«Libero Pensatore» (sempre)

In generale, non è vietato l’acquisto di beni immobili da parte della PA, essendo riconosciuta dall’Ordinamento giuridico la capacità di porre in essere contratti di diritto privato (c.d. autonomia negoziale) nel perseguimento del pubblico interesse, a condizione che l’operazione sia adeguatamente motivata, rispetti le regole di trasparenza nell’individuazione del bene, siano valutate le condizioni di costi/benefici[1].

L’acquisto se giustificato da ragioni di pubblico interesse, se valutato il bene al prezzo conveniente, non può costituire motivo di responsabilità erariale, se, successivamente all’acquisto, la sua destinazione non risulta più conveniente, per le mutate situazioni in gioco sugli assetti territoriali.

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Acquisizione di area industriale da un fallimento

Acquisizione di area industriale da un fallimento

In generale, non è vietato l’acquisto di beni immobili da parte della PA, essendo riconosciuta dall’Ordinamento giuridico la capacità di porre in essere contratti di diritto privato (c.d. autonomia negoziale) nel perseguimento del pubblico interesse, a condizione che l’operazione sia adeguatamente motivata, rispetti le regole di trasparenza nell’individuazione del bene, siano valutate le condizioni di costi/benefici[1].

L’acquisto se giustificato da ragioni di pubblico interesse, se valutato il bene al prezzo conveniente, non può costituire motivo di responsabilità erariale, se, successivamente all’acquisto, la sua destinazione non risulta più conveniente, per le mutate situazioni in gioco sugli assetti territoriali.

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Una serie di norme, non ultime quelle della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), hanno imposto agli Organi di revisione economico-finanziaria degli Enti locali, una serie di doveri e obblighi finalizzati a garantire, in generale, il rispetto e l’osservanza delle regole di contabilità pubblica, da ricomprendere dei doveri di segnalazione (intervento proattivo) in presenza di grave irregolarità contabile e finanziaria, in ordine alle quali l’Amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate, a tutela dell’equilibrio finanziario (e sostenibilità del debito) dell’Ente, in piena aderenza ai canoni costituzionali, già presenti nell’art. 97 Cost., non solo al primo comma e l’armonizzazione contabile.

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Il parere dell’organo di revisione del Comune sulle variazioni d’urgenza di bilancio

Il parere dell’organo di revisione del Comune sulle variazioni d’urgenza di bilancio

Una serie di norme, non ultime quelle della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), hanno imposto agli Organi di revisione economico-finanziaria degli Enti locali, una serie di doveri e obblighi finalizzati a garantire, in generale, il rispetto e l’osservanza delle regole di contabilità pubblica, da ricomprendere dei doveri di segnalazione (intervento proattivo) in presenza di grave irregolarità contabile e finanziaria, in ordine alle quali l’Amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate, a tutela dell’equilibrio finanziario (e sostenibilità del debito) dell’Ente, in piena aderenza ai canoni costituzionali, già presenti nell’art. 97 Cost., non solo al primo comma e l’armonizzazione contabile.

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Si può ammettere la decadenza del consigliere comunale assenteista motivata dal mancato esercizio del munus publicum), un’assenza alla partecipazione delle sedute dell’organo consiliare, sintomo normativamente previsto che, a seguito di un procedimento in contraddittorio con l’interessato, può portare alla cessazione della carica per una protratta inerzia ingiustificata al proprio dovere di garantire da una parte, la funzionalità del Consiglio, dall’altra parte (a volte ritenuta secondaria), l’esercizio del mandato in rappresentanza dei cittadini elettori[1].

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La decadenza del consigliere assenteista silente

La decadenza del consigliere assenteista silente

Si può ammettere la decadenza del consigliere comunale assenteista motivata dal mancato esercizio del munus publicum), un’assenza alla partecipazione delle sedute dell’organo consiliare, sintomo normativamente previsto che, a seguito di un procedimento in contraddittorio con l’interessato, può portare alla cessazione della carica per una protratta inerzia ingiustificata al proprio dovere di garantire da una parte, la funzionalità del Consiglio, dall’altra parte (a volte ritenuta secondaria), l’esercizio del mandato in rappresentanza dei cittadini elettori[1].

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La sez. VII del Consiglio di Stato, con la sentenza 23 agosto 2024, n. 7220, interviene per chiarire le potestà della PA sui beni del patrimonio indisponibile dati in concessione (ex alloggio di servizio, ma l’esempio può estendersi a qualsiasi compendio di beni)[1] ad un privato (fondazione), dove prevale la manifestazione del consenso espresso, non potendo desumere la volontà (della PA) per implicito, e neppure pretendere un affidamento diretto protratto (in eterno, secondo la formula dell’Antico Testamento, «di generazione in generazione»)[2].

Pare giusto, rammentare – a margine – che, in caso di rinnovo, ossia nell’esercizio di un potere provvedimentale, la legittimità si rapporta con la regola tempus regit actum, che governa l’adozione dei provvedimenti amministrativi e che esclude l’ipotizzabilità di un’illegittimità postuma di questi[3].

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Concessione – assegnazione – rinnovo di un bene pubblico del patrimonio indisponibile

Concessione – assegnazione – rinnovo di un bene pubblico del patrimonio indisponibile

La sez. VII del Consiglio di Stato, con la sentenza 23 agosto 2024, n. 7220, interviene per chiarire le potestà della PA sui beni del patrimonio indisponibile dati in concessione (ex alloggio di servizio, ma l’esempio può estendersi a qualsiasi compendio di beni)[1] ad un privato (fondazione), dove prevale la manifestazione del consenso espresso, non potendo desumere la volontà (della PA) per implicito, e neppure pretendere un affidamento diretto protratto (in eterno, secondo la formula dell’Antico Testamento, «di generazione in generazione»)[2].

Pare giusto, rammentare – a margine – che, in caso di rinnovo, ossia nell’esercizio di un potere provvedimentale, la legittimità si rapporta con la regola tempus regit actum, che governa l’adozione dei provvedimenti amministrativi e che esclude l’ipotizzabilità di un’illegittimità postuma di questi[3].

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La sez. giur. Campania, della Corte dei conti, con la sentenza n. 430 del 18 agosto 2024, condanna alcuni impiegati pubblici infedeli (operanti all’interno dell’area contabile dei contratti di un ente territoriale) e il tesoriere (istituto bancario affidatario del servizio di tesoreria, a titolo con partecipazione) per la liquidazione di mandati di pagamento a fronte di prestazioni fittizie, falsificando la realtà e la verità, che ne connota il reato, la c.d. fede pubblica.

In termini più divulgativi, è emerso che venivano effettuati pagamenti al tesoriere senza controlli di sorta, su mandati del tutto falsi, poiché riferiti ad attività mai eseguite, rectius crediti inesistenti.

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Erronei pagamenti dolosi: un caso

Erronei pagamenti dolosi: un caso

La sez. giur. Campania, della Corte dei conti, con la sentenza n. 430 del 18 agosto 2024, condanna alcuni impiegati pubblici infedeli (operanti all’interno dell’area contabile dei contratti di un ente territoriale) e il tesoriere (istituto bancario affidatario del servizio di tesoreria, a titolo con partecipazione) per la liquidazione di mandati di pagamento a fronte di prestazioni fittizie, falsificando la realtà e la verità, che ne connota il reato, la c.d. fede pubblica.

In termini più divulgativi, è emerso che venivano effettuati pagamenti al tesoriere senza controlli di sorta, su mandati del tutto falsi, poiché riferiti ad attività mai eseguite, rectius crediti inesistenti.

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La fonte

L’art. 156, Classi demografiche e popolazione residente, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) stabilisce al comma 1 che «Ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:

  1. a) comuni con meno di 500 abitanti;
  2. b) comuni da 500 a 999 abitanti;
  3. c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
  4. d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
  5. e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
  6. f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
  7. g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
  8. h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
  9. i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
  10. l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
  11. m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
  12. n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre».

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Effetti sugli organi del Comune delle variazioni demografiche

Effetti sugli organi del Comune delle variazioni demografiche

La fonte

L’art. 156, Classi demografiche e popolazione residente, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) stabilisce al comma 1 che «Ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:

  1. a) comuni con meno di 500 abitanti;
  2. b) comuni da 500 a 999 abitanti;
  3. c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
  4. d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
  5. e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
  6. f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
  7. g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
  8. h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
  9. i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
  10. l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
  11. m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
  12. n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre».

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