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Articolo Pubblicato il 17 Febbraio, 2025

Legittimazione del consigliere cittadino

Legittimazione del consigliere cittadino

In generale, i consiglieri comunali, in quanto tali, non sono legittimati ad agire contro l’Amministrazione di appartenenza, atteso che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi dello stesso Ente, ma al contrario è diretto a risolvere controversie intersoggettive[1].

È noto, dunque, che la legittimazione dei consiglieri comunali dissenzienti ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso Ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui essa rimane circoscritta alle sole ipotesi di lesione della loro sfera giuridica[2].

Nel giudizio amministrativo i singoli consiglieri possono impugnare gli atti dell’Amministrazione soltanto qualora vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere: una lesione dello ius ad officium, escludendo le violazioni di forma o di sostanza che di per sé possono produrre un atto illegittimo, impugnabile dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo.

Inevitabilmente, si può affermare che la legittimazione al ricorso può essere riconosciuta al consigliere comunale solo quando i vizi dedotti attengano:

  1. ad erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare;
  2. alla violazione dell’ordine del giorno;
  3. alla inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare;
  4. più in generale, laddove sia precluso in tutto o in parte l’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito[3].

La sez. II Catanzaro del TAR Calabria, con la sentenza 4 febbraio 2025, n. 229, interviene per dichiarare la mancanza di legittimazione dei consiglieri comunale ad impugnare gli atti (deliberazione di consiglio e giunta comunale) di concessione di beni comunali con i quali è stata data in locazione una porzione della biblioteca comunale per i servizi di Poste Italiane.

Il Tribunale si allinea che i precedenti arresti giurisprudenziali che escludono la legittimazione dei consiglieri comunali a impugnare in sede giurisdizionale un atto emesso da un organo dello stesso Ente al quale essi appartengono (Sindaco, Giunta comunale e Consiglio comunale), a eccezione dei casi in cui le censure proposte siano rivolte a contestare lesioni della propria sfera giuridica o della propria posizione all’interno dell’organo o dell’Ente medesimo, ovvero a contestare la modifica della composizione dell’organo e il relativo funzionamento, ma sempre in relazione a un interesse connesso alla propria sfera giuridica o alla propria posizione all’interno dell’organo o dell’Ente[4].

L’approdo porta a chiarire l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione a ricorrere (con condanna alle spese), mancando una lesione alle prerogative del consigliere comunale:

  • le doglianze sollevate non incidono direttamente sui diritti di partecipazione all’attività consiliare, ovvero all’esercizio della carica pubblica;
  • non vi sono nei provvedimenti adottati alcuna grave violazione o menomazione delle prerogative del consigliere comunale che possono astrattamente incidere in via immediata e diretta sullo ius in officium di cui lo stesso gode in funzione della carica rivestita, preclusiva alla formazione di una corretta valutazione della proposta di deliberazione e della manifestazione di voto in merito;
  • (si conferma) non ogni violazione di forma o di sostanza nell’adozione di una deliberazione si traduce in una automatica lesione dello status di consigliere comunale, ma solo quella che si sostanzia nella lesione del diritto-dovere della persona investita della carica di esercitare la propria funzione, tramite il proprio voto;
  • l’eventuale lesione dei diritti di esercizio della funzione può legittimamente creare un contrasto che non è suscettibile di risoluzione nella dialettica interna all’organo, atteso che proprio la lesione del munus impedisce l’attivazione dei meccanismi di responsabilità politica e rende necessario il ricorso all’Autorità giurisdizionale per ripristinare il libero esercizio dello ius ad officium;
  • una deliberazione collegiale, per essere impugnabile dal componente dell’organo, deve incidere direttamente la sua sfera giuridica, non potendosi ritenere che la relativa legittimazione si possa desumere dal fatto che vi è la sua opposizione a quanto deciso dalla maggioranza[5].

A rafforzare l’inammissibilità dell’azione la mancanza di ogni interesse qualificato rispetto ad un bene della vita che sostanzia l’assenza della legittimazione ad agire.

Infatti, la titolarità di tale interesse da una parte, non dipende dalla legittimità o meno del provvedimento, atteso che può sussistere un interesse legittimo quando il provvedimento che vi incide è illegittimo, così come quando è legittimo (l’interesse sarà perciò legittimamente sacrificato), dall’altra parte, può esistere un provvedimento illegittimo senza, però, che vi sia la titolarità di una situazione giuridica soggettiva differenziata.

Neppure può ritenersi legittimato ad impugnare gli atti basandosi su una situazione giuridica differenziata, ritenendo di agire quale espressione della carica di consigliere che di cittadino residente, rappresentante dei propri elettori (“collettività cittadina”), ed in quanto tale cassare (annullare) gli atti impugnati sulla base di potenziali danni scaturenti dall’operazione di affidamento dei beni, mancando «alcun utile per l’ente e la comunità amministrata»: il corretto o migliore funzionamento dell’Amministrazione, come pure il perseguimento della migliore decisione per l’interesse pubblico di una determinata collettività, non integrano interessi di per sé tutelabili nemmeno da parte del singolo cittadino – consigliere – ricorrente[6].

Invero, non sfugge che il giudizio amministrativo è caratterizzato da una giurisdizione soggettiva, sicché la parte che agisce deve vantare un interesse personale e distinto da quello della generalità dei consociati, come si desume, implicitamente ed a contrario, dalla eccezionalità dei casi di giurisdizione oggettiva (ex art. 130, comma 1, lett. a) e b) c.p.a.; ex art. 70 TUEL; d.l. n. 198/2009).

Dal quadro complessivo dell’esegesi, si comprende che il consigliere comunale può ricorrere quando la lesione colpisce la funzione esercitata (il mandato) ed è legittimato, semmai e al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento, ad impugnare le deliberazioni emanate dal Consiglio comunale quando esse ledano un suo interesse personale diretto: il consigliere non può impugnare le deliberazioni con le quali è semplicemente in disaccordo, perché ciò significherebbe trasporre e continuare nelle sedi di giustizia la competizione che lo ha visto in minoranza, gravando le sedi medesime di decisioni che competono all’organo collegiale elettivo[7].

Si conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale un ricorso di singoli consiglieri contro l’Amministrazione di appartenenza può ipotizzarsi soltanto se vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere: i singoli consiglieri comunali hanno un interesse legittimo proprio al rispetto delle regole di formazione della volontà collegiale dell’organo a cui appartengono[8].

[1] Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2014, n. 593.

[2] Cons. Stato, sez. V, 7 luglio 2014, n. 3446.

[3] TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 23 settembre 2024, n. 752; TAR Campania, Napoli, sez. I, 7 novembre 2018, n. 6473 e 5 giugno 2018, n. 3710.

[4] TAR Campania, Salerno, sez. I, 3 aprile 2024, n.1439; idem TAR Basilicata, Potenza, sez. I, 7 giugno 2024, n. 303 e 13 febbraio 2016, n. 104; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 24 aprile 2013, n. 1067; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 11 marzo 2010, n. 700.

[5] La lesione diretta ed immediata del diritto all’ufficio del consigliere comunale può fare sorgere, quindi, la legitimatio ad agendum, ovvero l’interesse personale al ricorso al fine del ripristino della situazione sostanziale lesa, attraverso la rimozione della situazione antigiuridica affidata all’organo giurisdizionale, Cons. Stato, sez. IV, 13 aprile 2021, n. 3034.

[6] L’interesse ad agire, ex art. 100 c.p.c. (per tutte vedi, Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9 del 2014), deve essere, oltre che “attuale” e “concreto”, “personale”, cioè deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente in quanto titolare di una posizione differenziata e qualificata e non dissolversi nel generico interesse alla legalità dell’azione amministrativa, TAR Campania, Napoli, sez. V, 9 settembre 2020, n. 3739.

[7] Cfr. C.G.A.R.S., decreto del 4 marzo 2022, n. 91; Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre, 2015, n. 5459.

[8] Cfr. TAR Lombardia, Milano, 25 gennaio 2019, n.à- 153.