello in cui una proposta di realizzazione di lavori pubblici sia stata dichiarata di pubblico interesse, l’Amministrazione resta libera di non dar corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione, sicché l’eventuale misura di autotutela non determina, in tal caso, alcuna responsabilità precontrattuale né fa sorgere, in caso di revoca, l’obbligo di corrispondere alcun indennizzo a ristoro dei pregiudizi economici asseritamente patiti dal promotore, ma tutto questo deve rispettare le regole già stabilite negli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990, nel contraddittorio con l’aggiudicatario: ciò allo scopo di acquisire e di valutare i suoi contributi e di orientare l’esercizio dei poteri discrezionali verso una soluzione che componga nel modo più equilibrato e proporzionato i vari interessi contrastanti emergenti alla luce dell’interesse pubblico prevalente.
L’omissione del contraddittorio procedimentale – in caso di aggiudicazione – rende la decisione illegittima, dovendo assicurare anche la partecipazione al procedimento dei soggetti, come l’aggiudicatario, nei cui confronti il provvedimento finale è «destinato a produrre effetti diretti».
L’Amministrazione potrà decidere di non stipulare il contratto con l’operatore economico aggiudicatario conseguente alla non aggiudicazione non potendolo privare della possibilità di esercitare in modo effettivo e utile il contraddittorio nel procedimento (“a valle”) avente ad oggetto il ritiro degli atti di gara e dell’aggiudicazione[7].
Del resto, l’art. 10, comma 1, lett. b) della legge n. 241/1990, introduce a carico dell’Amministrazione un puntuale obbligo di valutare le memorie scritte e i documenti versati nel procedimento dall’interessato, specie quando l’Amministrazione intenda rivalutare l’interesse pubblico “a monte”.
Il dovere di valutare l’apporto partecipativo
Piena libertà di rivalutare l’interesse pubblico sulla bontà di quanto prospettato dal promotore ma qualora la PA intende esercitare in modo legittimo il proprio potere dovrà attenersi al c.d. diritto di accesso partecipativo, ovvero quell’obbligo previsto dall’art. 10 della legge 241/199, che se non impone una formale, specifica ed analitica confutazione di tutte le singole avverse argomentazioni esposte, nondimeno impone, anche in relazione all’obbligo previsto dall’art. 3 della stessa legge, l’esame del materiale istruttorio introdotto nel procedimento da parte dei privati e la necessità di poter comprendere le ragioni poste a fondamento del giudizio di irrilevanza eventualmente formulato al riguardo dall’Amministrazione attraverso una motivazione dell’atto conclusivo, tale da rendere percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni partecipative (alias non proseguire con la stipulazione)[8].
Si deduce che la mancata giustificazione di non dar corso al project financing deve contenere anche le valutazioni dell’apporto partecipativo (le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni rese dalla parte interessata) a tutela di un contenuto necessario della stessa motivazione: la mancanza dà luogo ad un vizio non sanabile in via postuma neppure in sede processuale, mediante la sua integrazione negli atti difensivi avendo leso il diritto di difesa, come avviene, in fase infraprocedimentale, allorché non risultano in alcun modo percepibili le ragioni sottese al mancato accoglimento delle osservazioni[9].
Partenariato e convenzioni Consip
A margine e per completezza espositiva (anche in chiave di prevenzione della corruzione e della trasparenza), qualora sussista un obbligo normativo di acquisto di beni e servizi per tramite adesione alla Convenzione CONSIP o altra CUC, non sussiste alcun dovere della PA di riscontrare esplicitamente e di indicare le ragioni della mancata accettazione di una proposta di Partenariato Pubblico Privato, mediante project financing, ai sensi del comma 15, dell’art. 183, Finanza di progetto, del d.lgs. n. 50/2016 e ss.mm., derogando al generale principio dell’affidamento tramite procedure concorsuali ad evidenza pubblica mediante “Centrale di Committenza”.
Diversamente, un siffatto obbligo motivazionale è richiesto nel caso di scelta della PA di procedere in via autonoma, senza l’utilizzo delle Convenzioni CONSIP o CUC[10], rilevando un dovere di esplicitare in modo rafforzato le ragioni di aderire ad una iniziativa del promotore, specie quando la proposta non sia preceduta da alcuna fase di consultazione del mercato e nemmeno riportata nei propri atti di programmazione.
[1] TAR Puglia, Lecce, sez. III, 6 luglio 2022, n. 1150.
[2] Il project financing, di cui all’art. 183 del d.lgs. n. 50/2016, riguarda (essenzialmente) la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità e, comunque, la materia delle concessioni, TAR Puglia, Lecce, sez. III, 6 luglio 2022, n. 1150.
[3] Cfr. il comma 3, dell’art. 18 bis, Misure per favorire l’attuazione del PNRR, inserito in sede di conversione del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (c.d. PNRR 2) dalla legge n. 79/2022, ove è stata prevista una richiesta al Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri e al MEF – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, di un parere preliminare alla dichiarazione di fattibilità della relativa proposta di partenariato pubblico privato da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice per importo superiore ai dieci milioni di euro.
[4] Cfr. LUCCA, Concessione di servizi nella gestione dello stadio di calcio, lentepubblica.it, 28 luglio 2022.
[5] Cons. Stato, sez. V, 1° gennaio 2021, n. 368.
[6] Cfr. ANAC, delibera n. 219 del 16 marzo 2021, Partenariato pubblico-privato – risultanze emerse nel corso dell’attività di vigilanza svolta dall’Autorità nel 2020 – analisi. Vedi, anche, nella sez. III, Spunti per trattare un’area a rischio, il Focus 8 Contratti pubblici. – Errata allocazione dei rischi nelle concessioni, di ANAC, Sull’onda della semplificazione e della trasparenza. Orientamenti per la pianificazione anticorruzione e trasparenza 2022, 22 febbraio 2022.
[7] TAR Molise, sez. I, 31 ottobre 2022, n. 398.
[8] Cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 6173/2018; TAR Puglia, Lecce, sez. III, n. 942/2022; TAR Trentino – Alto Adige, Trento, sez. I, n. 56/2020; TAR Campania, Napoli, sez. V, n. 494/2020 e sez. II, n. 448/2018.
[9] TAR Lombardia, Milano, sez. I, n. 2399/2019; Cons. Stato, sez. VI, n. 2596/2007; TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, n.116/2019; TAR Valle d’Aosta, n. 39/2018.
[10] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3230.