«Libero Pensatore» (sempre)

Nel nuovo DPCM del 14 gennaio 2021 contenente le misure per il contrasto e il contenimento dell’emergenza pandemica (ultimo vagito di un Governo, definito da alcuni, del “porta voce”) al comma 10, lettera z), dell’art. 1, Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale, leggiamo – proprio allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 (per i banchi scolastici l’“impresa” ha mostrato tutti gli effetti positivi per la produzione post industriale interna e gli investimenti sulla scuola dell’avvenire)[1] sull’intero territorio nazionale (senza distinzione di colori o appartenenze) – dopo aver affermato che sono sospese «lo svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private» si ammettono (una vera concessione di libertà e umanità) delle deroghe: sono esclusi (dunque, è possibile):

  1. «i casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica»;
  2. «i concorsi per il personale del servizio sanitario nazionale, ivi compresi, ove richiesti, gli esami di Stato e di abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo e di quelli per il personale della protezione civile».

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Riflessioni sul fenomeno COVID-19 e l’impatto nei concorsi pubblici, all’ombra dei DPCM e alla luce della Curia

Riflessioni sul fenomeno COVID-19 e l’impatto nei concorsi pubblici, all’ombra dei DPCM e alla luce della Curia

Nel nuovo DPCM del 14 gennaio 2021 contenente le misure per il contrasto e il contenimento dell’emergenza pandemica (ultimo vagito di un Governo, definito da alcuni, del “porta voce”) al comma 10, lettera z), dell’art. 1, Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale, leggiamo – proprio allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 (per i banchi scolastici l’“impresa” ha mostrato tutti gli effetti positivi per la produzione post industriale interna e gli investimenti sulla scuola dell’avvenire)[1] sull’intero territorio nazionale (senza distinzione di colori o appartenenze) – dopo aver affermato che sono sospese «lo svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private» si ammettono (una vera concessione di libertà e umanità) delle deroghe: sono esclusi (dunque, è possibile):

  1. «i casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica»;
  2. «i concorsi per il personale del servizio sanitario nazionale, ivi compresi, ove richiesti, gli esami di Stato e di abilitazione all’esercizio della professione di medico chirurgo e di quelli per il personale della protezione civile».

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La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 215 del 7 gennaio 2021, conferma un orientamento sulla giurisdizione ordinaria in caso di controversia sulla decadenza della nomina ricoperta al Consiglio Superiore della Magistratura, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro (pensionamento), quando il suddetto rapporto costituiva un requisito per l’elezione e la sua permanenza in carica.

L’appellante riferiva di essere stato eletto Consigliere del CSM, primo nel collegio nazionale comprendente i magistrati con funzioni di legittimità, con conseguente collocamento in posizione di fuori ruolo nell’organico della Magistratura, a seguito del compimento del settantesimo anno veniva collocato obbligatoriamente a riposo, con l’anticipata cessazione della carica rispetto alla durata ordinaria e la sua sostituzione con altro soggetto “togato.

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La giurisdizione ordinaria per la perdita della carica elettiva (al CSM)

La giurisdizione ordinaria per la perdita della carica elettiva (al CSM)

La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 215 del 7 gennaio 2021, conferma un orientamento sulla giurisdizione ordinaria in caso di controversia sulla decadenza della nomina ricoperta al Consiglio Superiore della Magistratura, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro (pensionamento), quando il suddetto rapporto costituiva un requisito per l’elezione e la sua permanenza in carica.

L’appellante riferiva di essere stato eletto Consigliere del CSM, primo nel collegio nazionale comprendente i magistrati con funzioni di legittimità, con conseguente collocamento in posizione di fuori ruolo nell’organico della Magistratura, a seguito del compimento del settantesimo anno veniva collocato obbligatoriamente a riposo, con l’anticipata cessazione della carica rispetto alla durata ordinaria e la sua sostituzione con altro soggetto “togato.

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La sez. III bis Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 18 dicembre 2020, n. 13692, affronta una questione sempre più pervasiva della vita giuridica, dove nei processi decisionali, con efficacia nella sfera giuridica del destinatario, ex art. 21 bis della legge n 241/1990, provvede una macchina: l’algoritmo sostituisce l’attività umana, integrando la fonte regolamentare e disponendo il merito.

I programmi informatici, il caricamento di documenti nelle piattaforme on line, le selezioni operate dai software nella piena digitalizzazione del procedimento amministrativo (vedi, la figura del RTD), con l’abbandono dell’analogico, portano ad assimilare sempre più la IA (intelligenza artificiale) alla condotta umana, e, dunque, il procedimento amministrativo digitale, inteso nelle sue diverse fasi e processi informatici, deve consentire l’accesso al “codice sorgente”, se tale accesso è strumentale e funzionale alla determinazione finale: il provvedimento espulsivo o l’esito selettivo, ovvero, l’aggiudicazione o l’esclusione concorsuale[1].

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Accesso all’algoritmo concorsuale

Accesso all’algoritmo concorsuale

La sez. III bis Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 18 dicembre 2020, n. 13692, affronta una questione sempre più pervasiva della vita giuridica, dove nei processi decisionali, con efficacia nella sfera giuridica del destinatario, ex art. 21 bis della legge n 241/1990, provvede una macchina: l’algoritmo sostituisce l’attività umana, integrando la fonte regolamentare e disponendo il merito.

I programmi informatici, il caricamento di documenti nelle piattaforme on line, le selezioni operate dai software nella piena digitalizzazione del procedimento amministrativo (vedi, la figura del RTD), con l’abbandono dell’analogico, portano ad assimilare sempre più la IA (intelligenza artificiale) alla condotta umana, e, dunque, il procedimento amministrativo digitale, inteso nelle sue diverse fasi e processi informatici, deve consentire l’accesso al “codice sorgente”, se tale accesso è strumentale e funzionale alla determinazione finale: il provvedimento espulsivo o l’esito selettivo, ovvero, l’aggiudicazione o l’esclusione concorsuale[1].

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La sentenza

La prima sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 2077 del 18 dicembre 2020 (in piena coerenza con altra sentenza del 18 dicembre 2020, n. 2075)[1], interviene per annullare un’ordinanza sindacale di chiusura delle scuole, a seguito dell’intensificarsi del contagio da Covid-19, in assenza di “dati certi” idonei a sostenere la lecita sospensione dell’attività didattica a tutela della popolazione e dei minori.

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Illegittimità del potere di ordinanza sindacale di chiusura delle scuole per emergenza Covid-19: una questione etica

Illegittimità del potere di ordinanza sindacale di chiusura delle scuole per emergenza Covid-19: una questione etica

La sentenza

La prima sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 2077 del 18 dicembre 2020 (in piena coerenza con altra sentenza del 18 dicembre 2020, n. 2075)[1], interviene per annullare un’ordinanza sindacale di chiusura delle scuole, a seguito dell’intensificarsi del contagio da Covid-19, in assenza di “dati certi” idonei a sostenere la lecita sospensione dell’attività didattica a tutela della popolazione e dei minori.

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La sez. II del T.A.R. Toscana, con la sentenza 11 dicembre 2020 n. 1630 (Est. Fenicia) interviene nell’inquadrare il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti di una partecipata dell’Amministrazione (società a maggioranza comunale): un diritto inerente lo status codificato dall’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000.

La norma dispone che i consiglieri «hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge».

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Pieno diritto di accesso del consigliere comunale agli atti di una società partecipata

Pieno diritto di accesso del consigliere comunale agli atti di una società partecipata

La sez. II del T.A.R. Toscana, con la sentenza 11 dicembre 2020 n. 1630 (Est. Fenicia) interviene nell’inquadrare il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti di una partecipata dell’Amministrazione (società a maggioranza comunale): un diritto inerente lo status codificato dall’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000.

La norma dispone che i consiglieri «hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge».

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La sez. II quater Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 9 dicembre 2020, n. 13188 interviene per limitare il diritto di accesso del confinante, ove non sia dimostrato un interesse giuridicamente rilevante alla documentazione amministrativa autorizzativa del titolo edilizio: il mero interesse alla generica tutela individuale (del proprio nucleo familiare) o alla vigilanza sul corretto sviluppo urbano non sostanzia una posizione qualificata.

È noto che il diritto di accesso non è meramente strumentale alla proposizione di un’azione giudiziale, ma assume un carattere autonomo rispetto ad essa (essendo la situazione legittimante all’accesso autonoma e distinta da quella legittimante all’impugnativa giudiziale e dall’esito stesso di questa impugnativa)[1], con la conseguenza pratica che il rimedio speciale, previsto a tutela del diritto di accesso, deve ritenersi consentito anche se l’interessato non può più agire, o non possa ancora agire, in sede giurisdizionale, in quanto l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la possibilità di utilizzare gli atti richiesti in un giudizio[2].

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Limiti al diritto di accesso (emulativo) dei titoli edilizi da parte del confinante

Limiti al diritto di accesso (emulativo) dei titoli edilizi da parte del confinante

La sez. II quater Roma del T.A.R. Lazio, con la sentenza 9 dicembre 2020, n. 13188 interviene per limitare il diritto di accesso del confinante, ove non sia dimostrato un interesse giuridicamente rilevante alla documentazione amministrativa autorizzativa del titolo edilizio: il mero interesse alla generica tutela individuale (del proprio nucleo familiare) o alla vigilanza sul corretto sviluppo urbano non sostanzia una posizione qualificata.

È noto che il diritto di accesso non è meramente strumentale alla proposizione di un’azione giudiziale, ma assume un carattere autonomo rispetto ad essa (essendo la situazione legittimante all’accesso autonoma e distinta da quella legittimante all’impugnativa giudiziale e dall’esito stesso di questa impugnativa)[1], con la conseguenza pratica che il rimedio speciale, previsto a tutela del diritto di accesso, deve ritenersi consentito anche se l’interessato non può più agire, o non possa ancora agire, in sede giurisdizionale, in quanto l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la possibilità di utilizzare gli atti richiesti in un giudizio[2].

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