La sezione quinta dei giudici di Palazzo Spada, con la sentenza 31 marzo 2014, n. 1542, interviene nel delineare – sul piano formale – i requisiti necessari per rendere valida la sottoscrizione delle liste elettorali per le elezioni amministrative in piena osservanza dei precetti del Testo unico della documentazione amministrativa (ex D.P.R. n.445/2000).
L’intera vicenda, attinente alla irregolarità dell’ammissione alla competizione elettorale di candidature “illegittimamente” autenticate e qualora accolta, tale posizione processuale, si produrrebbe l’effetto derivato di invalidare l’esito elettorale (la proclamazione degli eletti)[1].
In prime cure, il ricorso veniva respinto rilevando che l’autenticazione delle firme risultava sostanzialmente corretta e che l’unica “irregolarità” riguardava la successiva apposizione del timbro non disponibile al momento della sottoscrizione (tale mancanza non è di per sé idonea a inficiare le operazioni di autenticazione si sosteneva nella sentenza).
Si aggiungeva, nel pronunciamento, che in effetti l’autenticazione, effettuata dal pubblico ufficiale mediante attestazione che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza previo accertamento dell’identità dei candidati con il documento identificativo (lo scopo è quello di conferire pubblica fede circa la provenienza della sottoscrizione), risultava essersi perfezionata in ogni suo elemento “l’unica discrasia essendosi verificata tra la data della sottoscrizione e dell’autentica e la data successiva di redazione del relativo verbale” che tuttavia costituiva un aspetto non essenziale, tant’è che non risultavano contestate né la paternità della firma né la volontà dei sottoscrittori di candidarsi alle elezioni.
In seconde cure, da principio si verificava l’operato del pubblico ufficiale che aveva compiuto le operazioni di autenticazione formalizzate in data successiva a quella di accettazione delle candidature; operazioni avvenute seguendo la ritualità dell’identificazione dei candidati e delle sottoscrizioni avvenute alla presenza del citato pubblico ufficiale.
Inoltre, veniva ricostruito il dato fattuale: le dichiarazioni di accettazione delle candidature erano state raccolte da un consigliere comunale, allo scopo abilitato, all’esito di una riunione di partito e, successivamente (dopo cinque giorni), perfezionate con l’autenticazione finale dovendo acquisire la necessaria disponibilità del timbro.
È noto, per esigenze di semplificare ed agevolare lo svolgimento del procedimento elettorale, che la parte finale del primo comma, dell’articolo 14, della Legge n.53 del 1990, prevede espressamente che sono competenti ad eseguire le autenticazioni per le elezioni comunali “i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente… al sindaco”; indubbio una disciplina di favore volta a facilitare lo svolgimento del procedimento elettorale, in quanto recante la semplificazione dei relativi adempimenti, e ciò conformemente a quanto precisato dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui la disposizione in esame ha inteso agevolare il corretto svolgimento del procedimento elettorale, ampliando notevolmente il novero dei soggetti abilitati all’autenticazione delle firme dei sottoscrittori di liste includendo gli organi politici (del e nel territorio di riferimento).
Pare giusto segnalare che il consigliere di un Ente locale non è legittimato ad autenticare le firme degli elettori e dei candidati di una competizione elettorale al quale l’Ente in cui sono incardinate le sue funzioni sia estraneo, come quelle per il rinnovo del consiglio di altro comune per il consigliere comunale o di altra provincia per il consigliere provinciale; deve, infatti, essere sottolineato come, sul piano normativo – ordinamentale, il territorio costituisce elemento costitutivo di ogni Ente territoriale, per cui necessariamente i suoi organi esercitano le proprie funzioni nei limiti di questo: è anzi pacifica la nullità dell’atto di un Ente locale destinato ad incidere unilateralmente sul territorio di altro Ente dello stesso rango e natura[2].
Invero, mentre il dato “territoriale” (vedi infra) è un requisito che, connotandolo, è utile ad individuare l’Ente in cui sono incardinate le funzioni dell’organo, viceversa il coinvolgimento (ovvero l’estraneità) dell’Ente nella (o alla) competizione elettorale di cui si discute costituisce l’unico discrimine per consentire (ovvero per negare) l’esercizio del potere di autenticazione delle firme dei presentatori delle liste elettorali che, ai sensi della citata norma, si radica illico et immediate a decorrere dal centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature[3].
Va precisato comunque che i limiti alla “competenza territoriale” dell’ufficio di appartenenza integrano un elemento costitutivo della fattispecie autorizzatoria, ciò in quanto l’art. 2699 del c.c. – secondo cui “l’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato” – stabilisce un preciso nesso di collegamento tra la competenza territoriale (e per materia) del pubblico ufficiale ed il luogo di esercizio del potere di autenticazione (costituendo l’indicazione del luogo di attestazione della sottoscrizione, nella relazione di autentica, parte essenziale dell’atto pubblico).
Tale osservazione porta a ritenere che, ai sensi dell’art. 14 della Legge n. 53/1990, il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste di candidati sia attribuito ai pubblici ufficiali ivi individuati con l’unico limite individuato in quello “territoriale”.
Ne consegue che il consigliere provinciale sia abilitato a svolgere le autenticazioni senza alcun limite che non sia quello legato al “territorio” dell’Ente presso il quale è stato eletto: il territorio provinciale, compreso anche con riguardo alle elezioni da svolgersi in Comuni che ricadono in tale ambito[4].
Allo scopo, la sezione V del Consiglio di Stato, con sentenza 16 aprile 2014, n. 1885, in contrapposizione di un precedente orientamento, stabilisce che vi è un solo limite al potere di autenticazione che è quello “territoriale” e non quello della “pertinenza della competizione elettorale”: il “territorio” costituisce elemento costitutivo di ogni ente territoriale, per cui necessariamente i suoi organi esercitano le proprie funzioni nei limiti di questo.
Nella sentenza n.1885, della V sezione del Consiglio di Stato, si precisa che la norma dell’articolo 14 della Legge n.53/1990 non stabilisce ulteriori limiti se non quello riferito al “territorio” non riscontrando né nel quadro normativo, né in una esigenza giuridicamente apprezzabile un limite riferito alla “pertinenza delle elezioni”, essendo lo scopo della norma, come visto, finalizzato ad agevolare e semplificare lo svolgimento del procedimento elettorale: i consiglieri provinciali, nell’esercizio delle loro funzioni qualificabili come pubblici ufficiali, in relazione a tale natura essi possono esercitare i poteri strettamente connessi a tale qualità senza alcun limite, se non quello direttamente (e chiaramente) evincibile dal dettato normativo, dal quale è tuttavia possibile desumere solo quello legato al territorio: in sede interpretativa, anche per la tutela degli affidamenti legittimi che sorgono dal dato letterale dell’art. 14, non possono essere individuati ulteriori (e non esplicitati) presupposti per la sua applicazione.
Dal tenore letterale della norma non è possibile rinvenire la sussistenza di un ulteriore limite della “pertinenza della competizione elettorale”, che, quindi, costituisce una limitazione non individuata dalla legge per l’esercizio delle funzioni di tali organi politici; tale eventuale limite non è giustificata nemmeno da esigenze sostanziali di certezza giuridica ulteriori rispetto a quelli esigibili dall’attività di autentica della sottoscrizione di soggetti diversi dal pubblico ufficiale che vi procede, non sussistendo neppure, nello svolgimento della attività di certificazione, alcuna finalità di controllo (che potrebbe giustificare un irrigidimento delle condizioni necessarie per svolgere tale), consistendo nella mera certificazione da parte del pubblico ufficiale dell’avvenuta apposizione in sua presenza della sottoscrizione da parte di un soggetto identificato.
Dall’analisi della norma e dal riscontro fattuale risulta che il pubblico ufficiale abbia seguito il procedimento di autenticazione:
1. certezza sulla identità dei sottoscrittori (mediante conoscenza personale o attraverso documento di riconoscimento);
2. data e luogo dell’autenticazione (il momento temporale e la competenza territoriale);
3. legittimazione del pubblico ufficiale (appositamente autorizzato a ricevere e ad autenticare le sottoscrizioni; nel caso specifico è richiesta, quale elemento sostanziale, la semplice comunicazione alla “disponibilità” ad effettuare le operazione di autenticazione) da rinvenirsi anche aliunde e non necessariamente all’interno della autenticazione.
Estratto (Ultimi approdi sull’autentica di firma delle liste elettorali, La gazzetta degli enti locali, 22 aprile 2014)
[1] La mancanza o la irregolarità dell’autenticazione delle firme dei sottoscrittori comporta la nullità insanabile dell’atto di presentazione, Cons. Stato, sez. V, 29 giugno 1979, n. 470 e 6 marzo 1990, n. 263.
[2] Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2012, n. 1889.
[3] In tal senso, Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2012, n. 2371.
[4] Cons. Stato, sez. V, n. 1889/2012.