«Libero Pensatore» (sempre)

L’attività ad iniziativa del privato

È noto che l’attività oggetto della segnalazione (ex art. 19, comma 2 della legge n. 241/1990) può essere iniziata, anche nei casi di cui all’articolo 19 bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente, con la conseguenza che in mancanza dei requisiti o dei presupposti l’attività di controllo è limitata in un stretto arco temporale definito, trascorso il quale gli effetti si consolidano, salvo i poteri di annullamento d’ufficio (ovvero, di vigilanza in materia urbanistica – edilizia), esprimendo le sorti di uno strumento giuridico di accelerazione, semplificazione e liberalizzazione delle attività di iniziativa dei privati.

In questo senso, la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, imponendo ai terzi («gli interessati») eventualmente danneggiati (dalla sua illegittimità) di sollecitare l’Amministrazione alle verifiche c.d. repressive/inibitorie (un dovere sull’an)[1] e in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione avverso il silenzio (inadempimento): una violazione dall’obbligo di provvedere, ex art. 2 della legge n. 241/1990[2].

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Attività privata in ambito edilizio, tutela del terzo e obbligo di provvedere della P.A.

Attività privata in ambito edilizio, tutela del terzo e obbligo di provvedere della P.A.

L’attività ad iniziativa del privato

È noto che l’attività oggetto della segnalazione (ex art. 19, comma 2 della legge n. 241/1990) può essere iniziata, anche nei casi di cui all’articolo 19 bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente, con la conseguenza che in mancanza dei requisiti o dei presupposti l’attività di controllo è limitata in un stretto arco temporale definito, trascorso il quale gli effetti si consolidano, salvo i poteri di annullamento d’ufficio (ovvero, di vigilanza in materia urbanistica – edilizia), esprimendo le sorti di uno strumento giuridico di accelerazione, semplificazione e liberalizzazione delle attività di iniziativa dei privati.

In questo senso, la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, imponendo ai terzi («gli interessati») eventualmente danneggiati (dalla sua illegittimità) di sollecitare l’Amministrazione alle verifiche c.d. repressive/inibitorie (un dovere sull’an)[1] e in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione avverso il silenzio (inadempimento): una violazione dall’obbligo di provvedere, ex art. 2 della legge n. 241/1990[2].

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La legittimazione

La sez. giur. del C.G.A.R.S., con il decreto del 4 marzo 2022, n. 91, interviene per riaffermare i confini della legittimazione del consigliere comunale a fronte della violazione dei propri diritti afferenti alla lesione del munus publicum.

La legittimazione da parte del consigliere comunale, al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento, ad impugnare le deliberazioni emanate dal consiglio è ammissibile solo quando esse ledano un suo interesse personale diretto, sicché il consigliere dell’Ente locale non può impugnare le deliberazioni con le quali è semplicemente in disaccordo, perché ciò significherebbe trasporre e continuare nelle sedi di giustizia la competizione che lo ha visto in minoranza, gravando le sedi medesime di decisioni che competono all’organo collegiale elettivo[1].

La questione, nella sua essenzialità, verteva sul difetto di legittimazione e difetto di interesse alla proposizione di un ricorso proposto da un consigliere comunale avverso un atto consigliare, ove si intendeva contrastare l’errato conteggio dei voti, e dunque l’esito del deliberato in relazione alle evidenti ripercussioni sull’esercizio delle funzioni e delle prerogative connesse all’incarico ricoperto (e alla stessa esistenza dell’organo).

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La legittimazione del consigliere comunale sull’errato conteggio dei voti

La legittimazione del consigliere comunale sull’errato conteggio dei voti

La legittimazione

La sez. giur. del C.G.A.R.S., con il decreto del 4 marzo 2022, n. 91, interviene per riaffermare i confini della legittimazione del consigliere comunale a fronte della violazione dei propri diritti afferenti alla lesione del munus publicum.

La legittimazione da parte del consigliere comunale, al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento, ad impugnare le deliberazioni emanate dal consiglio è ammissibile solo quando esse ledano un suo interesse personale diretto, sicché il consigliere dell’Ente locale non può impugnare le deliberazioni con le quali è semplicemente in disaccordo, perché ciò significherebbe trasporre e continuare nelle sedi di giustizia la competizione che lo ha visto in minoranza, gravando le sedi medesime di decisioni che competono all’organo collegiale elettivo[1].

La questione, nella sua essenzialità, verteva sul difetto di legittimazione e difetto di interesse alla proposizione di un ricorso proposto da un consigliere comunale avverso un atto consigliare, ove si intendeva contrastare l’errato conteggio dei voti, e dunque l’esito del deliberato in relazione alle evidenti ripercussioni sull’esercizio delle funzioni e delle prerogative connesse all’incarico ricoperto (e alla stessa esistenza dell’organo).

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L’attività di difesa legale in giudizio, la quale, riconnettendosi ad interessi costituzionalmente rilevanti, elevabili a veri e propri diritti inviolabili, quale alla difesa ex art. 24 della Cost., presenta delle peculiarità, come il requisito della fiduciarietà del rapporto tra legale e parte assistita, che impongono un trattamento a livello normativo differenziato rispetto alle altre ipotesi di rapporti professionali (si pensi all’incarico professionale di progettazione o di redazione di uno strumento urbanistico ove il requisito della fiduciarietà è mancante o, comunque, non ha una valenza caratterizzata del rapporto che è, invece, imperniato soprattutto sul possesso di determinate competenze tecniche).

La qualità di professionista legale risulta il riflesso soggettivo di una disciplina a cui sottostanno interessi pubblici o collettivi ed in cui concorrono mezzi e modi di tutela, appropriati e coerenti, esprimendo – questa specialità – in una specifica attitudine del rapporto negoziale che si riflette nelle relazioni tra i clienti e i professionisti legali, potendo scegliere l’interessato il proprio difensore sulla base dell’intuitu personae, che presuppone una generica fiducia, come riflesso delle qualità da essi normalmente possedute.

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La transazione della parcella nei servizi legali devoluta al G.O.

La transazione della parcella nei servizi legali devoluta al G.O.

L’attività di difesa legale in giudizio, la quale, riconnettendosi ad interessi costituzionalmente rilevanti, elevabili a veri e propri diritti inviolabili, quale alla difesa ex art. 24 della Cost., presenta delle peculiarità, come il requisito della fiduciarietà del rapporto tra legale e parte assistita, che impongono un trattamento a livello normativo differenziato rispetto alle altre ipotesi di rapporti professionali (si pensi all’incarico professionale di progettazione o di redazione di uno strumento urbanistico ove il requisito della fiduciarietà è mancante o, comunque, non ha una valenza caratterizzata del rapporto che è, invece, imperniato soprattutto sul possesso di determinate competenze tecniche).

La qualità di professionista legale risulta il riflesso soggettivo di una disciplina a cui sottostanno interessi pubblici o collettivi ed in cui concorrono mezzi e modi di tutela, appropriati e coerenti, esprimendo – questa specialità – in una specifica attitudine del rapporto negoziale che si riflette nelle relazioni tra i clienti e i professionisti legali, potendo scegliere l’interessato il proprio difensore sulla base dell’intuitu personae, che presuppone una generica fiducia, come riflesso delle qualità da essi normalmente possedute.

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La massima

La sez. I del TAR Basilicata, con la sentenza 10 febbraio 2022, n. 95 (Est. Mastrantuono), interviene per confermare l’esclusione da una prova concorsuale al posto di dirigente di un candidato che, pur ammonito dal bando di concorso sul divieto di utilizzare il telefono cellulare, fotografava l’elaborato della prova scritta prima della sua consegna alla Commissione esaminatrice, a cui non è passato inosservato l’inusuale “selfie” documentale.

Le regole concorsuali e interpretative

In modo puntuale, il bando concorsuale prevedeva espressamente «è vietato… l’utilizzo di cellulari, computer portatili ed altre apparecchiature elettroniche… è altresì vietato introdurre nella sede d’esami telefoni cellulari ed altri strumenti di comunicazione».

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Effetti escludenti di un “selfie” della prova concorsuale

Effetti escludenti di un “selfie” della prova concorsuale

La massima

La sez. I del TAR Basilicata, con la sentenza 10 febbraio 2022, n. 95 (Est. Mastrantuono), interviene per confermare l’esclusione da una prova concorsuale al posto di dirigente di un candidato che, pur ammonito dal bando di concorso sul divieto di utilizzare il telefono cellulare, fotografava l’elaborato della prova scritta prima della sua consegna alla Commissione esaminatrice, a cui non è passato inosservato l’inusuale “selfie” documentale.

Le regole concorsuali e interpretative

In modo puntuale, il bando concorsuale prevedeva espressamente «è vietato… l’utilizzo di cellulari, computer portatili ed altre apparecchiature elettroniche… è altresì vietato introdurre nella sede d’esami telefoni cellulari ed altri strumenti di comunicazione».

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Con decreto della III sez. del Cons. St., del 19 gennaio 2022, n. 207, è stata sospesa l’esecutività della sentenza che ha annullato la circolare del Ministero della salute sulla gestione domiciliare dei malati di Covid-19 fino alla discussione collegiale (fissata il 3 febbraio 2022), con le seguenti motivazioni: «che il documento contiene, spesso con testuali affermazioni, “raccomandazioni” e non “prescrizioni”, cioè indica comportamenti che secondo la vasta letteratura scientifica ivi allegata in bibliografia, sembrano rappresentare le migliori pratiche, pur con l’ammissione della continua evoluzione in atto; che di conseguenza non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale; che, dunque, la sospensione della circolare, lungi da far “riappropriare” i MMG della loro funzione e delle loro inattaccabili e inattaccate prerogative di scelta terapeutica (che l’atto non intacca) determinerebbe semmai il venir meno di un documento riassuntivo delle “migliori pratiche” che scienza ed esperienza, in costante evoluzione, hanno sinora individuato, e che i MMG ben potranno, nello spirito costruttivo della circolazione e diffusione delle informazioni scientifico-mediche, considerare come raccomandabili, salvo scelte che motivatamente, appunto in scienza e coscienza, vogliano effettuare, sotto la propria responsabilità (come è la regola), in casi in cui la raccomandazione non sia ritenuta la via ottimale per la cura del paziente».

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Nota di aggiornamento della “vigile attesa” e il suo rimedio

Nota di aggiornamento della “vigile attesa” e il suo rimedio

Con decreto della III sez. del Cons. St., del 19 gennaio 2022, n. 207, è stata sospesa l’esecutività della sentenza che ha annullato la circolare del Ministero della salute sulla gestione domiciliare dei malati di Covid-19 fino alla discussione collegiale (fissata il 3 febbraio 2022), con le seguenti motivazioni: «che il documento contiene, spesso con testuali affermazioni, “raccomandazioni” e non “prescrizioni”, cioè indica comportamenti che secondo la vasta letteratura scientifica ivi allegata in bibliografia, sembrano rappresentare le migliori pratiche, pur con l’ammissione della continua evoluzione in atto; che di conseguenza non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale; che, dunque, la sospensione della circolare, lungi da far “riappropriare” i MMG della loro funzione e delle loro inattaccabili e inattaccate prerogative di scelta terapeutica (che l’atto non intacca) determinerebbe semmai il venir meno di un documento riassuntivo delle “migliori pratiche” che scienza ed esperienza, in costante evoluzione, hanno sinora individuato, e che i MMG ben potranno, nello spirito costruttivo della circolazione e diffusione delle informazioni scientifico-mediche, considerare come raccomandabili, salvo scelte che motivatamente, appunto in scienza e coscienza, vogliano effettuare, sotto la propria responsabilità (come è la regola), in casi in cui la raccomandazione non sia ritenuta la via ottimale per la cura del paziente».

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Due recenti pronunciamenti del Consiglio di Stato hanno annullato la nomina del Presidente della Corte di cassazione (Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2022, n. 268) e del Presidente aggiunto della stessa (Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2022, n. 267) operate dal Csm per carenza di motivazione nell’apprezzamento comparativo (in prospettiva funzionale) dei curricula.

L’argomento presenta un certo interesse sotto il profilo procedimentale ed istruttorio, oltre a segnare un acceso dibattito pubblico (e non solo)[1], essendo riferito ad organi di vertice della magistratura (si tratta di incarichi rientranti fra le funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità, ai sensi dell’art. 10, comma 16, d.lgs. n. 160 del 2006).

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Le nomine difficili (annullate e riconfermate): serve una motivazione rafforzata

Le nomine difficili (annullate e riconfermate): serve una motivazione rafforzata

Due recenti pronunciamenti del Consiglio di Stato hanno annullato la nomina del Presidente della Corte di cassazione (Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2022, n. 268) e del Presidente aggiunto della stessa (Cons. St., sez. V, 14 gennaio 2022, n. 267) operate dal Csm per carenza di motivazione nell’apprezzamento comparativo (in prospettiva funzionale) dei curricula.

L’argomento presenta un certo interesse sotto il profilo procedimentale ed istruttorio, oltre a segnare un acceso dibattito pubblico (e non solo)[1], essendo riferito ad organi di vertice della magistratura (si tratta di incarichi rientranti fra le funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità, ai sensi dell’art. 10, comma 16, d.lgs. n. 160 del 2006).

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