In via di principio, le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà, significando che il “Governo del Territorio” rientra tra le decisioni ampiamente “libere”, dove viene espresso e impresso un determinato assetto all’ambiente urbano, segnando inesorabilmente le modalità di “politica di sviluppo” di una Comunità.
In effetti, le scelte di politica urbanistica operate dagli amministratori nell’esercizio dell’attività politica di governo del territorio non necessitano di specifica ed articolata motivazione, essendo sufficiente che dallo strumento pianificatorio emergano i criteri generali ai quali esso si ispira e gli obiettivi che lo stesso intende realizzare[1], tralasciando quelli aspetti (degenerativi) di “bottega” del consenso, quel debito insito (rare volte) nello “scambio” elettorale di promesse di varia natura e contenuto.
La fascia di rispetto stradale
La fascia di rispetto stradale (di proprietà privata) segna una tipologia di vincolo, che è una tipica espressione dell’attività pianificatoria della PA nei riguardi di una generalità di beni e di soggetti, e che ha il solo effetto di imporre alla proprietà l’obbligo di conformarsi alla destinazione impressa al suolo in funzione di salvaguardia della programmazione urbanistica, indipendentemente dall’eventuale instaurazione di procedure espropriative[2].
Ne discende che in fascia di rispetto stradale è possibile la realizzazione di parcheggi a raso, anche ad iniziativa privata e nell’esercizio di attività imprenditoriale, a condizione che si tratti di opere stradali in senso stretto e, quindi, di parcheggio a servizio della circolazione stradale, escludendosi che per opere al servizio della strada possano intendersi solo gli spazi di sosta temporanea dei veicoli (vale a dire le piazzole di sosta) e non anche l’organizzazione di aree a parcheggio[3].
Le nuove destinazioni pubbliche
La sez. IV Milano, del TAR Lombardia, con la sentenza 21 novembre 2023, n. 2740, conferma l’ampia discrezionalità che gode l’Ente locale nel definire una specifica destinazione ad un’area pubblica, riservando il sedime stradale a parcheggio.
Nel caso di specie, viene proposto ricorso avverso il Piano di Governo del Territorio di un Comune nella parte in cui assegna (primo motivo) ai parcheggi privati pertinenziali la destinazione a sede stradale, nonché (secondo motivo) la destinazione “parchi e giardini” pubblici di un’area privata a giardino.
In termini diversi, si lamenta che la destinazione di sedime stradale assegnata ai parcheggi privati non tiene in alcun conto la proprietà privata dei mappali di proprietà, i quali sono sempre stati destinati (da alcuni decenni) a parcheggi privati pertinenziali (in forza di legittimi titoli abilitativi): da proprietà esclusiva privata ad asservimento ad uso pubblico (parcheggio).
Va aggiunto che le aree destinate a standard di verde pubblico non possono essere sottratte alla fruizione collettiva, che ne rappresenta la funzione tipica nell’ambito dell’organizzazione generale del territorio comunale e che non è riducibile al solo ruolo di riequilibrio del rapporto tra porzioni edificate e porzioni inedificate del territorio, non vedendosi, altrimenti, quale differenza vi sarebbe rispetto a una destinazione a verde privato, rilevando che l’eventuale intervento deve valutare l’esistente, ossia la presenza del cit. verde privato[4].
L’ampia discrezionalità
Il Tribunale dichiara il ricorso in parte infondato.
Con riferimento al primo motivo annota che la scelta del Comune di destinare un’area a parcheggio a sedime stradale è sorretta da un’ampia discrezionalità nell’individuazione del sedime stradale e della sua modifica: siamo in presenza di scelte pianificatorie che rispondono ad esigenze generali e, quindi, non può ritenersi che il Comune sia vincolato nell’individuazione del sedime stradale a scelte pianificatorie del passato (è sempre possibile un nuovo esercizio del potere, c.d. inesauribile).
A rafforzare la decisione viene richiamata la giurisprudenza[5], la quale ha ammesso che nella fascia di rispetto stradale è possibile la realizzazione di parcheggi a raso, dovendosi escludere che per opere al servizio della strada possano intendersi solo gli spazi di sosta temporanea dei veicoli, quali le piazzole di sosta.
Invero, a ben vedere la scelta operata modula diversamente la fruizione degli spazi, garantendo gli standard esistenti (quelli riservati ai privati residenti) e quelli di nuova conformazione (ad uso pubblico).
Si comprende, in questa scelta, che gli spazi a parcheggio:
- possano essere ad iniziativa privata nell’esercizio di attività imprenditoriale, a condizione che si tratti di opere stradali in senso stretto e, quindi, di parcheggio al servizio della circolazione stradale;
- ai residenti deve essere garantito l’utilizzo della fascia di rispetto stradale per la sosta;
- ed – in ogni caso – (precisa il GA), deve (un obbligo a carico della PA) realizzare nuovi spazi di sosta in sostituzione di quelli precedenti (quelli dei privati) se i posti eliminati rientrano tra le urbanizzazioni obbligatorie per legge o previste in una convenzione di lottizzazione od in un permesso a costruire rilasciato al privato, in quanto non ha il potere di ridurre le urbanizzazioni esistenti, ma solo di regolarle diversamente, salvo il caso in cui sia modificata anche l’edificazione privata.
L’Amministrazione, dunque, potrà stabilire una diversa modalità di utilizzo degli spazi del sedime stradale, anche incidendo sulla proprietà privata, assicurando la sosta ai privati in modalità (ubicazioni) diverse, incidendo sull’assetto esistente, nei termini sopra indicati.
La sentenza (per questa parte) valorizza le scelte del disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale, strumento che costituisce sempre una estrinsecazione del potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità, che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico.
La zonizzazione
Con riferimento al secondo motivo del ricorso (verde pubblico/parco)[6] il Tribunale ne dichiara la fondatezza, con riferimento alla disciplina delle norme tecniche che esige una destinazione più conforme allo stato dei luoghi: la discrezionalità del pianificatore è di carattere tecnico per cui la c.d. zonizzazione è legittima e ragionevole a condizione che i beni che la formano vengano accumunati in ragione delle caratteristiche intrinseche degli stessi e del contesto nel quale si inseriscono[7].
[1] Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 17 gennaio 2020, n. 27.
[2] TAR Campania, Napoli, sez. II, 4 marzo 2022, n. 1460.
[3] Cons. Stato, sez. II, 5 ottobre 2020, n. 5865.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4148.
[5] Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2602.
[6] Il vincolo di destinazione urbanistica impresso ad un’area del territorio comunale a parco pubblico, ha natura conformativa e non espropriativa, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2022, n. 1142.
[7] Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2602.