La concorrenza esige l’assolvimento di obblighi di pubblicità, mettendo tutti i potenziali offerenti in condizioni di parità informativa, senza discriminazioni, scegliendo il contraente con una procedura aperta: con gara.
L’assegnazione della gestione degli spazi pubblicitari con l’evidenza pubblica è legittima, e può essere validamente inserita nel regolamento che disciplina la pubblicità.
In questi termini, il TAR Bari, sez. III, con sentenza n. 1526 del 26 novembre 2018 ha dichiarato la piena legittimità di una norma regolamentare che individua l’operatore economico mediante una procedura concorsuale, ritenendo che tale “metodologia” non possa essere considerata una condizione restrittiva del mercato.
Il ricorrente, operatore del settore, impugna una molteplicità di atti gestori (lo strumento di pianificazione degli impianti pubblicitari con rimozione di quelli esistenti, la disciplina attuativa, le modalità di individuazione del contraente), rilevando che il quadro complessivo pregiudica l’attività d’impresa (ex art. 41 Cost.), non tenendo conto degli investimenti effettuati sul territorio da parte dei proprietari degli impianti, ma soprattutto (la questione centrale) «il Comune non può, per tali impianti, imporre il regime concessorio previa procedura concorrenziale».
Si evidenzia, sul caso, che il legislatore nazionale avrebbe inteso distinguere l’attività di pubblicità – assoggettata ad autorizzazione dell’Ente proprietario della strada – dal servizio di pubbliche affissioni, disciplinato in regime concessorio vero e proprio: «il regolamento impugnato disattenderebbe tale impianto normativo perchè prefigura… non più soltanto l’installazione degli impianti sul territorio comunale bensì l’affidamento del servizio di pianificazione esecutiva, di installazione, manutenzione e gestione di impianti pubblicitari su aree pubbliche nell’ambito del territorio comunale».
Il Comune, avrebbe “frainteso” la concessione di «area pubblica in concessione di pubblico servizio» trasformando tutta l’attività di pubblicità attraverso cartellonistica in un “servizio pubblico”, trasferendo all’affidatario di tale nuovo servizio, in mancanza di espressa previsione normativa, l’intera competenza sulla materia (dimenticando, forse, il principio di “Autonomia pianificatoria” che gode l’Ente locale).
Ciò posto, il Collegio giudicante, per quello che interessa, rileva:
- è stata effettuata l’attività partecipativa con la comunicazione di avvio del procedimento agli operatori economici;
- la comunicazione rendeva avvertiti gli operatori del settore della volontà di introdurre, a livello regolamentare, del principio dell’assegnazione degli spazi pubblici solo a seguito di procedure di evidenza pubblica;
- l’art. 13 della legge 241 del 1990 esclude gli atti di carattere normativo, e tra essi i regolamenti – atti amministrativi generali a contenuto normativo – dal raggio di applicazione degli istituti partecipativi;
- il regolamento definisce gli obblighi (connessi al servizio) del nuovo gestore una volta identificato, con facoltà ad installare gli impianti sulle aree pubbliche di proprietà comunale;
- il soggetto installatore risulta tenuto a garantire la manutenzione degli impianti e che solo per questa finalità l’operatore economico risulta investito della funzione di esercente di un pubblico servizio, senza che si possa ravvisare in ciò una delega di funzioni pubbliche in capo all’assegnatario delle aree ( ne consegue che non si avvera alcuna trasformazione di libera attività imprenditoriale in un servizio pubblico);
- quanto al regime concorrenziale previsto dal regolamento, non può non rimarcarsi che si tratta di scelta operata in linea con le coordinate ermeneutiche fornite dalla stessa giurisprudenza amministrativa in materia: l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione 25 febbraio 2013, n. 5, dopo aver precisato che «… è una concessione di area pubblica il provvedimento iniziale che conforma il rapporto” ha chiarito che “…sia corretto allocare l’uso degli spazi pubblici contingentati con gara, dovendosi altrimenti ricorrere all’unico criterio alternativo dell’ordine cronologico di presentazione delle domande accoglibili, che è di certo meno idoneo ad assicurare l’interesse pubblico all’uso più efficiente del suolo pubblico e quello dei privati al confronto concorrenziale».
In definitiva, quando un bene pubblico (le aree, cfr. Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, in GU.CE 121 del 29 aprile 2000) risulta limitato (contingentato) e possiede una valenza economica (reddittività) la concessione deve seguire i principi comunitari della trasparenza e non discriminatoria (vedi, concessioni demaniali, AGCM, Bollettino n. 31 del 20 agosto 2012, Attività di segnalazione e consultiva, «AS975 – … – Ampliamento di concessioni demaniali marittime»): l’applicazione delle procedure ad evidenza pubblica risulta preordinata soprattutto ad assicurare la piena contendibilità del mercato e la parità di trattamento di tutti gli operatori economici interessati.
Si conclude affermando che «il procedimento di gara non contrasta infatti con la libera espressione dell’attività imprenditoriale di cui si tratta, considerato, in linea generale, che la procedura ad evidenza pubblica è istituto tipico di garanzia della concorrenza nell’esercizio dell’attività economica privata incidente sull’uso di risorse pubbliche e che, in particolare, la concessione tramite gara dell’uso di beni pubblici per l’esercizio di attività economiche private è istituto previsto dall’ordinamento, essendo perciò fondata la qualificazione della gara come strumento per assicurare il principio costituzionale della libera iniziativa economica anche nell’accesso al mercato degli spazi per la pubblicità».
Si rafforza il pronunciamento quando si conferma la concessione dell’uso di un’area pubblica costituisce «una risorsa limitata, non già la concessione di un pubblico servizio», risultando pienamente legittimo l’affidamento mediante gara, non la fisionomia di attività economica suscettibile di essere conformata per fini di utilità sociale, secondo quanto esplicitato dall’art. 41 Cost., ai principi della trasparenza: concorrenza a livello comunitario.
L’approdo sostanziale e formale è coerente con tutto l’impianto normativo nazionale e comunitario: l’avvio della procedura di gara, per l’affidamento del “servizio per la gestione degli spazi pubblicitari” su suolo comunale, mediante lo strumento della procedura ad evidenza pubblica deve essere considerata la «migliore modalità per contemperare i molteplici interessi in gioco nella materia».
La sentenza n. 1526 del 26 novembre 2018, della terza sezione del TAR Bari, nella sua chiarezza espositiva non lascia margini di incertezza sulla piena legittimità degli affidamenti con gara, anche nel caso di concessioni di spazi pubblici, anzi l’evidenza pubblica rappresenta la massima espressione del perseguimento dell’interesse pubblico nell’individuazione dell’operatore economico, trattando tutti i potenziali offerenti in modo uguale, senza restrizioni alla concorrenza.
Verso l’Europa. Ora come possa questo principio dell’evidenza pubblica, già presente nel tessuto costituzionale (ex artt. 3 e 97 Cost.) e, prima ancora, nel regolamento di contabilità dello Stato (ex Regio Decreto del 23 maggio 1924, n. 827), essere ancora posto in discussione, quasi a minare la libertà d’iniziativa economica è una questione ancora oscura, sarebbe il momento giusto (una sospensione di riflessione).