«Libero Pensatore» (sempre)

diritto accesso dei titoli ediliziIn ambito edilizio sono frequenti le richieste di accesso agli atti amministrativi e, più in generale, all’istruttoria documentale da parte di terzi con lo scopo di verificare l’assentibilità dell’intervento, ovvero acquisire informazioni in merito all’esecuzioni di lavori, sia nei confronti del proprietario committente che dell’operatore economico appaltatore.

Le richieste di accesso, da parte dei c.d. controinteressati, sono tese ad accertare la conformità degli interventi alla normativa urbanistico – edilizia (specie, in presenza di DIA/SCIA), allo scopo di attivare i poteri inibitori dell’Amministrazione, paralizzando l’attività del denunciante/richiedente sulla base del mero riscontro dell’illegittimità dell’attività posta in essere in mancanza dei requisiti; oppure, decorso il termine ordinatorio per le verifiche, chiedendo l’esercizio del potere di autotutela, sempre rinvenibile in presenza di attività fondata su documenti non veritieri.

Non è infrequente che l’acquisizione della documentazione del privato in presenza di titoli “liberi” (vedi, ad es. SCIA), essendo atti del privato privi di valore provvedimentale non risultano direttamente impugnabili dai terzi, sia proiettata alla verifica della documentazione prodotta e di riflesso garantire la tutela dell’interessato; tutela che si realizza attraverso la sollecitazione del potere sanzionatorio o di autotutela da parte della P.A. e, in caso di inerzia da parte di quest’ultima, attraverso l’impugnazione del silenzio rifiuto serbato o l’accertamento dell’illegittimità del comportamento omissivo tenuto dall’Amministrazione stessa, che non si sia attivata per inibire i lavori, dimostrando inequivocabilmente che l’accesso agli atti è strumentale alla verifica della legittimità di quanto prodotto in sede di dichiarazioni.

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Diritto di accesso dei titoli edilizi

Diritto di accesso dei titoli edilizi

diritto accesso dei titoli ediliziIn ambito edilizio sono frequenti le richieste di accesso agli atti amministrativi e, più in generale, all’istruttoria documentale da parte di terzi con lo scopo di verificare l’assentibilità dell’intervento, ovvero acquisire informazioni in merito all’esecuzioni di lavori, sia nei confronti del proprietario committente che dell’operatore economico appaltatore.

Le richieste di accesso, da parte dei c.d. controinteressati, sono tese ad accertare la conformità degli interventi alla normativa urbanistico – edilizia (specie, in presenza di DIA/SCIA), allo scopo di attivare i poteri inibitori dell’Amministrazione, paralizzando l’attività del denunciante/richiedente sulla base del mero riscontro dell’illegittimità dell’attività posta in essere in mancanza dei requisiti; oppure, decorso il termine ordinatorio per le verifiche, chiedendo l’esercizio del potere di autotutela, sempre rinvenibile in presenza di attività fondata su documenti non veritieri.

Non è infrequente che l’acquisizione della documentazione del privato in presenza di titoli “liberi” (vedi, ad es. SCIA), essendo atti del privato privi di valore provvedimentale non risultano direttamente impugnabili dai terzi, sia proiettata alla verifica della documentazione prodotta e di riflesso garantire la tutela dell’interessato; tutela che si realizza attraverso la sollecitazione del potere sanzionatorio o di autotutela da parte della P.A. e, in caso di inerzia da parte di quest’ultima, attraverso l’impugnazione del silenzio rifiuto serbato o l’accertamento dell’illegittimità del comportamento omissivo tenuto dall’Amministrazione stessa, che non si sia attivata per inibire i lavori, dimostrando inequivocabilmente che l’accesso agli atti è strumentale alla verifica della legittimità di quanto prodotto in sede di dichiarazioni.

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Con l’approvazione del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (c.d. Codice del Terzo settore) si è provveduto a rivedere la materia degli enti che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa (c.d. onlus e/o no profit), dando attuazione alla Legge 6 giugno 2016, n. 106, “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”.

La legge delega definisce immediatamente tra le finalità, al comma 1 dell’art. 1, il “Terzo settore” come «il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche».

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Convenzioni con il “Terzo settore”

Convenzioni con il “Terzo settore”

Con l’approvazione del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (c.d. Codice del Terzo settore) si è provveduto a rivedere la materia degli enti che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa (c.d. onlus e/o no profit), dando attuazione alla Legge 6 giugno 2016, n. 106, “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”.

La legge delega definisce immediatamente tra le finalità, al comma 1 dell’art. 1, il “Terzo settore” come «il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche».

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Va subito premesso che, ai sensi dell’art. 33, comma primo, punto 1) della Legge n. 1150/1942 (c.d. Legge urbanistica), con norma del regolamento edilizio bisognava (un vero e proprio obbligo) stabilire «la formazione, le attribuzioni e il funzionamento della Commissione edilizia comunale»; norma abrogata espressamente dall’art. 136, comma 2, lettera b) del d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che all’art. 4, ultimo comma, faceva, comunque salva, la possibilità «nel caso in cui il comune intenda istituire la Commissione edilizia» affidare al regolamento edilizio l’indicazione degli interventi sottoposti al preventivo parere di tale organo consultivo.

Si ricava, dalla lettura sistematica delle norme, che attraverso il regolamento edilizio l’Amministrazione comunale ha la facoltà di istituire la Commissione edilizia comunale, quale organo consultivo su un catalogo di interventi ben definito, con compiti ausiliari di natura istruttoria preventiva, prima di concludere l’iter istruttorio e la decisione finale.

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Libera commissione edilizia

Libera commissione edilizia

Va subito premesso che, ai sensi dell’art. 33, comma primo, punto 1) della Legge n. 1150/1942 (c.d. Legge urbanistica), con norma del regolamento edilizio bisognava (un vero e proprio obbligo) stabilire «la formazione, le attribuzioni e il funzionamento della Commissione edilizia comunale»; norma abrogata espressamente dall’art. 136, comma 2, lettera b) del d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che all’art. 4, ultimo comma, faceva, comunque salva, la possibilità «nel caso in cui il comune intenda istituire la Commissione edilizia» affidare al regolamento edilizio l’indicazione degli interventi sottoposti al preventivo parere di tale organo consultivo.

Si ricava, dalla lettura sistematica delle norme, che attraverso il regolamento edilizio l’Amministrazione comunale ha la facoltà di istituire la Commissione edilizia comunale, quale organo consultivo su un catalogo di interventi ben definito, con compiti ausiliari di natura istruttoria preventiva, prima di concludere l’iter istruttorio e la decisione finale.

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Il diritto di accesso documentale (o difensivo) si atteggia a “diritto fondamentale di difesa”, poiché laddove sia negata la conoscenza della documentazione, il diritto di difesa perde di effettività.

Tale diritto di difesa prevale sulla riservatezza dei terzi e, in base al combinato disposto degli artt. 24 della legge n. 241 del 1990 e 60 del d.lgs. n. 196 del 2003, quando l’accesso sia strumentale alla tutela di propri interessi in giudizio, l’accesso può essere negato solo in presenza dei c.d. dati supersensibili (stato di salute o vita sessuale), a meno che non si rientri nei casi di documenti sottratti ab origine all’accesso, l’accesso deve essere consentito.

In effetti, quando sussiste la visione degli atti a scopo difensivo vi è l’integrale estrazione degli stessi una volta che l’istante abbia dimostrato il proprio interesse, con l’inevitabile conseguenza che è illegittimo il divieto di estrarre copia o la limitazione dell’accesso alla sola visione degli atti, poiché spesso non è sufficiente a consentire la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi.

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Il diritto di accesso alle dichiarazioni

Il diritto di accesso alle dichiarazioni

Il diritto di accesso documentale (o difensivo) si atteggia a “diritto fondamentale di difesa”, poiché laddove sia negata la conoscenza della documentazione, il diritto di difesa perde di effettività.

Tale diritto di difesa prevale sulla riservatezza dei terzi e, in base al combinato disposto degli artt. 24 della legge n. 241 del 1990 e 60 del d.lgs. n. 196 del 2003, quando l’accesso sia strumentale alla tutela di propri interessi in giudizio, l’accesso può essere negato solo in presenza dei c.d. dati supersensibili (stato di salute o vita sessuale), a meno che non si rientri nei casi di documenti sottratti ab origine all’accesso, l’accesso deve essere consentito.

In effetti, quando sussiste la visione degli atti a scopo difensivo vi è l’integrale estrazione degli stessi una volta che l’istante abbia dimostrato il proprio interesse, con l’inevitabile conseguenza che è illegittimo il divieto di estrarre copia o la limitazione dell’accesso alla sola visione degli atti, poiché spesso non è sufficiente a consentire la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi.

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L’ultimo comma dell’articolo 97 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che «Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge», con l’intento di privilegiare un’azione amministrativa neutra, approvvigionandosi delle “risorse umane” mediante meccanismi trasparenti di regole, in assonanza con un altro principio costituzionale di “uguaglianza” di tutti cittadini davanti alla legge, canonizzato nell’art. 3 Cost., sotto i profili formali e sostanziali della norma.

A ben vedere, nella Costituzione, il richiamo ai “cittadini” non ha riguardato solo l’ammissione al “pubblico impiego” in quanto tale, ma l’esercizio degli “uffici pubblici”, le “cariche elettive” e le “funzioni pubbliche” (ex artt. 51 e 54 Cost.), volendo affermare che l’accesso alla funzione pubblica va intesa nel senso che deve esservi «l’uguaglianza dei cittadini senza discriminazioni e limiti».

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Concorsi interni e progressioni verticali: altra deroga

Concorsi interni e progressioni verticali: altra deroga

L’ultimo comma dell’articolo 97 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che «Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge», con l’intento di privilegiare un’azione amministrativa neutra, approvvigionandosi delle “risorse umane” mediante meccanismi trasparenti di regole, in assonanza con un altro principio costituzionale di “uguaglianza” di tutti cittadini davanti alla legge, canonizzato nell’art. 3 Cost., sotto i profili formali e sostanziali della norma.

A ben vedere, nella Costituzione, il richiamo ai “cittadini” non ha riguardato solo l’ammissione al “pubblico impiego” in quanto tale, ma l’esercizio degli “uffici pubblici”, le “cariche elettive” e le “funzioni pubbliche” (ex artt. 51 e 54 Cost.), volendo affermare che l’accesso alla funzione pubblica va intesa nel senso che deve esservi «l’uguaglianza dei cittadini senza discriminazioni e limiti».

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L’art. 42 del Codice dei contratti (ex D.Lgs. n. 50/2016) afferma che si ha conflitto d’interessi quando un soggetto interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, avendo, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza, a presidio anche dei valori di trasparenza (alias concorrenza, come voluto in ambito comunitario).

Nella condotta da mantenere si richiama espressamente l’obbligo di astensione (da parte di tutti i soggetti coinvolti) previsto dall’articolo 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, in presenza «di interessi propri ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente», e con una disposizione di chiusura «in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza».

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Il conflitto di interessi nel Codice dei contratti

Il conflitto di interessi nel Codice dei contratti

L’art. 42 del Codice dei contratti (ex D.Lgs. n. 50/2016) afferma che si ha conflitto d’interessi quando un soggetto interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, avendo, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza, a presidio anche dei valori di trasparenza (alias concorrenza, come voluto in ambito comunitario).

Nella condotta da mantenere si richiama espressamente l’obbligo di astensione (da parte di tutti i soggetti coinvolti) previsto dall’articolo 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, in presenza «di interessi propri ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente», e con una disposizione di chiusura «in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza».

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