La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza n. 4068 del 17 giugno 2019, interviene per confermare che gli standard ad uso pubblico non possono essere sottratti dalla loro destinazione a uso collettivo, salvo l’ipotesi che tali aree risultano in eccedenza rispetto ai minimi previsti dalla legge (D.M. n. 1444 del 1968) e si provveda con una rigorosa valutazione da parte dell’Amministrazione (e non del privato) in un corretto bilanciamento di interessi pubblici (anche di natura economica) e di legittime aspettative dei terzi, sempre e comunque rispettando il corretto assetto del territorio (qualità della vita).
La vicenda complessa nella sua essenzialità prevedeva (all’interno di una convenzione urbanistica per la realizzazione di un comparto produttivo) la cessione di una determinata area a titolo di standard sulla quale l’Amministrazione ha realizzato un magazzino comunale (quale standard di qualità aggiuntivo connesso alla esecuzione di altra e diversa convenzione di lottizzazione, piano attuativo).
Successivamente, veniva venduto (con il Piano delle alienazioni, di cui all’art. 58 «Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali» del D.L. n. 112 del 25 giugno 2008 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito in Legge 6 agosto 2008, n. 133) il magazzino e la relativa area circostante (pertinenziale destinata a parcheggio), precisando che la dotazione globale di standard contemplata dallo strumento urbanistico (PGT) era largamente superiore al minimo di Legge regionale (pertanto, la riduzione percentuale indotta dalle alienazioni era del tutto irrilevante).
L’aggiudicatario della vendita provvedeva mediante SCIA e recintare l’area.
Con la vendita è stato precluso alle ditte presenti di poter utilizzare una parte dell’area alienata a destinazione in “piazzali di manovra” (un uso che veniva tollerato dal Comune, pur non avendo tale area la suddetta destinazione).
Si deve osservare, per una comprensione della vertenza, che la situazione di fatto preesistente consentiva alle imprese lottizzanti di utilizzare l’area come spazio per la manovra degli automezzi (il c.d. bene della vita in ricorso, o utilitas): sicché è evidente come la modifica della titolarità dell’area e, soprattutto, della sua destinazione, con la conseguente impossibilità di utilizzo della stessa al servizio dei capannoni industriali del comparto, generando una posizione differenziata e qualificata e, quindi, suscettibile di tutela, in capo alle imprese aventi sede nel territorio inciso dalla modifica, secondo il criterio della vicinitas.
Il Collegio giudicante premette, quindi, che l’intero giudizio di primo grado ha avuto origine dalla decisione del Comune «di alienare due lotti del comparto… mutandone la destinazione d’uso da standard (aree verdi, parcheggi e spazi di manovra) a produttivo, stravolgendo in questo modo l’equilibrio funzionale del comparto, che perdurava da oltre 30 anni, a scapito delle ditte ivi insediate ed operanti» (con evidente pregiudizio della realtà produttiva presente nell’insediamento).
Ciò posto, la sentenza del Cons. Stato, sez. V, del 17 giugno 2019, n. 4068, giunge alle seguenti conclusioni:
- il Piano delle alienazioni poneva in vendita alcune aree un tempo destinate a standard urbanistico (verde attrezzato, parcheggi a uso pubblico), senza compromettere la conformazione viaria del comparto, rimasta sostanzialmente immutata dopo l’alienazione dei lotti;
- l’area di manovra, nella convenzione originaria, comprendeva l’esigenza di garantire tale spazio, giacché un’area industriale deve garantire la fruibilità degli immobili secondo la loro naturale vocazione economica, e, quindi, anche la garanzia dell’accesso tramite mezzi pesanti;
- le previsioni contenute nel piano di lottizzazione inducono a ritenere che i lottizzanti si fossero obbligati a cedere gratuitamente le aree in discorso per la destinazione delle stesse a standard, nel caso di specie a verde attrezzato e parcheggi ad uso pubblico;
- gli standard urbanistici, regolati dal D.M. n. 1444 del 1968, rappresentano la misura degli spazi pubblici che deve essere garantita ad ogni cittadino in rapporto agli insediamenti residenziali, vale a dire disegnano i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e gli spazi pubblici riservati alle attività collettive, al verde pubblico ed ai parcheggi;
- la destinazione a standard di un’area postula una ineliminabile ed esclusiva finalizzazione ad un uso pubblico e cioè potenzialmente a vantaggio di tutti e non ad uso privato, di un singolo soggetto o di un numero limitato ed identificabile di soggetti;
- ne consegue che, se l’area fosse stata effettivamente destinata a spazio di manovra per mezzi pesanti onde consentire un più agevole accesso ai capannoni produttivi, la stessa non potrebbe essere considerata come standard e non potrebbe essere computata come tale;
- le aree cedute al Comune e destinate alla fruizione della collettività, come verde e parcheggi pubblici, utilizzate in concreto anche, o soprattutto, come spazio di manovra per i mezzi pesanti, non vanno ad incidere sugli standard
Si può giungere ad una prima affermazione che la destinazione a standard è finalizzata alla fruizione delle aree da parte dell’intera collettività, mentre la destinazione dell’area in questione a spazio di manovra per i mezzi pesanti sarebbe finalizzata alla sola fruizione da parte delle imprese del comparto, non rientrando negli standard, contrastando con la ratio dell’istituto e non consentirebbe di ritenere destinata a standard l’area che, invece, proprio per quella finalità è stata ceduta gratuitamente al Comune nell’ambito delle prestazioni corrispettive previste in convenzione.
Non è possibile una destinazione più ampia di quella codificata dalle parti nelle aree destinate a standard urbanistico cedute gratuitamente dai lottizzanti al Comune, che preveda l’utilizzazione degli spazi verdi e dei parcheggi come aree di manovra per i mezzi pesanti.
Le aree destinate a standard sono riconducibili alle servitù ad uso pubblico e, pertanto, debbono ritenersi asservite all’uso generalizzato da parte della collettività indistinta degli utenti e non all’uso limitato dei soli utenti dell’unità immobiliare in relazione alla quale è sorto l’obbligo della dotazione degli standard, con l’ulteriore conseguenza che il transito sulle predette aree standard deve ritenersi esercitato uti cives e non uti singuli, il che esclude la tutela attraverso azioni possessorie per la carenza dell’estremo del possesso di una servitù di passaggio.
I Giudici di seconde cure, richiamando i precedenti di primo grado secondo cui l’alienazione delle aree a standard, anche se acquisite in base a convenzioni urbanistiche, è legittima, però a condizione che:
- l’interesse pubblico sia correttamente individuato;
- i cambiamenti incidano in modo tollerabile sulle situazioni consolidate dei lottizzanti o degli aventi causa;
- valutazioni verificate dall’Amministrazione.
(Estratto, Alienazione dello standard ad uso pubblico, Giustamm.it, 2019, n. 7, Approfondimento tematico 18 luglio 2019, n. 65)