«Libero Pensatore» (sempre)

La sez. seconda della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19 ottobre 2020 n. 22652, conferma un orientamento consolidato secondo il quale il rapporto negoziale, ossia il vincolo giuridico, si perfeziona con l’incontro di volontà mediante atto scritto (forma ad substantiam) o lo scambio di corrispondenza (proposta e accettazione), non rilevando gli atti interni della P.A. (deliberazioni o determinazioni) incapaci di perfezionare validamente le obbligazioni giuridiche delle parti.

L’obbligazione sorge con la sottoscrizione del contratto, osservando la forma scritta ad substantiam[1], con le precisazioni che seguono con riferimento agli incarichi legali.

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Perfezionamento dell’incarico di servizi legali

Perfezionamento dell’incarico di servizi legali

La sez. seconda della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19 ottobre 2020 n. 22652, conferma un orientamento consolidato secondo il quale il rapporto negoziale, ossia il vincolo giuridico, si perfeziona con l’incontro di volontà mediante atto scritto (forma ad substantiam) o lo scambio di corrispondenza (proposta e accettazione), non rilevando gli atti interni della P.A. (deliberazioni o determinazioni) incapaci di perfezionare validamente le obbligazioni giuridiche delle parti.

L’obbligazione sorge con la sottoscrizione del contratto, osservando la forma scritta ad substantiam[1], con le precisazioni che seguono con riferimento agli incarichi legali.

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Si può validamente sostenere che una volta manifestati il consenso negoziale, con la sottoscrizione del contratto, gli atti unilaterali della P.A. di annullamento in autotutela diretti a sottrarsi agli obblighi consensuali, anche in relazione ad un supposto o sopraggiunto squilibrio economico che rivela non conveniente la decisione assunta o l’eventuale illegittimità della procedura di vendita, postulano l’esaurimento del potere amministrativo una volta cessati o prodotti gli effetti del contratto, dovendo semmai azionare i dovuti istituti civilistici, a garanzia del sinallagma contrattuale, in adesione ai principi di correttezza e buona fede che governano le relazioni in ambito privatistico.

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Nessuna autotutela decisoria nella vendita di un bene pubblico dopo la manifestazione del consenso negoziale

Nessuna autotutela decisoria nella vendita di un bene pubblico dopo la manifestazione del consenso negoziale

Si può validamente sostenere che una volta manifestati il consenso negoziale, con la sottoscrizione del contratto, gli atti unilaterali della P.A. di annullamento in autotutela diretti a sottrarsi agli obblighi consensuali, anche in relazione ad un supposto o sopraggiunto squilibrio economico che rivela non conveniente la decisione assunta o l’eventuale illegittimità della procedura di vendita, postulano l’esaurimento del potere amministrativo una volta cessati o prodotti gli effetti del contratto, dovendo semmai azionare i dovuti istituti civilistici, a garanzia del sinallagma contrattuale, in adesione ai principi di correttezza e buona fede che governano le relazioni in ambito privatistico.

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La prima sez. del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, con la sentenza 22 settembre 2020 n. 327 dichiara l’illegittimità di un’aggiudicazione ad un operatore economico che ha presentato un prodotto con caratteristiche tecniche diverse rispetto a quelle espressamente richieste, quando l’equivalenza viene esclusa in presenza di “specifiche minime” non ritraibili.

In effetti, si può subito rilevare che deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti espressamente per la partecipazione alla gara[1].

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Specifiche tecniche, equivalenza e causa di esclusione

Specifiche tecniche, equivalenza e causa di esclusione

La prima sez. del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, con la sentenza 22 settembre 2020 n. 327 dichiara l’illegittimità di un’aggiudicazione ad un operatore economico che ha presentato un prodotto con caratteristiche tecniche diverse rispetto a quelle espressamente richieste, quando l’equivalenza viene esclusa in presenza di “specifiche minime” non ritraibili.

In effetti, si può subito rilevare che deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti espressamente per la partecipazione alla gara[1].

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La sez. II del T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza 15 settembre 2020, n. 1143, dichiara la legittimità di una procedura di revoca dell’aggiudicazione, avviata con richiesta d’offerta sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (cd. RDO), a seguito dell’adesione di una convenzione di un soggetto aggregatore, ex art. 26 della legge n. 488/1999 e art. 1, comma 499, della legge n. 208/2015, giustificata da un risparmio di spesa.

Di converso, sussiste la facoltà per le Amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro, rilevando che qualora più convenienti l’Amministrazione ben può ricorrere, senza peraltro un’articolata motivazione[1].

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Revoca aggiudicazione e risparmi di spesa

Revoca aggiudicazione e risparmi di spesa

La sez. II del T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza 15 settembre 2020, n. 1143, dichiara la legittimità di una procedura di revoca dell’aggiudicazione, avviata con richiesta d’offerta sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (cd. RDO), a seguito dell’adesione di una convenzione di un soggetto aggregatore, ex art. 26 della legge n. 488/1999 e art. 1, comma 499, della legge n. 208/2015, giustificata da un risparmio di spesa.

Di converso, sussiste la facoltà per le Amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro, rilevando che qualora più convenienti l’Amministrazione ben può ricorrere, senza peraltro un’articolata motivazione[1].

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  1. Il caso e la ratio. 2. Interpretazione rigorosa. 3. La natura dei Consorzi di bonifica. 4. La composizione del Consorzio di bonifica. 5. L’esercizio dei poteri. 6. Il principio di separazione. 7. Precisazioni sull’inquadramento dei Consorzi di bonifica. 8. Modello organizzativo e separazione dei poteri nei Consorzi di bonifica. 9. I poteri del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica. 10. La mancanza di deleghe ai componenti del Consiglio di amministrazione (soluzione del caso).

 Il caso e la ratio

La questione posta verte sulla possibilità di nominare un consigliere comunale (di un comune superiore a 15.ooo abitanti), quale componente di un Consiglio di amministrazione di un Consorzio di bonifica (caso estendibile ad altri soggetti, ad es. società); componente privo di deleghe, e, dunque, escludendo (o meno) l’ipotesi di inconferibilità o incompatibilità, di cui al d.lgs. n. 39/2013.

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Analisi della disciplina sulla inconferibilità/incompatibilità ai fini della nomina regionale di un componente del C.d.a. di un Consorzio di bonifica (ente pubblico economico)

Analisi della disciplina sulla inconferibilità/incompatibilità ai fini della nomina regionale di un componente del C.d.a. di un Consorzio di bonifica (ente pubblico economico)
  1. Il caso e la ratio. 2. Interpretazione rigorosa. 3. La natura dei Consorzi di bonifica. 4. La composizione del Consorzio di bonifica. 5. L’esercizio dei poteri. 6. Il principio di separazione. 7. Precisazioni sull’inquadramento dei Consorzi di bonifica. 8. Modello organizzativo e separazione dei poteri nei Consorzi di bonifica. 9. I poteri del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica. 10. La mancanza di deleghe ai componenti del Consiglio di amministrazione (soluzione del caso).

 Il caso e la ratio

La questione posta verte sulla possibilità di nominare un consigliere comunale (di un comune superiore a 15.ooo abitanti), quale componente di un Consiglio di amministrazione di un Consorzio di bonifica (caso estendibile ad altri soggetti, ad es. società); componente privo di deleghe, e, dunque, escludendo (o meno) l’ipotesi di inconferibilità o incompatibilità, di cui al d.lgs. n. 39/2013.

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La sez. II del T.A.R. Sicilia, Palermo, con la sentenza 30 luglio 2020 n. 1673, celebra le capacità e i poteri del responsabile unico del procedimento (RUP), titolare di una competenza che si estende sino all’adozione dei provvedimenti di esclusione dei concorrenti, nel procedimento di individuazione del contraente: l’anima che regge l’intero apparato pubblico delle gare in qualità di dominus.

Detta affermazione consente di lumeggiare nell’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica: già sin da subito la cit. disciplina si cura di individuare il momento di nomina del RUP, stabilendo che debba avvenire «per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una concessione le stazioni appaltanti individuano, nell’atto di adozione o di aggiornamento dei programmi di cui all’articolo 21, comma 1, ovvero nell’atto di avvio relativo ad ogni singolo intervento per le esigenze non incluse in programmazione, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione» (ex comma 1, prima parte, dell’art. 31, «Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni», del d.lgs. n. 50/2016)[1].

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Il dominus del procedimento di gara: il RUP

Il dominus del procedimento di gara: il RUP

La sez. II del T.A.R. Sicilia, Palermo, con la sentenza 30 luglio 2020 n. 1673, celebra le capacità e i poteri del responsabile unico del procedimento (RUP), titolare di una competenza che si estende sino all’adozione dei provvedimenti di esclusione dei concorrenti, nel procedimento di individuazione del contraente: l’anima che regge l’intero apparato pubblico delle gare in qualità di dominus.

Detta affermazione consente di lumeggiare nell’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica: già sin da subito la cit. disciplina si cura di individuare il momento di nomina del RUP, stabilendo che debba avvenire «per ogni singola procedura per l’affidamento di un appalto o di una concessione le stazioni appaltanti individuano, nell’atto di adozione o di aggiornamento dei programmi di cui all’articolo 21, comma 1, ovvero nell’atto di avvio relativo ad ogni singolo intervento per le esigenze non incluse in programmazione, un responsabile unico del procedimento (RUP) per le fasi della programmazione, della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione» (ex comma 1, prima parte, dell’art. 31, «Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni», del d.lgs. n. 50/2016)[1].

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