La sentenza 12 agosto 2024, n. 651, della sez. giur. del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, interviene per delineare l’onere motivazionale nell’individuazione di un’opera pubblica, e dell’eventuale sindacato del giudice amministrativo, che non può sostituirsi nel merito (la c.d. discrezionalità) alla PA, salvo in presenza di decisioni fuori logica.
È noto che l’eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo, sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera riservata al potere discrezionale della PA, consiste in una decisione che si spinga a prefigurare il possibile esito di una valutazione riservata all’Amministrazione, individuando un’unica corretta modalità di esercizio della discrezionalità propria di questa.
Questa modalità di agire del GA estenderebbe, in concreto, la propria giurisdizione direttamente nella sfera della c.d. riserva di amministrazione (più correttamente discrezionalità), invadendone l’ambito mediante una pronuncia strumentale alla valutazione dell’opportunità e/o della convenienza di un atto, aspetto sottratto all’organo giudicante[1].
Fatto
Siamo in presenza dell’approvazione di un progetto di messa in sicurezza di una strada (per la creazione di una via di fuga), con conseguente variante dello strumento urbanistico, da cui la dichiarazione di pubblica utilità, con apposizione del vincolo espropriativo e approvazione del piano particellare d’esproprio: momento dal quale nasce l’interesse dominicale di chi subisce una lesione suscettibile di tutela giurisdizionale.
Il ricorrente, riferisce, che i beni oggetto di futura espropriazione furono oggetto di trattativa (con la parte privata imprenditoriale), non culminata nella loro alienazione in ragione di divergenze sull’importo del corrispettivo.
Si evidenzia che la variante urbanistica per la realizzazione del tratto di strada sia priva dell’interesse pubblico necessario ma a beneficio solo di un privato imprenditore (parte controinteressata).
Merito
L’appello viene considerato fondato, con condanna alle spese.
Il merito si incentra sul vizio di eccesso di potere per sviamento e straripamento, dove la motivazione non regge rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico prevalente, pur in presenza, specie in materia di pianificazione urbanistica, di un’ampia discrezionalità, di talché sono sindacabili soltanto in caso di errori di fatto o abnormi illogicità.
I fatti emersi negli atti del giudizio non giustificano l’intervento:
- visto che le precarie condizioni della strada e l’intenso traffico veicolare risultavano presenti e ben noti da anni;
- la trattativa intercorsa con la parte privata per la cessione dei terreni può «essere inquadrata all’interno delle attività prodromiche alla realizzazione del progetto di messa in sicurezza» della strada, specie ove si consideri che lo stesso Comune invitava l’imprenditore ad «avviare contatti con le ditte proprietarie dei fondi interessati» all’opera pubblica ed, ove possibile, con «accordi bonari finalizzati alla cessione delle aree»;
- non vi è stato accordo di vendita (tra privati, parte ricorrente e controinteressata) sulle particelle oggetto successivo di esproprio;
- il progetto dell’opera pubblica veniva finanziato dall’operatore economico privato, in considerazione del prevalente utilizzo per l’attività dello stesso (circostanze riportate nei verbali degli atti deliberativi, in sede di discussione);
- in un Tavolo tecnico, si esponeva chiaramente (a voce del Sindaco) come il tratto di strada fosse strategico «anche come collegamento di un ambito produttivo di tutto rilievo, tra cui si annovera» l’attività imprenditoriale della parte controinteressata (venivano riportate ulteriori giustificazioni di pari tenore).
Dal quadro fattuale, dalla sequenza cronologica degli accadimenti, dalla mancanza di un onere probatorio (le regioni pubbliche) sulla insicurezza del tratto stradale, il giudice di seconde cure evince che, sebbene l’opera proposta fosse formalmente di interesse dell’Amministrazione, l’interesse sostanziale e prevalente non poteva che imputarsi alla parte privata, al fine di assicurare un accesso facilitato alla propria attività industriale: un interesse esclusivo, o comunque prevalente, della società (d’altronde, si annota, viene provato nella sua interezza nella copertura delle spesa senza alcun onere economico a carico della PA).
Eccesso di potere
Donde, gli atti impugnati risultano affetti dal vizio di eccesso di potere, nelle figure sintomatiche di sviamento dalla causa tipica del potere nella specie concretamente esercitato (gli indici sono molteplici, l’intero iter procedimentale, nelle sue varie fasi e sin dall’avvio, nonché sotto il profilo delle soluzioni viarie, è stato svolto con l’apporto propulsivo e determinante della parte privata), essendo la scelta assunta dall’Amministrazione chiaramente finalizzata al prioritario soddisfacimento dell’interesse imprenditoriale privato, non essendo sufficiente il coincidente interesse pubblico e quello dell’azienda privata.
L’accertamento degli indici, affidato al GA per ogni ipotesi di sviamento dalla causa attributiva del potere, sono nei termini così riassunti:
- l’adozione dell’ablazione in concomitanza del fallimento delle trattative per l’acquisto bonario delle aree tra la proprietaria privata e la parte appellata;
- la totale gestione della realizzazione dell’opera a cura della società privata;
- tutte le altre specifiche peculiarità fattuali emerse negli atti con l’evidente e prevalente interesse del privato, più che alla collettività comunale, con un illegittimo trasferimento del potere ablativo in mani private.
Si comprende che non è stato sindacato il merito di scelte opinabili ma sono state verificate nel concreto le azioni poste in essere dall’Amministrazione nel corso del procedimento.
È stato accertato che tali scelte non perseguivano effettivamente l’interesse pubblico dichiarato, e, in funzione del quale, il potere viene attribuito: la scelta non è stata assistita da tale interesse primario (ex art. 97 Cost.), prevalendo il contrapposto e sostanziale interesse del privato, in un evidente eccesso di potere non sostenuto da credibilità razionale o da valide leggi scientifiche, non correttamente applicate al caso di specie[2].
La localizzazione dell’opera pubblica
Nella sentenza viene fornita una cornice giurisprudenziale sull’esercizio del potere pubblico e sugli indici sintomatici dello sviamento (tipico vizio delle scelte discrezionali delle Pubbliche Amministrazioni):
- in materia espropriativa, il merito della scelta relativa alla localizzazione di un’opera pubblica viene sottratto al sindacato del giudice amministrativo, con le eccezioni della illogicità, del travisamento e della contraddittorietà, anche se l’Amministrazione è tenuta a dare conto, nella relativa determinazione, dell’avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti, e, segnatamente, di quelli sacrificati, e, sotto il profilo dell’adeguato apprezzamento delle posizioni interessate dall’ubicazione dell’opera, le delibere che ne approvano il progetto risultano sicuramente sindacabili[3];
- l’Amministrazione non è tenuta a fornire al riguardo le specifiche ragioni della scelta di un luogo piuttosto che di un altro, rimanendo inibita al sindacato giurisdizionale sull’eccesso di potere ogni possibilità di sovrapporre una nuova graduazione di interessi in conflitto alla valutazione che di essi sia stata già compiuta dall’organo competente, in quanto profilo attinente al merito dell’azione amministrativa[4], osservando che il mero rilievo dell’assenza, nel provvedimento di localizzazione di un’opera pubblica, dell’attestazione di soluzioni alternative, non integra ex se gli estremi di carenza motivazionale[5];
- il sindacato giurisdizionale su di un atto impositivo di vincolo preordinato all’esproprio, come quello su di un atto di pianificazione urbanistica[6], incontra necessariamente precisi limiti al fine di non impingere nel merito delle scelte discrezionali adottate dall’Amministrazione, salvo nei casi di illogicità, irrazionalità ovvero travisamenti, nonché di altri indici sintomatici della sussistenza del vizio di eccesso di potere[7].
Sviamento di potere
Da questi orientamenti, il GA elenca la condotta che porta al vizio di eccesso di potere per sviamento:
- il pubblico potere venga ad essere esercitato per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso, ovvero quando l’atto posto in essere sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico: la censura deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non bastando allegazioni che non raggiungono neppure il livello di supposizione od indizio[8];
- costituisce una effettiva e comprovata divergenza fra l’atto e la sua funzione tipica, ovvero nell’esercizio del potere per finalità diverse da quelle enunciate dal legislatore con la norma attributiva dello stesso, in particolare quando l’atto sia stato determinato da un interesse diverso da quello pubblico, nella specie il prevalente interesse della parte privata;
- la censura deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dare conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’organo amministrativo[9];
- il ricorrente che contesti in sede giurisdizionale il vizio di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, può senz’altro usare il ragionamento presuntivo (artt. 2727 e 2729 c.c.), ma la censura deve radicarsi su una rigorosa analisi degli elementi sintomatici di tale sviamento e non può fondarsi su sospetti, generalizzazioni, tautologie o inversioni probatorie[10].
L’autotutela
Sotto queste linee interpretative, si potrebbe e può affermare che il travisamento dei fatti, ovvero un’errata rappresentazione degli stessi, non rende intempestivo l’atto di autotutela, per ripristinare la natura dell’interesse pubblico sotteso ad un intervento che se basato su presupposti sbagliati comporta l’esercizio dell’autotutela doverosa.
In questo caso, l’onere motivazionale, gravante sull’Amministrazione pubblica, risulterà dalla corretta rappresentazione dei fatti nella loro interezza, dimostrando, in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati, la loro non corretta individuazione, soddisfando il contenuto dispositivo attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate: venendo meno l’interesse pubblico, viene meno l’uso legittimo del potere, anzi le ragioni dell’interesse pubblico attuale depongano nel senso dell’esercizio di un dovuto ius poenitendi.
L’esercizio del potere di autotutela è espressione di una rilevante discrezionalità che non esime l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l’ambito di motivazione esigibile è integrato dall’allegazione del vizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di realizzazione delle opere pubbliche, che rientrano in un ambito ben più esteso di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dell’eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l’Amministrazione[11].
Una motivazione logica
La sentenza, nella sua intensa chiarezza espositiva, intima una riflessione sull’esercizio del potere discrezionale, il quale deve essere neutrale nel determinare la scelta (ex comma 2 dell’art. 54 Cost.), ponderare le soluzioni sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche, ed anche se gli interventi sono tutti finanziati dai privati, questo beneficio non può contrapporsi ad un pregiudizio di altri, sostituendosi alla libertà di iniziativa economica (ex art. 41 Cost.) favorendo una parte.
La realizzazione di un’opera pubblica, o l’aver rinunciato alla sua realizzazione con l’allocazione delle risorse a favore di altra opera pubblica, esige che si evincano in modo trasparente le motivazioni della scelta, nei termini descritti, allontanando ogni sospetto di favoritismo o privilegio, dove alcuni sono più uguali di altri.
Un onere probatorio e redazionale in vista del soddisfacimento di primari interessi della collettività e di integrità, non potendo sostituire/sovrapporsi le ragioni del privato, seppure meritevoli, con l’interesse generale, con azioni o comportamenti del tutto arbitrari o assolutamente irragionevoli, pena lo sviamento del potere, assecondando l’interesse del privato: un confine a volte non distinguibile, ed è proprio per questo che l’istruttoria dovrà rendere conto del merito politico, giustificazioni non solo tecniche ma la dimostrazione concreta dell’interesse generale perseguito, base giuridica del corretto esercizio del potere, insindacabile nel merito.
Va precisato, in questo percorso virtuoso, che l’individuazione dell’opera esige sempre un “confronto pubblico”, da intendersi come la dovuta valutazione dell’apporto dei privati (c.d. accesso partecipativo), sia nella fase di inserimento dell’opera negli atti di programmazione che di approvazione dei progetti (apposizione del vincolo espropriativo), non potendo l’Amministrazione esimersi dal valutare le osservazioni pervenute, anche se di opposta allocazione dell’intervento, ovvero secondo le quali la medesima opera pubblica è comunque realizzabile con una soluzione tecnico-localizzativa meno impattante per i beni del privato, interessato dalla procedura ablatoria[12].
La scelta dovrà ponderare gli interessi pubblici e quelli privati, se coerenti con la fattibilità dell’intervento, senza far gravare di inutili pesi la proprietà dei terzi, rilevando che una decisione che, pur perseguendo un interesse pubblico, non contempli l’apporto migliorativo del privato, oppure fosse orientata a soddisfare solo l’interesse di questi, risulterebbe illegittima per eccesso di potere per travisamento dei fatti, irragionevolezza e illogicità: la sentenza di questo ha dato conto.
[1] Cass. civ., SS.UU., ordinanza 13 agosto 2024, n. 2277, dove in generale, si evidenzia che il vizio sussiste quando con la sua decisione il GA compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza di un atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà del giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità.
[2] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2023, n. 6451; sez. III, 11 dicembre 2020, n. 7097.
[3] Cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 3 novembre 2023, n. 816; Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2094; 5 giugno 2013, n. 3112; 11 novembre 2014, n. 5520; 7 novembre 2014, n. 5484; 12 giugno 2009, n. 3733.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 2012, n. 5492.
[5] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2006, n. 2246.
[6] Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’Amministrazione esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, Cons. Stato, sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1761.
[7] Cfr. Cons. Stato, sez. VII, 15 novembre 2023, n. 9825 e sez. IV, 31 dicembre 2009, n. 9301.
[8] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 maggio 2022, n. 3480.
[9] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2023, n. 4597; sez. VII, 28 marzo 2022, n. 2245 e n. 2257; 30 giugno 2021, n. 4977.
[10] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 aprile 2015, n. 1828.
[11] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 2018, n. 5277.
[12] TAR Puglia, Bari, sez. III, 6 settembre 2024, n. 967.