«Libero Pensatore» (sempre)

Giova premettere che gli atti deliberativi (o le determinazioni) vanno pubblicate all’albo pretorio on line, con lo scopo da una parte, di rendere legalmente conoscibile il contenuto di atti e provvedimenti autoritativi, dall’altra parte, di darne esecutività/efficacia.

Infatti, la fase di “pubblicazione” della deliberazione/determinazioni è un istituto di partecipazione popolare (di antichissima origine) che, insieme alla necessità di apprestare un meccanismo legale di presunzione di conoscenza nei confronti dei terzi, è rivolto anche a rendere possibile la presentazione di osservazioni, oppure opposizioni da parte di chiunque vi abbia interesse per consentire all’organo emanante di provvedere su di esse e che potrebbero condurre anche ad una modifica della deliberazione stessa prima della sua entrata in vigore[1].

Continua a leggere

Responsabilità nella pubblicazione degli atti oltre i termini di legge

Responsabilità nella pubblicazione degli atti oltre i termini di legge

Giova premettere che gli atti deliberativi (o le determinazioni) vanno pubblicate all’albo pretorio on line, con lo scopo da una parte, di rendere legalmente conoscibile il contenuto di atti e provvedimenti autoritativi, dall’altra parte, di darne esecutività/efficacia.

Infatti, la fase di “pubblicazione” della deliberazione/determinazioni è un istituto di partecipazione popolare (di antichissima origine) che, insieme alla necessità di apprestare un meccanismo legale di presunzione di conoscenza nei confronti dei terzi, è rivolto anche a rendere possibile la presentazione di osservazioni, oppure opposizioni da parte di chiunque vi abbia interesse per consentire all’organo emanante di provvedere su di esse e che potrebbero condurre anche ad una modifica della deliberazione stessa prima della sua entrata in vigore[1].

Continua a leggere

Lo smart working alimenta il dibattito pubblico con vicende che spesso appaiono contradittorie, da una parte, alcune categorie di lavoratori si “rifiutano” di rientrare in servizio (ovvero, manifestano perplessità al rientro forzato non essendo – in grado il datore di lavoro pubblico – di assicurare la sicurezza dal contagio), dall’altra parte, chi vorrebbe rientrare al lavoro (ovvero, far rientrare il personale in servizio, c.d. in presenza), viene chiamato a fornire chiarimenti dalla Funzione Pubblica per la presunta violazione del protocollo quadro “Rientro in sicurezza”, sottoscritto il 24 luglio 2020 dal Ministro per la P.A.[1].

Assistiamo ad una nuova genesi da Covid-19, la “riforma del pubblico impiego” sotto il profilo dell’orario di servizio, elemento cardine del rapporto di lavoro, che rientra nella prestazione del lavoratore a fronte della controprestazione retributiva (c.d. rapporto sinallagmatico), segnando un elemento determinante e fondante del rapporto negoziale, ai sensi dell’art. 2094 c.c., disegnando la natura del contratto: a titolo oneroso e prestazioni corrispettive (c.d. “contratto di scambio”)[2].

Continua a leggere

Processi evolutivi da smart working e riforma della P.A.

Processi evolutivi da smart working e riforma della P.A.

Lo smart working alimenta il dibattito pubblico con vicende che spesso appaiono contradittorie, da una parte, alcune categorie di lavoratori si “rifiutano” di rientrare in servizio (ovvero, manifestano perplessità al rientro forzato non essendo – in grado il datore di lavoro pubblico – di assicurare la sicurezza dal contagio), dall’altra parte, chi vorrebbe rientrare al lavoro (ovvero, far rientrare il personale in servizio, c.d. in presenza), viene chiamato a fornire chiarimenti dalla Funzione Pubblica per la presunta violazione del protocollo quadro “Rientro in sicurezza”, sottoscritto il 24 luglio 2020 dal Ministro per la P.A.[1].

Assistiamo ad una nuova genesi da Covid-19, la “riforma del pubblico impiego” sotto il profilo dell’orario di servizio, elemento cardine del rapporto di lavoro, che rientra nella prestazione del lavoratore a fronte della controprestazione retributiva (c.d. rapporto sinallagmatico), segnando un elemento determinante e fondante del rapporto negoziale, ai sensi dell’art. 2094 c.c., disegnando la natura del contratto: a titolo oneroso e prestazioni corrispettive (c.d. “contratto di scambio”)[2].

Continua a leggere

La sez. II del T.A.R. Sicilia, Palermo, con la sentenza 30 luglio 2020 n. 1673, celebra le capacità e i poteri del responsabile unico del procedimento (RUP), titolare di una competenza che si estende sino all’adozione dei provvedimenti di esclusione dei concorrenti, nel procedimento di individuazione del contraente: l’anima che regge l’intero apparato pubblico delle gare in qualità di dominus.

Detta affermazione consente di lumeggiare nell’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica: già sin da subito la cit. disciplina si cura di individuare il momento di nomina del RUP, stabilendo che debba avvenire «per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una concessione le stazioni appaltanti individuano, nell’atto di adozione o di aggiornamento dei programmi di cui all’articolo 21, comma 1, ovvero nell’atto di avvio relativo ad ogni singolo intervento per le esigenze non incluse in programmazione, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione» (ex comma 1, prima parte, dell’art. 31, «Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni», del d.lgs. n. 50/2016)[1].

Continua a leggere

Il dominus del procedimento di gara: il RUP

Il dominus del procedimento di gara: il RUP

La sez. II del T.A.R. Sicilia, Palermo, con la sentenza 30 luglio 2020 n. 1673, celebra le capacità e i poteri del responsabile unico del procedimento (RUP), titolare di una competenza che si estende sino all’adozione dei provvedimenti di esclusione dei concorrenti, nel procedimento di individuazione del contraente: l’anima che regge l’intero apparato pubblico delle gare in qualità di dominus.

Detta affermazione consente di lumeggiare nell’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica: già sin da subito la cit. disciplina si cura di individuare il momento di nomina del RUP, stabilendo che debba avvenire «per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una concessione le stazioni appaltanti individuano, nell’atto di adozione o di aggiornamento dei programmi di cui all’articolo 21, comma 1, ovvero nell’atto di avvio relativo ad ogni singolo intervento per le esigenze non incluse in programmazione, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione» (ex comma 1, prima parte, dell’art. 31, «Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni», del d.lgs. n. 50/2016)[1].

Continua a leggere

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 agosto 2020 n. 5182 (est. Luttazi), conferma un orientamento che riconosce il rimborso alle spese legali solo sul presupposto che il fatto, o l’atto oggetto del giudizio, sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente pubblico e vi sia un nesso di strumentalità – tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto – nel senso che il dipendente non avrebbe eseguito ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto, oltre, la dovuta assenza del conflitto di interessi[1].

La questione del negato rimborso (su parere dell’Avvocatura dello Stato) per la pretesa attività connessa al servizio verte sul seguente fatto: un militare, nell’ambito di un processo penale subito dallo stesso per fatto connesso al servizio, richiede il ristoro delle spese legali «nel processo penale in cui egli era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo a seguito di un sinistro stradale in cui era stato coinvolto nel recarsi con la propria autovettura ad un corso di aggiornamento che si svolgeva in regione diversa da quella di residenza».

Continua a leggere

Niente rimborso delle spese legali per omicidio colposo durante un viaggio di servizio

Niente rimborso delle spese legali per omicidio colposo durante un viaggio di servizio

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 agosto 2020 n. 5182 (est. Luttazi), conferma un orientamento che riconosce il rimborso alle spese legali solo sul presupposto che il fatto, o l’atto oggetto del giudizio, sia stato compiuto nell’esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente pubblico e vi sia un nesso di strumentalità – tra l’adempimento del dovere e il compimento dell’atto – nel senso che il dipendente non avrebbe eseguito ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell’atto, oltre, la dovuta assenza del conflitto di interessi[1].

La questione del negato rimborso (su parere dell’Avvocatura dello Stato) per la pretesa attività connessa al servizio verte sul seguente fatto: un militare, nell’ambito di un processo penale subito dallo stesso per fatto connesso al servizio, richiede il ristoro delle spese legali «nel processo penale in cui egli era stato assolto dall’accusa di omicidio colposo a seguito di un sinistro stradale in cui era stato coinvolto nel recarsi con la propria autovettura ad un corso di aggiornamento che si svolgeva in regione diversa da quella di residenza».

Continua a leggere

La sez. I stralcio del T.A.R. Lazio – Roma, con la sentenza 19 agosto 2020 n. 9258, dichiara l’illegittimità di un’ordinanza di bonifica di un sito inquinato senza l’instaurazione del dovuto contradditorio, ex art 7 ss. della legge n. 241/1990.

Il terzo comma, dell’art. 192 («Divieto di abbandono») del d.lgs. n. 152/2006 («Norme in materia ambientale») prevede che la violazione del divieto di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo o l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee impone di «procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo», disponendo che il Sindaco con propria ordinanza determini tutte le operazioni necessarie entro un termine stabilito, pena l’esecuzione in danno.

Continua a leggere

Ordinanza di bonifica sito inquinato e obblighi partecipativi

Ordinanza di bonifica sito inquinato e obblighi partecipativi

La sez. I stralcio del T.A.R. Lazio – Roma, con la sentenza 19 agosto 2020 n. 9258, dichiara l’illegittimità di un’ordinanza di bonifica di un sito inquinato senza l’instaurazione del dovuto contradditorio, ex art 7 ss. della legge n. 241/1990.

Il terzo comma, dell’art. 192 («Divieto di abbandono») del d.lgs. n. 152/2006 («Norme in materia ambientale») prevede che la violazione del divieto di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo o l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee impone di «procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo», disponendo che il Sindaco con propria ordinanza determini tutte le operazioni necessarie entro un termine stabilito, pena l’esecuzione in danno.

Continua a leggere

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 agosto 2020 n. 5167 (estensore Fantini) declara la piena legittimità del diniego opposto ad una actio ad exhibendum all’offerta tecnica in mancanza di un requisito, di stretta necessità, manifestato dal concorrente alla procedura di scelta del contraente.

È noto che il comma 5, lettera a) dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 prevede dei limiti all’accesso «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali», mentre al comma 6 del cit. articolo ammette «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto» rilevando che l’accesso agli atti di gara, delle procedure di appalto, non è pacificamente sempre integrale a fronte della deduzione di esigenze di difesa, essendo sempre necessario, nel bilanciamento – tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali ed il diritto all’esercizio del c.d. “accesso difensivo” – l’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate[1].

Continua a leggere

Va dimostrato nel concreto l’interesse difensivo all’accesso dell’offerta tecnica

Va dimostrato nel concreto l’interesse difensivo all’accesso dell’offerta tecnica

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 agosto 2020 n. 5167 (estensore Fantini) declara la piena legittimità del diniego opposto ad una actio ad exhibendum all’offerta tecnica in mancanza di un requisito, di stretta necessità, manifestato dal concorrente alla procedura di scelta del contraente.

È noto che il comma 5, lettera a) dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 prevede dei limiti all’accesso «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali», mentre al comma 6 del cit. articolo ammette «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto» rilevando che l’accesso agli atti di gara, delle procedure di appalto, non è pacificamente sempre integrale a fronte della deduzione di esigenze di difesa, essendo sempre necessario, nel bilanciamento – tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali ed il diritto all’esercizio del c.d. “accesso difensivo” – l’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate[1].

Continua a leggere