L’affidamento della gestione impianti sportivi e prolungamento dell’affidamento
Sulla gestione degli impianti sportivi la Deliberazione ANAC n. 1300 del 14 dicembre 2016 interviene distinguendo due tipologie:
- gestione di impianti sportivi con rilevanza economica, qualificabile quale “concessione di servizi”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. vv) del Codice, da affidare nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 164 e seguenti del Codice stesso, con applicazione delle parti I e II del Codice stesso (per quanto compatibili);
- gestione di impianti sportivi privi di rilevanza economica, sottratta alla disciplina delle concessioni di servizi (art. 164, comma 3), ricondotta nella categoria degli “appalti di servizi”, da aggiudicare secondo le specifiche previsioni dettate dal Codice per gli appalti di servizi sociali di cui al Titolo VI, sez. IV.
L’Autorità è giunta a tali conclusioni a seguito di un quesito teso a conoscere l’individuazione delle modalità di affidamento della gestione degli impianti a rilevanza economica e privi di rilevanza economica e degli impianti fissi e mobili sulla base delle previsioni del nuovo Codice dei contratti e dell’art. 90 “Disposizioni per l’attività sportiva dilettantistica”, comma 25, della legge 289/2002, ove si stabilisce che “nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento”.
Per rendere il parere, l’ANAC si richiama ad un proprio precedente, soffermandosi sulla natura del bene “impianto sportivo”, che rientra nella previsione dell’ultimo capoverso dell’art. 826 c.c., ossia in quella relativa ai beni di proprietà dei comuni destinati ad un pubblico servizio e perciò assoggettati al regime dei beni patrimoniali indisponibili, i quali non possono essere sottratti alla loro destinazione, sussistendo un vincolo funzionale, coerente con la loro vocazione naturale ad essere impiegati in favore della collettività, per attività di interesse generale e non vi è dubbio che la conduzione degli impianti sportivi sottenda a tale tipologia di attività.
La gestione se non assunta direttamente dall’ente non può che sottostare alle regole dell’evidenza pubblica, in esito ad una procedura selettiva: l’affidamento a terzi della gestione di un impianto sportivo comunale deve essere inquadrato nella “concessione di pubblico servizio”, pertanto l’ente locale che intenda affidare a terzi tale gestione è tenuto, ai sensi dell’articolo 30, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006, ad indire una procedura selettiva tra i soggetti qualificati in relazione al suo oggetto.
Pur se l’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 mostra il favor del legislatore per l’affidamento degli impianti sportivi ai soggetti operanti nel settore dello sport, questo non consente un affidamento diretto degli stessi ma, in conformità alle norme ed ai principi derivanti dal Trattato, occorre procedere ad un confronto concorrenziale tra i soggetti indicati nella stessa disposizione normativa.
Tali osservazioni vanno riversate anche nelle attuali disposizioni del d.lgs. n. 50/2016, distinguendo tra:
- impianti con rilevanza economica con remunerazione della gestione in grado di produrre reddito;
- impianti privi di rilevanza economica che devono essere sostenuti dall’ente.
In particolare ai fini della definizione della “rilevanza economica” del servizio sportivo è necessario distinguere tra:
- servizi che si ritiene debbano essere resi alla collettività anche al di fuori di una logica di profitto d’impresa, cioè quelli che il mercato privato non è in grado o non è interessato a fornire;
- servizi che, pur essendo di pubblica utilità, rientrino in una situazione di mercato appetibile per gli imprenditori in quanto la loro gestione consente una remunerazione dei fattori di produzione e del capitale e permette all’impresa di trarre dalla gestione la fonte della remunerazione, con esclusione di interventi pubblici.
In presenza di una reddittività (alias utile d’impresa) la gestione dei predetti impianti può essere ascritta alla categoria delle “concessioni di servizi”, ovvero di un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori, riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi.
Il “rischio operativo” è legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito al concessionario: il concessionario assume il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione.
La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile, sicché si rende applicabile l’articolo 164 del d.lgs. 50/2016, ove si precisa altresì al comma 3 che “i servizi non economici di interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione della presente Parte”.
Da queste premesse e in relazione al “vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV)” siamo in presenza di “Servizi di gestione di impianti sportivi”, ricompreso nell’Allegato IX del d.lgs. n. 50/2016, nella categoria “servizi amministrativi, sociali, in materia di istruzione, assistenza sanitaria e cultura”.
L’affidamento della gestione dell’impianto sportivo, quale servizio reso per conto dell’Amministrazione ed in assenza di rischio operativo trova applicazione la disciplina dell’“appalti di servizi”, da aggiudicare secondo le specifiche previsioni dettate dal Codice per gli appalti di servizi sociali, di cui al Titolo VI, sez. IV.
L’Autorità conclude nell’affermare che a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti, che ha dettato una specifica disciplina per le concessioni di servizi e che ha incluso la “gestione degli impianti sportivi”, quale appalto di servizi, debba ritenersi superata e non più applicabile la previsione di cui all’art. 90, comma 25 della legge n. 289/2002 dettata in un differente contesto normativo.
Si può concludere che la concessione (compreso il rinnovo) può essere legittimamente disposto bandendo una gara per l’individuazione del concessionario cui assegnare il bene, essendo le pubbliche amministrazioni assoggettate all’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini dell’individuazione del soggetto contraente; inoltre, non può ritenersi estranea la materia della concessione dei beni pubblici, in applicazione dei principi discendenti dall’art. 81 del Trattato UE e dalle Direttive comunitarie in materia di appalti, recepite dal Codice dei contratti, con attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti.
Nel caso in cui l’ente debba concedere esclusivamente l’uso di spazi pubblici per consentire lo svolgimento di eventi, tale fattispecie non rientra nell’ambito di applicazione del Codice, ma costituisce una concessione amministrativa di beni pubblici, da affidare comunque con procedura ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza, di concorrenza, di parità di trattamento e di non discriminazione.
Per completezza espositiva, il prolungamento dei tempi di esecuzione del servizio a fronte di eventuali lavori aggiuntivi non appare coerente con il principio di efficacia e tempestività nell’esecuzione degli appalti pubblici e con il principio di efficienza, corollario del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, specie quando il servizio viene concessionato a seguito di un apposito capitolato di gara.
Le eventuali modifiche ai piani economico finanziari (PEF) nell’ambito di un rapporto concessorio, allo scopo di rispristinare la redditività dell’intervento entro i margini contrattualmente stabiliti sono individuate dettagliatamente dalle norme di legge, nelle modifiche normative e regolamentari che impattano sulle tariffe o che ne impongono nuove condizioni: eventuali modifiche in termini economici durante il rapporto rispetto alle condizioni di aggiudicazione non possono essere effettuate se non a costo di vanificare lo scopo del meccanismo concorrenziale di scelta del contraente: eventuali prolungamenti di durata, per l’esigenza di nuovi lavori non programmabili dal gestore all’atto dell’offerta, alterano in modo rilevante i termini economici alla base della gara di concessione, con la conseguenza che ogni modifica non può che rientrare tra quelle tassativamente indicate dal legislatore.
(Estratto, Orientamenti applicativi negli affidamenti, L’Ufficio tecnico, 2017, n. 5)