La legge n. 190 del 6 novembre 2012 n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, individua nella “Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche”, quale “Autorità nazionale anticorruzione” (C.I.V.I.T. ora A.N.AC.), come il soggetto pubblico che approva il “Piano Nazionale Anticorruzione” predisposto dal “Dipartimento della Funzione Pubblica”, dove sono indicate le “misure” per contrastare la corruzione nell’attività amministrativa.
La corruzione, secondo gli orientamenti del D.F.P., deve essere intesa in senso lato, più ampia della fattispecie penalistica, da comprendere non solo l’intero perimetro dei delitti contro la pubblica amministrazione, ma anche le situazioni in cui, al di là della rilevanza penale, venga in positivo un malfunzionamento dell’amministrazione (“maladministration”) a causa dell’uso “distorto” dell’interesse pubblico, proiettato per un fine eminentemente privato, in evidente contrapposizione con la corretta gestione della res publica.
Il mal funzionamento, quindi, della pubblica amministrazione connesso a condotte di tipo personalistico, porta ad alterare la finalizzazione dell’interesse generale (“buon andamento”), impedisce lo sviluppo democratico e territoriale, genera diseguaglianza (viola l’art. 3 Cost.), incide sui profili più intimamente etici di una Nazione (ex art. 54 Cost., impedendo di prestare le funzioni pubbliche “con disciplina ed onore”): nel linguaggio comune siamo soliti parlare di “corruzione” riferendoci all’abuso della posizione di un individuo, finalizzato all’egoistico perseguimento di interessi personali a discapito di colui che la subisce.
Più puntualmente, l’ambito soggettivo è modulato su tre grandi macro categorie:
a. pubbliche amministrazioni (compresi gli enti di diritto pubblico non economici comunque denominati, istituiti, vigilati e controllati da una pubblica amministrazione, nazionale, regionale o locale, ivi compresi le agenzie fiscali, gli ordini professionali, le università statali);
b) società, altri enti di diritto privato in controllo pubblico e enti pubblici economici;
c) società e altri enti di diritto privato solo partecipati.
Il Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.) è la risposta al fenomeno degenerativo della pubblica amministrazione, è un modello di intervento per l’attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, viene elaborato sulla base di metodologie del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”, seleziona una serie di attività (“mappatura e misure”) nelle aree maggiormente esposte a rischio: l’obiettivo dichiarato è:
a. ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione;
b. aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;
c. creare un contesto sfavorevole alla corruzione.
Nella determinazione del P.N.A., in adesione ai concetti di partecipazione e coinvolgimento di tutti gli operatori pubblici, sono stati coinvolti più livelli istituzionali e soggetti, collegando più responsabilità e valutazioni dei risultati (performance organizzativa e individuale), costituendo un ciclo virtuoso che lega la prestazione professionale al pieno rispetto dei contenuti del “Piano”, il cui arco temporale coinvolge un triennio, con aggiornamenti successivi sulla base degli esiti dei monitoraggi o della sopravvenienza di nuove normative o prassi.
La Deliberazione A.N.AC. n. 12 del 28 ottobre 2015, intende rispondere a questo ultimo impegno, aggiornando per il 2015 il “P.N.A. 2013 – 2016” in attesa di un nuovo e più organico “P.N.A. 2016 -2018”, con l’intenzione di migliorare la qualità dei Piani triennali di prevenzione della corruzione delle amministrazioni pubbliche (P.T.P.C.), sulla base delle analisi effettuate presso le singole amministrazioni; piani che dovranno essere pubblicati esclusivamente sui siti istituzionali delle amministrazioni e degli enti, nella sezione “Amministrazione trasparente”, sotto sezione “Altri contenuti”, “Corruzione”.
La Deliberazione si suddivide in:
a. una “Parte generale”, che è ripartita in sei punti (valutazione dei P.T.P.C., aggiornamento del P.N.A., ambito oggettivo, processo di adozione del P.T.P.C., formazione, gestione del rischio);
b. una “Parte speciale”, divisa in due sezioni (“Area di rischio contratti pubblici” e “Sanità”);
c. una parte conclusiva con le indicazione delle “Priorità e obiettivi” che l’Autorità si impone nei compiti di istituto.
Nel comunicato stampa del Presidente dell’A.N.AC., si manifesta la volontà di fornire delle indicazioni “per una rapida correzione di rotta”, affinché si possa giungere ad un “successo dei nuovi Piani anticorruzione”, che le amministrazioni dovranno adottare “entro il 31 gennaio del 2016”, nella consapevolezza che i risultati se possono essere validamente perseguiti con precise individuazioni di eventi rischiosi e di possibili misure di prevenzione, la volontà del “buon esito” dipende dalla collaborazione e dalla partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, “a partire dai loro vertici politici e istituzionali”, per “combattere sul serio la corruzione al proprio interno”.
Questi risultati auspicati, non mancheranno di essere oggetto di uno specifica vigilanza e priorità dell’Autorità, che allo scopo dedica (come premesso) la parte finale della Determinazione n. 12/2015 atteso che, in mancanza di controlli sull’effettiva applicazione e sull’efficacia della misure adottate, ogni intervento risulta vano.
L’Autorità, a tal scopo, indica “priorità e obiettivi” dei controlli e delle attività poste in essere per verificare l’attendibilità delle misure, il concorso di tutti i soggetti interni ed esterni, le analisi effettuate (“mappatura”) e le conseguenti misure adottate, la compatibilità normativa e la chiarezza espositiva, le responsabilità e i processi valutativi delle performance, il monitoraggio e l’efficacia delle misure (anche sui comportamenti).
In sintesi, le “aree di verifica” sono così indicate:
a. trasparenza sul processo di formazione del P.T.P.C.;
b. connessione tra analisi conoscitive e individuazione delle misure;
c. centralità delle misure di prevenzione;
d. misure e responsabilità degli uffici;
e. monitoraggio sull’effettiva attuazione delle misure;
f. valutazione dell’efficacia delle misure attuate;
g. integrazione tra PTPC e Programma per la trasparenza;
h. misure di prevenzione e doveri di comportamento dei dipendenti.
L’Aggiornamento costituisce un nuovo punto di partenza per dare risposte unitarie e opportunità di miglioramento, indicare “la via” (“correzioni di rotta”) di un cambiamento incisivo sul sistema di “prevenzione della corruzione” a livello istituzionale, nel quadro del mutato sistema normativo, che, oltre a traferire all’A.N.AC. compiti ulteriori, ha allargato la platea dei soggetti convolti (società e agli enti di diritto privato in controllo pubblico o partecipati da pubbliche amministrazioni), risultando una “supporto operativo”, nella continuità delle azioni già intraprese con l’adozione del primo P.N.A. e con una permanente attività di formazione.
Pare utile rilevare che la “formazione” è alla base di ogni politica sulla sicurezza, costituisce una parte determinante dei piani, oltre ad essere un obbligo specifico posto in capo al “Responsabile della prevenzione della corruzione” (R.P.C.) nell’individuare il personale da inserire in appositi programmi sui temi dell’etica e della legalità (integrità), soprattutto quando i soggetti sono chiamati ad operare nei settori in cui è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione.
L’Autorità, prendendo atto dei risultati, delinea i caratteri dell’aggiornamento, a partire dai prossimi P.T.P.C., fornendo dei riferimenti da seguire nell’aggiornamento, ovvero chiarendo dei punti fissi sul contenuto sostanziale del piano, il tutto finalizzato alla successiva fase di materiale stesura dell’aggiornamento (processo di adozione del P.T.P.C.) e del miglioramento del processo di gestione del rischio.
I sei caratteri sono così riassunti:
1. continuità con il P.N.A., in attesa delle modifica che saranno apportate dalla riforma cd “Madia”;
2. nozione di corruzione nel suo senso ampio, avendo a riguardo ad atti e comportamenti che, anche se non consistenti in specifici reati, che tuttavia minano la legalità dell’agire pubblico;
3. analisi di tutte le aree di attività (intese come complessi settoriali di processi/procedimenti svolti dal soggetto che adotta il P.T.P.C.) e mappature dei processi, che potrà essere distribuita al massimo in due annualità (2016 e 2017), a condizione dell’individuazione delle misure necessarie;
4. carattere organizzativo delle misure di prevenzione della corruzione, tali da riguardare tanto l’imparzialità oggettiva (volte ad assicurare le condizioni organizzative che consentono scelte imparziali) quanto l’imparzialità soggettiva del funzionario (per ridurre i casi di ascolto privilegiato di interessi particolari in conflitto con l’interesse generale);
5. integrazione delle misure di prevenzione della corruzione con le misure organizzative volte alla funzionalità amministrativa recuperando stabilità, efficienza, economicità dell’intera struttura e azione amministrativa (collegamento obbligatorio tra P.T.P.C. e Piano della performance);
6. trasparenza come misura di prevenzione della corruzione, ovvero gli adempimenti del d.lgs. 33/2013.
(estratto, Aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione: la deliberazione ANAC n.12 del 28 ottobre 2015, in Comuni d’Italia, 2015, n. 6)