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Articolo Pubblicato il 13 Febbraio, 2025

Accesso del consigliere comunale ai pareri legali

Accesso del consigliere comunale ai pareri legali

L’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) manifesta un diritto di accesso “espanso” del consigliere comunale, non nella forma dell’accesso documentale (ex artt. 22 ss. della legge n. 241/1990), quanto in un diritto attinente allo status di “ottenere” (diritto pieno e autonomo) dall’Amministrazione di appartenenza e sue partecipate («aziende ed enti dipendenti») tutte (nessuna esclusa) «le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge» (quando una fonte primaria ne imponga la non divulgazione).

Tutto ciò che è “utile” è accessibile.

Ratio del diritto

La ratio della norma (l’intento voluto) fonda (questa “specie” di diritto) nel principio democratico correlato al riconoscimento delle Autonomie Locali (cfr. art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi: un diritto funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell’attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell’ente: una ragionevole proporzione e un equilibrio tra gli opposti e meritevoli interessi coinvolti dall’accesso a documenti amministrativi[1].

In termini immediati, il riferimento normativo alla “utilità” della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l’attività espletata (o da espletare) nell’esercizio dell’attività di componente del Consiglio comunale, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo (ergo l’estensione spaziale e qualitativa del suo contenuto).

Se dunque il diritto è correlato ad un interesse conoscitivo (diligente) finalizzato ad un esercizio della funzione pubblica e della votazione (in aula) in modo consapevole, non può frapporsi alcun onere motivazionale della richiesta, diversamente ci troveremo di fronte ad inversione funzionale, una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato politico, eludendo il diritto e inibendo le prerogative.

Gli unici limiti insiti nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, si riscontrano in quelle regole di ragionevolezza e proporzionalità, ambiti connessi all’art. 97 Cost., che depongono per un esercizio del diritto non in contrapposizione ai principi di “buona amministrazione”, quando il consigliere comunale, errando nel ruolo, formula pretese (non semplici richieste) che ostacolano la funzionalità (stabilità organizzativa) dell’Ente.

A volo d’uccello, l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici (anche evitando insistenti comportamenti intimidatori o predatori) e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo, invocando (a volte) ragioni indimostrabili di riservatezza[2].

La dialettica tra il diritto/dovere del consigliere di conoscere gli atti in possesso dell’Amministrazione, nell’ambito dell’esercizio del suo fondamentale ruolo di controllo politico dell’attività della PA in un contesto di democrazia partecipata e partecipativa, e la riservatezza che la legge impone di osservare rispetto a documentazione in relazione alla quale entrano in gioco interessi contrapposti si risolve in favore della seconda in tutti quei casi in cui il sindacato (cui rimanda la richiesta di accesso) non sia relativo ad atti dell’ente di appartenenza dell’istante, laddove, in ogni caso, le disposizioni primarie e secondarie consentono di negare l’accesso per la tutela di contrapposti (e superiori) interessi dell’Amministrazione e di soggetti terzi[3].

Invero, nell’esperienza dei Tribunali, osserviamo condotte da entrambe le parti – consiglieri (di minoranza) e ente (rectius maggioranza) – contrapposte, quasi una “gara” (non una disputa) nel simulare esigenze istituzionali indilazionabili, con richieste che impegnano inutilmente la struttura a raccogliere dati e informazioni del tutto esorbitanti (prive di contesto, la citata “utilità”), oppure l’inserimento (indebito) di ostacoli all’esercizio della funzione, su improbabili ragioni di riservatezza: uno spettacolo da teatro elisabettiano (The Comedy of Errors).

Pareri legali

In generale la materia dell’accesso ai “pareri legali”, forniti alla PA, porta a due distinte e contrapposte soluzioni:

  • ACCOGLIMENTO: in presenza di una consulenza legale esterna, inserita nell’ambito di un’apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è destinato a sfociare in una determinazione finale, rendendo il “parere legale”, pur traendo origine da un rapporto privatistico normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, soggetto all’accesso perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo[4].

Il parere legale va osteso quando ha una funzione endoprocedimentale ed è correlato ad un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento ad esso collegato, anche solo in termini sostanziali e, quindi, pur in assenza di un richiamo formale ad esso[5].

  • DINIEGO: quando il parere pervenga dopo l’avvio di un procedimento contenzioso, o dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose, con l’obiettivo di stabilire la strategia difensiva dell’Amministrazione, assumendo – in questo caso – il “parere” natura di “atto defensionale”, connesso – non ad un procedimento – ma ad una controversia giudiziaria, arbitrale o meramente “amministrativa”, come tale sottratto all’accesso, in quanto coperto da “segreto professionale”, riconducibile al limite legale di cui all’art. 24, comma 1, lett. a), della legge n. 241/1990[6].

Il pronunciamento

La sez. II Lecce del TAR Puglia, con la sentenza 12 febbraio 2025, n. 209 (Est. Fusaro), ripercorre i confini del diritto di accesso del consigliere comunale, dove in assenza di preclusioni normative espresse o ragioni di segreto professionale (quello legale, con il bilanciamento tra l’obbligo del segreto e quello funzionale al suo esercizio, quello del mandato elettivo), ovvero strategie difensive, l’Amministrazione non può escludere l’accesso.

Nella sua essenzialità, un consigliere comunale impugna un diniego di accesso ad un parere legale in favore dell’Amministrazione comunale («parere a conforto della correttezza delle azioni poste in essere dall’Ente con riferimento alla sottoscrizione… dell’atto di transazione giudiziale in materia di TARI…, anche al fine di tutelare l’Ente da condotte che possano arrecare un danno all’attività amministrativa o che ne possano pregiudicare l’immagine»), riferito ad un atto di transazione stragiudiziale tra Comune e una Società (dagli atti, si comprende che il “tema” si riferiva ad avvisi di accertamento TARI, con ricorsi innanzi alla Commissione Tributaria, con esiti favorevole per la PA)[7]: transazione sottoscritta al di fuori di un contenzioso legale (in effetti, il contratto di transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, prevengono una lite che può sorgere tra loro, ex art. 1965 cod. civ.)[8].

Secondo consolidata giurisprudenza, oggetto dell’accordo non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o possa dar luogo e che le parti stesse intendono definitivamente risolvere mediante reciproche concessioni[9].

Il consigliere comunale, prima adire al GA, si era rivolto alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (CADA), istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, allo scopo di ottenere dal Comune il riesame del medesimo provvedimento negativo; Commissione che accoglieva il ricorso, invitando l’Amministrazione a riesaminare l’istanza di accesso: Amministrazione confermava con un nuovo diniego di accesso, donde il ricorso.

Ammissibilità del ricorso

Da principio, il Tribunale precisa (piena ammissibilità del ricorso) che nel procedimento avviato dall’istanza di accesso ai documenti, l’Amministrazione individua un controinteressato, a quel soggetto dovrà essere notificato l’eventuale ricorso proposto dall’istante avverso il rifiuto all’accesso adottato dall’Amministrazione (ovvero avverso il silenzio); per converso, nel caso in cui l’Amministrazione non abbia in sede procedimentale individuato alcun controinteressato, l’istante non sarà onerato a notificare il ricorso, a pena di sua inammissibilità, ad alcun controinteressato[10]: la stessa Amministrazione interpellata, in sede procedimentale, non riscontrava la presenza di soggetti potenzialmente pregiudicati dall’eventuale accoglimento dell’istanza di accesso formulata dalla parte (posizione riscontrata dal TAR)[11], secondo quanto invece previsto dall’art. 3 del D.P.R. n. 184/2006[12].

Accesso ai pareri legali

Nel merito, viene fatta una prima premessa osservando che un discrimen generale in punto di accessibilità o meno di tale tipologia di atti in ragione della natura e della funzione del parere del quale viene chiesta l’ostensione, alla luce della disciplina posta dall’art. 24, comma 1, lett. a), della legge n. 241/1990 (che esclude il diritto di accesso «per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo»), nonché dall’art. 2 del DPCM n. 200/1996 (che, nell’ambito dei documenti formati dall’Avvocatura di Stato, esclude l’accesso, tra l’altro, nei riguardi di «pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto» ovvero di «atti defensionali»)[13].

Si sottolinea, successivamente, che il diniego all’accesso di un parere legale può essere giustificato quando vengano pregiudicate o meno le strategie difensive – attuali o potenziali – perseguibili dall’Amministrazione:

  • deve essere negato qualora il parere venga espresso al fine di definire una strategia una volta insorto un determinato contenzioso, ovvero una volta iniziate situazioni potenzialmente idonee a sfociare in un giudizio;
  • deve (invece) essere assicurato (concesso l’accesso) allorché abbiano una funzione endoprocedimentale e siano correlati ad un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento ad essi collegato anche solo in termini sostanziali[14].

In breve, l’accesso ai pareri legali è consentito se riguardano di atti che si trovano nella disponibilità dell’ente e che non sono riconducibili ad alcuno dei casi di sottrazione al diritto di accesso, trattandosi di pareri aventi una funzione endoprocedimentale, come tale correlati ad un procedimento amministrativo e, quindi, non sottratto all’applicazione delle regole in materia di accesso agli atti, a differenza dei pareri espressi al fine di definire una strategia una volta insorto un determinato contenzioso, ovvero una volta iniziate situazioni potenzialmente idonee a sfociare in un giudizio[15].

In termini diversi, quando i pareri vengono citati all’interno di un procedimento e sono parte dell’onere motivazionale, l’accesso è consentito; diversamente in presenza di un contenzioso il parere rientra nella strategia difensiva, il suo disvelamento comprometterebbe il diritto di difesa.

Concettualmente, volendo sgombrare ogni stress interpretativo, sono accessibili i pareri legali, che, anche per effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, rappresentano un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso e, una volta acquisiti dall’Amministrazione, vengono ad innestarsi nell’iter procedimentale (citati espressamente o riportati per estratto nell’atto), assumendo la configurazione di atti endoprocedimentali e perciò costituiscono uno degli elementi che condizionano la scelta dell’Amministrazione[16], mentre se costituiscono una soluzione o indicazione sulla condotta da mantenere in una controversia potenziale o attuale insorta contro l’Amministrazione, il parere non è accessibile, deve rimanere riservato, coperto espressamente da segreto[17].

Accesso del consigliere comunale ai pareri legali

Da queste premesse interpretative, con riferimento alle richieste del consigliere comunale (allineamento con i precedenti arresti giurisprudenziali) si dispone:

  • l’accesso riconosciuto al consigliere comunale gode di un’estensione maggiore rispetto a quello disciplinato dalla legge n. 241/1990[18];
  • l’accesso del consigliere comunale si presenta diverso rispetto all’accesso documentale (ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso), dovendo considerare il diritto non comprimibile se funzionale all’esercizio della funzione pubblica;
  • l’estensione si giustifica per consentire al consigliere comunale una piena cognizione sulle vicende (il riferimento è all’“utile”) dell’Amministrazione, in base ai principi espressi nel primo comma dell’art. 1 della legge n. 241/1990, e, di conseguenza un voto consapevole e un’azione efficiente ed efficace;
  • nel consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, in quanto, diversamente volendo, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle sue funzioni[19];
  • nel bilanciamento dei contrapposti interessi, risulta prevalente l’accesso al parere legale da parte del consigliere comunale, mancando nel concreto tutte quelle condizioni preclusive di prudenza riferite alla prevenzione del contenzioso o di una strategia processuale;
  • nello specifico, da una parte, il parere, pur non immediatamente riferito a un procedimento amministrativo, non risulta tuttavia neppure da correlare ad alcuna lite, attuale o potenziale, interessante il Comune, dall’altra parte, non siamo in presenza di valutazione di strategie processuali, quanto piuttosto di valutazione ex post di condotte già perfezionate ed esaurite: manca un rischio contenzioso, e di contro un interesse qualificato del consigliere comunale a comprendere la bontà della transazione e, quindi, di sindacare (controllare) la gestione amministrativa, ossia un sindacato ispettivo (controllo), funzionale proprio alla peculiare disciplina di accesso riconosciuta dall’art. 43, comma 2, del TUEL.

Prospettive

La vicenda dimostra l’illegittimità (reiterata) del diniego all’acquisizione di un parere legale (ex post richiesto) per verificare la correttezza o meno di una avvenuta transazione, su un tema alquanto controverso: transare un diritto indisponibile.

Volendo assuefarsi ai canoni minimi di prudenza, sarebbe stato più corretto e opportuno – prima della transazione – aver acquisito il parere; parere accessibile dal consigliere comunale in quanto sarebbe entrato nel processo decisionale per definire (sottoscrivere) “legittima” la transazione.

Il consigliere comunale si è limitato a condurre il proprio dovere con perizia e impegno: controllare l’operato dell’Amministrazione in quanto l’atto firmato incide sulle prerogative di competenza del Consiglio comunale, la verifica degli equilibri di bilancio, il rischio di soccombenza, la perdita del gettito tributario (solo per segnalare alcuni validi profili).

Questioni da sottoporre a valutazione “utili” al voto, quella che dovremo chiamare “esercizio della funzione”: what else?

[1] Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2020, n. 3345.

[2] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2023, n. 3157.

[3] Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2025, n. 171.

[4] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2018, n. 2890; TAR Emilia Romagna, sez. I, 10 febbraio 2018, n. 44.

[5] TAR Campania, Napoli, sez. VI, 19 aprile 2021, n. 2482.

[6] TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 25 novembre 2014, n. 1991.

[7] Vedi, LUCCA, L’indisponibilità (alla transazione) dell’obbligazione tributaria salvo il ricorso agli strumenti deflattivi previsti dalla legge, lentepubblica.it, 3 giugno 2021, ove si richiama il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria che risulta derogabile, nel nostro ordinamento, soltanto in forza di disposizioni di legge eccezionali (come tali da interpretarsi restrittivamente) che, nel rispetto del principio di legalità e operando un bilanciamento fra esigenze contrastanti, sacrificano gli interessi tutelati dagli articoli 53 e 97 della Costituzione, in favore di altri interessi, costituzionalmente garantiti, di rango pari o superiore. Cfr. Corte conti, sez., contr. Lombardia, 24 dicembre 2024, n. 256, ove si rammenta che lo Stato e gli altri enti pubblici che operano quali enti impositori non hanno facoltà di rinunciare a tributi o di accordare ai singoli esenzioni o agevolazioni non previste dalla legge.

[8] Costituisce transazione solo quell’accordo che cade su un rapporto che, oltre a presentare, almeno nell’opinione delle parti, carattere di incertezza, è contrassegnato dalla reciprocità delle concessioni, Cass. civ., 6 maggio 2003, n. 6861. Il difetto delle reciproche concessioni comporta la nullità della transazione per mancanza di causa, ovvero si è in presenza di un distinto negozio, cfr. ALPA – GAROGOLI, Manuale di diritto civile, Roma, 2012, pag. 1719. La decisione di stipulare un accordo transattivo rientra fra gli ordinari poteri discrezionali afferenti alla gestione, per i quali è garantita l’insindacabilità delle scelte di merito compiute dai soggetti deputati della Pubblica Amministrazione, ai sensi dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, Corte conti, sez. contr. Campania, 25 maggio 2022, n. 31. Tuttavia, il limite dell’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, non vieta alla Corte dei conti di valutare che l’attività amministrativa si sia svolta in violazione dei fini pubblici assegnati all’Amministrazione dalla legge, nonché la congruenza, adeguatezza, razionalità e logicità dell’azione amministrativa, Cass., SS.UU., 29 gennaio 2001, n. 33; 6 maggio 2003, n. 6851; 29 settembre 2003, n. 14448; 22 dicembre 2003, n. 19661;  28 marzo 2006, n. 7024; 9 luglio 2008, n. 18757 e 18758; 13 ottobre 2009, n. 21660.

[9] Cfr., Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2015, n. 3598.

[10] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 30/2020; sez. III, sentenza n. 1118/2022.

[11] Neppure l’avvocato redattore del parere legale può vantare una potenziale lesione della riservatezza, afferendo – il parere – a valutazione circa la legittimità di una stipulazione negoziale intercorsa tra ulteriori soggetti, cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenze nn. 1118/2022 e 1065/2013; sez. IV, sentenza n. 5413/2017; sez. VI, sentenza n. 2863/2016.

[12] Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 4308/2014.

[13] I pareri dell’Avvocatura dello Stato, resi all’Amministrazione, ente o agenzia richiedente, ogniqualvolta siano espressi in riferimento a problematiche inerenti ad una questione suscettibile di esitare in un giudizio o comunque in un procedimento di tipo contenzioso, individuano una sfera di esercizio di funzioni di consulenza giuridico-legale propria e esclusiva dell’Avvocatura dello Stato, nel quadro di un rapporto che è connotato – non dissimilmente da quello tra cliente e professionista del libero foro – da pregnanti e assorbenti aspetti di riservatezza e segreto professionale; in quanto tali, questi pareri non sono suscettibili di accesso, Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2020, n. 1336.

[14] Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 2380/2022. Cfr. TAR Valle d’Aosta, Aosta, sez. Unica, sentenza n. 10/2021, ove si conferma la legittimità del diniego ai pareri legali resi in favore dell’Amministrazione, quando vi è stato l’avvio del procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo), oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose, laddove il parere legale, reso dal professionista individuato dall’Amministrazione a tal fine, non è destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico-giuridici utili per tutelare i propri interessi.

[15] TAR Sardegna, sez. I, 4 febbraio 2025, n. 71; Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1761; sez. VI, 13 ottobre 2003, n. 6200. Si deve riconoscere il diritto all’ostensione del parere legale in accoglimento dell’istanza d’accesso agli atti della PA quando tale parere abbia una funzione endoprocedimentale e sia, quindi, correlato ad un procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento ad esso collegato anche solo in termini sostanziali e pur in assenza di un richiamo formale ad esso. Al contrario va negato l’accesso quando il parere viene espresso al fine di definire una strategia una volta insorto un determinato contenzioso, ovvero una volta iniziate situazioni potenzialmente idonee a sfociare in un giudizio, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 1761/2016; idem TAR Sicilia, Palermo, sez. I, sentenza n. 1045/2024.

[16] TAR Lazio, Roma, sez. IV quater, 10 dicembre 2024, n. 22271, idemTAR Veneto, sez. II, 14 settembre 2021, n. 1092.

[17] Nell’ambito degli atti sottratti all’accesso rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’Amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli artt. 622 cp e 200 cpp, TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 29 maggio 2014, n. 137; idem TAR Lazio, Roma, sez. IV bis, 17 ottobre 2022, n. 13262;TAR Puglia, Bari, sez. I, 12 luglio 2022, n. 1012; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 15 dicembre 2020, n. 2050.

[18] Cfr., Cons. Stato, sez. V, sentenze nn. 8688/2022 e 5032/2020.

[19] Cfr. Cons. Stato, sez. V, sentenza nn. 5750/2024 e 2189/2023.