«Libero Pensatore» (sempre)

La sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza del 3 dicembre 2020 n. 7658 (est. Lamberti), delinea i termini di una condotta censurabile in relazione alla lesione dell’immagine dell’istituzione ricoperta (caso di specie, un militare): osservazioni estensibili all’intero personale della Pubblica Amministrazione.

La questione di massima riguarda l’applicazione di una sanzione disciplinare «per aver detenuto nel proprio ufficio… dove era stato condotto un soggetto attinto da misura cautelare custodiale (e che aveva poi reso pubblica la circostanza), un cimelio riferibile al periodo fascista (“un calendario storico riferito all’epoca del fascismo”)».

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Gli obblighi di condotta e i doveri “minimi etici” del dipendente pubblico

Gli obblighi di condotta e i doveri “minimi etici” del dipendente pubblico

La sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza del 3 dicembre 2020 n. 7658 (est. Lamberti), delinea i termini di una condotta censurabile in relazione alla lesione dell’immagine dell’istituzione ricoperta (caso di specie, un militare): osservazioni estensibili all’intero personale della Pubblica Amministrazione.

La questione di massima riguarda l’applicazione di una sanzione disciplinare «per aver detenuto nel proprio ufficio… dove era stato condotto un soggetto attinto da misura cautelare custodiale (e che aveva poi reso pubblica la circostanza), un cimelio riferibile al periodo fascista (“un calendario storico riferito all’epoca del fascismo”)».

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La prima sez. del T.A.R. Veneto, con la sentenza 19 novembre 2020, n. 1092, delinea i caratteri della concessione di beni appartenenti al demanio marittimo e i suoi limiti (trattasi di un bene infungibile di scarsa risorsa naturale, che non può che formare oggetto di un numero limitato di autorizzazioni, rientrante nell’ambito di applicabilità dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein)[1].

La questione riguarda la concessione di un’area demaniale per un’attività di campeggio che, in sede di rinnovo, l’Amministrazione locale non operava una richiesta riduzione del canone in relazione alla diminuita disponibilità del perimetro del bene già in precedenza occupato (peraltro, senza alcuna dimostrazione del pregiudizio patito attuale, ipotetico e futuro); provvedimento che introduceva, diversamente, nuove prescrizioni:

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Concessione del demanio marittimo e modifiche ex post all’utilizzo del bene

Concessione del demanio marittimo e modifiche ex post all’utilizzo del bene

La prima sez. del T.A.R. Veneto, con la sentenza 19 novembre 2020, n. 1092, delinea i caratteri della concessione di beni appartenenti al demanio marittimo e i suoi limiti (trattasi di un bene infungibile di scarsa risorsa naturale, che non può che formare oggetto di un numero limitato di autorizzazioni, rientrante nell’ambito di applicabilità dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein)[1].

La questione riguarda la concessione di un’area demaniale per un’attività di campeggio che, in sede di rinnovo, l’Amministrazione locale non operava una richiesta riduzione del canone in relazione alla diminuita disponibilità del perimetro del bene già in precedenza occupato (peraltro, senza alcuna dimostrazione del pregiudizio patito attuale, ipotetico e futuro); provvedimento che introduceva, diversamente, nuove prescrizioni:

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La sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza 6 novembre 2020 n. 6834, chiarisce che la chiusura di una strada, qualora giustificata da ragioni di pubblico interesse e per un tempo limitato, non può produrre danni alle attività ivi allocate se non si fornisce la prova concreta del pregiudizio patito e non sono impugnati gli atti dispositivi della chiusura stessa.

In via generale, la condanna al risarcimento del danno può essere disposta qualora risulti una condotta non iure che abbia determinato, nel patrimonio del danneggiato, la lesione di una situazione soggettiva meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico: nello specifico ambito della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione per atto amministrativo illegittimo, la responsabilità risarcitoria postula, più specificamente, una spendita viziata del potere che, esorbitando dallo schema sostanziale e procedimentale delineato dalla legge attributiva, abbia leso almeno colposamente un interesse legittimo del privato, vulnerandone la sfera giuridica[1].

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Chiusura della strada e oneri probatori per il risarcimento del danno

Chiusura della strada e oneri probatori per il risarcimento del danno

La sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza 6 novembre 2020 n. 6834, chiarisce che la chiusura di una strada, qualora giustificata da ragioni di pubblico interesse e per un tempo limitato, non può produrre danni alle attività ivi allocate se non si fornisce la prova concreta del pregiudizio patito e non sono impugnati gli atti dispositivi della chiusura stessa.

In via generale, la condanna al risarcimento del danno può essere disposta qualora risulti una condotta non iure che abbia determinato, nel patrimonio del danneggiato, la lesione di una situazione soggettiva meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico: nello specifico ambito della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione per atto amministrativo illegittimo, la responsabilità risarcitoria postula, più specificamente, una spendita viziata del potere che, esorbitando dallo schema sostanziale e procedimentale delineato dalla legge attributiva, abbia leso almeno colposamente un interesse legittimo del privato, vulnerandone la sfera giuridica[1].

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La prima sez. del T.A.R. Sardegna con la sentenza 19 novembre 2020 n. 635 interviene per dichiarare l’illegittimità di un’ordinanza comunale con la quale per la medesima strada si differenzia il parcheggio – in spazi riservati – in relazione a criteri soggettivi piuttosto che in funzione di un’esigenza oggettiva attinente alla regolamentazione del traffico veicolare, e della relativa sosta.

L’art. 7, Regolamentazione della circolazione nei centri abitati, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada, disciplina i casi e le modalità per la sosta, rilevando che la fermata negli appositi spazi a parcheggio impone ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio (ovvero, l’eventuale esenzione), con un connesso onere della Pubblica Amministrazione di adottare gli atti necessari per l’individuazione dell’area destinata a parcheggio, secondo le modalità e i limiti della cit. norma, pena l’illegittimità dell’eventuale sanzione applicata[1].

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Sosta selvaggia o preferenziale? Meglio parcheggio riservato ed esclusivo (!)

Sosta selvaggia o preferenziale? Meglio parcheggio riservato ed esclusivo (!)

La prima sez. del T.A.R. Sardegna con la sentenza 19 novembre 2020 n. 635 interviene per dichiarare l’illegittimità di un’ordinanza comunale con la quale per la medesima strada si differenzia il parcheggio – in spazi riservati – in relazione a criteri soggettivi piuttosto che in funzione di un’esigenza oggettiva attinente alla regolamentazione del traffico veicolare, e della relativa sosta.

L’art. 7, Regolamentazione della circolazione nei centri abitati, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada, disciplina i casi e le modalità per la sosta, rilevando che la fermata negli appositi spazi a parcheggio impone ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l’orario in cui la sosta ha avuto inizio (ovvero, l’eventuale esenzione), con un connesso onere della Pubblica Amministrazione di adottare gli atti necessari per l’individuazione dell’area destinata a parcheggio, secondo le modalità e i limiti della cit. norma, pena l’illegittimità dell’eventuale sanzione applicata[1].

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La prima sez. Bari del T.A.R. Puglia, con la sentenza 13 novembre 2020 n. 1442, legittima la richiesta di accesso di una compagnia di assicurazione alle registrazioni telefoniche del 118 (richiesta di intervento) se funzionali alla ricostruzione delle dinamiche di un sinistro[1].

Giova rammentare a livello generale che è stato chiarito che l’acquisizione (con decreto del p.m., secondo lo schema delineato nell’articolo 256 c.p.p.)[2] dei dati esterni relativi al traffico telefonico (concernenti gli autori, il tempo, il luogo, il volume e la durata della comunicazione, fatta esclusione del contenuto di questa) archiviati dall’ente gestore del servizio di telefonia esige la dimostrazione concreta della prevalenza dell’interesse pubblico al perseguimento dei reati sul diritto alla c.d. privacy del singolo soggetto.

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Accesso al registro delle telefonate del 118

Accesso al registro delle telefonate del 118

La prima sez. Bari del T.A.R. Puglia, con la sentenza 13 novembre 2020 n. 1442, legittima la richiesta di accesso di una compagnia di assicurazione alle registrazioni telefoniche del 118 (richiesta di intervento) se funzionali alla ricostruzione delle dinamiche di un sinistro[1].

Giova rammentare a livello generale che è stato chiarito che l’acquisizione (con decreto del p.m., secondo lo schema delineato nell’articolo 256 c.p.p.)[2] dei dati esterni relativi al traffico telefonico (concernenti gli autori, il tempo, il luogo, il volume e la durata della comunicazione, fatta esclusione del contenuto di questa) archiviati dall’ente gestore del servizio di telefonia esige la dimostrazione concreta della prevalenza dell’interesse pubblico al perseguimento dei reati sul diritto alla c.d. privacy del singolo soggetto.

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La prima sez. Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 13 novembre 2020 n. 11814, definisce la giurisdizione ordinaria in tema di controversie sulla permanenza a membro del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) di un soggetto che ha perso la titolarità, a seguito di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età: cessazione della carica di un organo elettivo al venire meno dell’appartenenza all’ordine giudiziario.

Il caso riguarda una delibera del Consiglio Superiore della Magistratura (organo di rilievo costituzionale, rientrante tra quegli organi previsti dalla Costituzione, ma da essa non direttamente disciplinati nelle funzioni; sono anche detti organi ausiliari non partecipando direttamente alle finalità perseguite dallo Stato) adottata di approvazione della proposta della

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Permanenza dei requisiti per ricoprire una carica elettiva: la pretesa assume una consistenza di diritto soggettivo di competenza del G.O.

Permanenza dei requisiti per ricoprire una carica elettiva: la pretesa assume una consistenza di diritto soggettivo di competenza del G.O.

La prima sez. Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 13 novembre 2020 n. 11814, definisce la giurisdizione ordinaria in tema di controversie sulla permanenza a membro del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) di un soggetto che ha perso la titolarità, a seguito di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età: cessazione della carica di un organo elettivo al venire meno dell’appartenenza all’ordine giudiziario.

Il caso riguarda una delibera del Consiglio Superiore della Magistratura (organo di rilievo costituzionale, rientrante tra quegli organi previsti dalla Costituzione, ma da essa non direttamente disciplinati nelle funzioni; sono anche detti organi ausiliari non partecipando direttamente alle finalità perseguite dallo Stato) adottata di approvazione della proposta della

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