In generale, in materia urbanistica ed edilizia la presenza di un vincolo può determinare una forte compressione dei diritti edificatori, imponendo al titolare la possibilità di utilizzo del bene solo nel pieno rispetto della destinazione impressa, funzionale ad esigenze superiori (pubbliche), al punto da svilire e limitare fortemente il diritto di proprietà (lo ius aedificandi), fino al punto di svuotarlo praticamente di contenuto (ad es. nel vincolo espropriativo)[1].
Nello strumento urbanistico possiamo riscontrare le destinazioni afferenti ad una determinata area (zonizzazioni, ad es. centro storico, area agricola, area di espansione residenziale)[2], la quale può essere oggetto di espropriazione, o di imposizione di un vincolo di parziale edificabilità o assoluta inedificabilità, in mancanza del quale siamo in presenza di una zona c.d. bianca, soggetta alle rigide prescrizioni edilizie (mancando una pianificazione puntuale)[3]: la ratio è di introdurre uno strumento di salvaguardia – di carattere provvisorio – laddove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica, di orientare e governare l’interesse pubblico alla razionale gestione del territorio[4].
Il vincolo autostradale
Ciò posto, il vincolo della fascia di rispetto autostradale costituisce un limite invalicabile non sanabile[5] che preclude la realizzazione da parte del privato (e del pubblico) di ogni intervento edilizio[6]: siamo in presenza di un vincolo d’inedificabilità che ha carattere assoluto[7] e prescinde dalle caratteristiche dell’opera realizzata, in quanto il divieto di costruzione, sancito dall’art. 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729 (e dal susseguente DM 1° aprile 1968, n. 1404)[8], non può essere inteso restrittivamente al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e all’incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limiti connessi alla presenza di costruzioni, con la conseguenza che le distanze previste vanno osservate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale o che costituiscano mere sopraelevazioni o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti[9].
Va precisato, dunque, che la fissazione della fascia di rispetto autostradale risponde alla duplice esigenza:
- di garantire condizioni di sicurezza, prevenendo l’esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede viaria, pregiudizio alla circolazione e all’incolumità delle persone;
- di consentire la disponibilità da parte del concessionario di una zona utilizzabile per l’esecuzione di lavori, l’impianto di cantieri, il deposito di materiali e la realizzazione di opere accessorie, senza limiti connessi alla presenza di manufatti[10].
In tale prospettiva, è stato osservato anche che nel caso di lavori su un immobile legittimamente esistente, non può essere considerata dirimente la qualificazione dell’intervento secondo la disciplina dettata dal Testo unico dell’edilizia, dovendosi invece avere riguardo alla reale incidenza delle opere rispetto alle esigenze tutelate dal vincolo viario di inedificabilità[11], rilevando che la disciplina vincolistica introdotta dal Codice della strada – diversa e specifica rispetto a quella di cui all’art. 19, della legge n. 6 agosto 1967, n. 765 e DM 1 aprile 1968 n. 1404 – non ha natura prettamente urbanistica né tantomeno espropriativa, e dunque non intende ontologicamente e teleologicamente disciplinare qualsivoglia trasformazione del territorio[12].
A completamento, l’accertamento del carattere demaniale o meno di una strada è devoluto al giudice ordinario cui spetta, per pacifica giurisprudenza, la cognizione delle questioni relative alla natura demaniale o privata di un bene, siccome attinente a situazioni giuridiche di diritto soggettivo[13].
L’intervento in area inedificabile
La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9879 del 17 novembre 2023, si sofferma sui limiti del vincolo autostradale, condannando da una parte, un’Amministrazione che indebitamente ha rilasciato un titolo abilitativo (poi rimosso), e dall’altra parte, il privato che ha contribuito con la sua azione (richiesta del titolo) a indurre in “errore” l’Amministrazione, segnando (nello sfondo) l’esigenza per il RUP – prima di effettuare il rilascio del titolo edilizio – di effettuare un’attenta istruttoria, che non può prescindere dalla verifica concreta della destinazione dell’area.
Nello specifico, un privato ottiene dal Comune un permesso di costruire per l’installazione di un manufatto in legno su un’area confinante con un tratto autostradale, successivamente (ad opera realizzata), su impulso del concessionario autostradale, l’Amministrazione è intervenuta all’annullamento d’ufficio in quanto l’intervento ricadeva all’interno della fascia di rispetto autostradale, donde l’ordine di demolizione.
La richiesta risarcitoria, in relazione all’affidamento ingenerato dal rilascio del titolo poi annullato, viene analizzata con riferimento ad una concorrente responsabilità dei richiedenti (rectius del progettista, c.d. tecnico di fiducia, cfr. l’art. 29, Responsabilità del titolare del permesso di costruire, del committente, del costruttore e del direttore dei lavori, nonché anche del progettista per le opere subordinate a segnalazione certificata di inizio attività, del DPR n. 380/2001)[14] nel provocare lo sbaglio (o abbaglio) che avrebbe determinato il rilascio del permesso di costruire (poi ritirato).
Invero, è da osservare che il professionista che presenta e assevera pratiche edilizie è privo della legittimazione ad impugnare i provvedimenti con cui l’Amministrazione nega o ritira il rilascio del titolo, paralizzando l’attività edilizia intrapresa: la legittimazione ad impugnare provvedimenti amministrativi presuppone che l’esercizio del potere amministrativo abbia inciso in maniera immediata e diretta sulla posizione del ricorrente, mentre nei rapporti amministrativi che si instaurano attraverso la proposizione di istanze o segnalazioni edilizie il professionista incaricato o il direttore dei lavori ha di regola un ruolo meramente riflesso, incidendo – il potere autorizzatorio o inibitorio – in via diretta sull’interesse ad edificare del committente privato e non sull’esercizio della professione del tecnico che non costituisce l’oggetto dei rilievi operati dall’Amministrazione procedente in funzione del corretto uso del territorio[15].
Le responsabilità
Il Giudice di seconde cure, accoglie (in riforma del primo giudice) le richieste ristorando il danno da responsabilità precontrattuale (nel senso di imporre all’Amministrazione la quantificazione dello stesso) e condannando il Comune alle spese di lite.
Dall’analisi della sentenza si ricavano le seguenti considerazioni:
- una condotta diligente dell’Amministrazione impone una corretta classificazione delle strade e l’aggiornamento costante della cartografia;
- in sede istruttoria si appalesa un’oggettiva trascuratezza nel valutare esclusivamente la documentazione del richiedente (analisi del progetto) senza una puntuale verifica della natura dell’area (alias destinazione);
- la quantificazione del danno (rimessa all’Amministrazione) non può non tenere conto delle componenti relative ai costi di costruzione e di demolizione (e per la rimessione in pristino, c.d. interesse negativo), sulla base della documentazione probatoria delle spese sostenute, con esclusione di quelle avvenute dai ricorrenti una volta venuti a conoscenza dell’esistenza del vincolo autostradale gravante sull’area occupata dal manufatto assentito (nel momento della richiesta di sanatoria, ai sensi del comma 2, dell’art. 1227, Concorso del fatto colposo del creditore, del cod. civ.), da ricomprendere anche quanto speso per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.
In effetti, siamo in presenza:
- da una parte, di «un’obiettiva negligenza degli uffici», nel non avvedersi del vincolo autostradale gravante sull’area degli appellanti, atteso che il Comune non poteva ignorare l’esistenza del vincolo, soprattutto ove si consideri l’attività operata sulla classificazione del tratto autostradale (correzione degli elaborati di piano), da cui si deduce il grave difetto di istruttoria sulla base del quale è stato rilasciato il permesso di costruire, circostanza, questa, che, tenuto conto dell’inescusabilità dell’errore commesso, integra l’elemento psicologico della colpa[16];
- dall’altra parte, tra i documenti presenti nell’istanza dei privati l’asseverazione del progettista dell’assenza di vincoli impeditivi all’edificazione, circostanza fattuale che determina il rilevato concorso di responsabilità nel provocare l’errore che ha portato al rilascio del titolo edilizio, operando di conseguenza il comma 1, dell’art. 1227, del cod. civ.;
- si ricava, ammette il Giudice, alla luce dell’art. 30, comma 3, c.p.a., la condotta della parte privata e quella del Comune abbiano avuto la medesima incidenza causale nel determinare il rilascio del titolo edilizio illegittimo successivamente annullato (il danno patito dai privati dovrà essere ridotto della metà).
A margine si rileva, a livello astratto, che il rilascio di un titolo edilizio poi ritirato può dare avvio – in caso di risarcimento danni (patiti dalla PA, da comprendere le spese processuali) – ad un’azione erariale (di regresso), nel caso venga accertata la negligenza da parte del soggetto tenuto all’istruttoria.
La verifica dell’esistenza di vincoli avrebbe impedito l’intervento assentito, dimostrando un nesso di causalità tra condotta e danno ove accertata la negligenza omissiva (colpa grave per la violazione di specifici obblighi di servizio), come pure il rilascio di una certificazione di destinazione urbanistica che omettesse di riportare la corretta destinazione delle aree[17], ovvero, la realizzazione di un’opera pubblica su un’area inidonea, ove si consideri che tra i documenti necessari si richiede la dichiarazione di assenza di vincoli e, prima dell’approvazione del progetto/gara, si esige l’accertamento dell’assenza di vincoli, nonché la connessa verifica/validazione del progetto da parte del RUP (ex art. 42, Verifica della progettazione, del d.lgs. n. 36/2023): tutti aspetti che richiedono una ordinaria diligenza (quella istruttoria).
[1] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6741.
[2] L’art. 7, n. 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, sostituito dalla legge 19 novembre 1968 n. 1187 (il quale include tra i contenuti essenziali del piano regolatore generale, «i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico») legittima l’autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, ad imporre nuove e ulteriori limitazioni, Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2013, n. 2265.
[3] Cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 22 dicembre 2023, n. 3034.
[4] TAR Campania, Napoli, sez. III, 12 settembre 2016, n. 4237.
[5] È legittimo il diniego di sanatoria laddove le opere oggetto di condono siano state realizzate in violazione della fascia di rispetto prescritta dall’art. 4 del DM 1° aprile 1968 e dagli artt. 26 e 28 del DPR n. 495/1992, avente carattere precettivo di vincolo assoluto, TAR Campania, Salerno, sez. II, 29 settembre 2020, n. 1222.
[6] Detto vincolo di inedificabilità assoluta non ha natura espropriativa, né è preordinato all’espropriazione, in base a quanto previsto dagli art. 32, comma 1, e 37, comma 4, del DPR n. 327/2001, Cass. civ., sez. I, Ord. 31 dicembre 2020, n. 29983.
[7] Nel senso che esso grava sugli immobili, limitando o escludendo l’esercizio di talune facoltà di godimento connesse al diritto di proprietà, in modo pieno e inderogabile per il solo fatto della ubicazione dell’immobile al confine con la strada, e senza che occorra accertare in concreto il pregiudizio o il pericolo che l’opera realizzanda o abusivamente realizzata possa (o meno) arrecare alla circolazione stradale, Cons. Stato, sez. II, 25 maggio 2020, n. 3320 e 12 febbraio 2020, n. 1110; sez. IV, 13 giugno 2017, n. 2878; sez. V, 23 giugno 2014, n. 3147.
[8] Vedi, gli artt. 16, 17, 18, 26, 27 e 28 del DPR 16 dicembre 1992, n. 495, Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada.
[9] Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre 2021, n. 7975; ne discende che le distanze previste vanno osservate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (Cass. civ., n. 6118/1995) o che costituiscano mere sopraelevazioni (Cass. civ., n. 193/1987) o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti, TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 17 giugno 2019, n. 536.
[10] Cons. Stato, sez. II, 11 maggio 2020, n. 2949.
[11] Cfr. TAR Liguria, sez. II, 24 novembre 2022, n. 1005 e Cons. Stato, sez. II, 7 novembre 2022, n. 9709.
[12] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2602 e 20 ottobre 2000, n. 5620; sez. II, 5 ottobre 2020, n. 5865.
[13] TAR Liguria, sez. II, 3 gennaio 2024, n. 2.
[14] Occorre rammentare che l’inosservanza del dovere di diligenza del professionista nell’esecuzione della prestazione, di cui è stato incaricato, comporta l’obbligo del risarcimento del danno cagionato al cliente mandante per responsabilità contrattuale, anche per colpa lieve, Cass. civ., sez. III, Ord., 11 dicembre 2023, n. 34454.
[15] TAR Toscana, sez. III, 12 dicembre 2023, n. 1154, idem Cons. Stato, sez. IV, 18 aprile 2012, n. 2275.
[16] Cons. Stato, sez. VI, 8 settembre 2020, n. 5409; sez. IV, 4 febbraio 2020, n. 909.
[17] Cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 24 aprile 2012, n. 687.